Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32238 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32238 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32071/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 6191/6/2018 depositata il 25/06/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR) con la sentenza n. 6191/2018 ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 2635/2017, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso proposto dal sig. NOME COGNOME quale responsabile della liquidazione e della cancellazione di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, contro l’avviso di accertamento, notificato in data 23/09/2014, con il quale era stata recuperata a tassazione l’indebita detrazione a titolo di IVA (pari a Euro 24.469) per l’anno d’imposta 2008, sulla base di un pvc redatto a carico di RAGIONE_SOCIALE. La CTR ha premesso che l’IVA esposta in fatture per operazioni soggettivamente inesistenti -come chiarito nella relazione illustrativa al d.l. 02/03/2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2012, n. 44 -rimaneva sottoposta alle regole generali in materia di detrazione d’imposta stabilite nel d.P.R. 26/10/1972, n. 633. Di conseguenza, era indetraibile, a meno che il contribuente non dimostrasse la sua buona fede e quindi l’estraneità alla frode, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e della Corte di cassazione.
2.1. La CTR ha, tuttavia, condiviso la decisione del giudice di primo grado, secondo il quale era stata raggiunta la prova della buona fede del contribuente, non essendovi indizi convincenti della consapevolezza di quest’ultimo del carattere fraudolento delle operazioni. La CTP aveva affermato, in particolare, che: « la
ricorrente ha dedotto e dimostrato con riscontri documentali di avere acquistato a prezzi di mercato; laddove l’Ufficio si è limitato ad asserire che essa non aveva dimostrato di avere adottato l’ordinaria diligenza, né era stata in grado di smentire quanto dedotto dai verbalizzanti in relazione alla società cartiera.»
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
Il contribuente ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 111 Cost., 1, 2, 36 d.lgs. n. 546 del 1992, 132 e 274 cod. proc. civ. e 118 d.att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4. cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente ha rilevato che nel caso di specie la CTR si era appiattita sul provvedimento del giudice di primo grado, con la conseguenza che la sentenza impugnata era nulla sotto un duplice profilo. In primo luogo, per motivazione apparente, poiché non aveva esaminato l’appello dell’Amministrazione finanziaria, che aveva censurato la decisione del giudice di primo grado per carenza argomentativa e per malintesa applicazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697 cod. civ., con riferimento al prezzo d’acquisto dei prodotti praticato dalla cedente. In secondo luogo, la ricorrente ha ritenuto illegittima la motivazione per relationem del primo giudice, considerato che non vi era traccia alcuna di autonoma valutazione da parte della CTR che si era limitata a una generica e approssimata adesione senza nemmeno dichiarare da quali documenti sarebbe stato desunto che la contribuente/cessionaria aveva acquistato i beni a prezzi correnti.
Con il secondo motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione degli att. 17, 19, 21 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, 39, primo comma, lett. d) e 41 bi s d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. La ricorrente ha rilevato che dalle indagini della Guardia di Finanza era emerso un articolato meccanismo fraudolento finalizzato all’evasione mediante meccanismi che avevano seguito due schemi, funzionali alla creazione di crediti fittizi, che avevano permesso non solo di neutralizzare il debito IVA, ma anche di determinare il sorgere di ingenti crediti. Con il primo schema le società veicolo si precostituivano crediti (cartolari) a titolo di IVA attraverso acquisti fittizi di beni e/o servizi, a fronte di quali provvedevano a contabilizzare cessioni fittizie che non dovevano avere la caratteristica di essere gravate da imposta, simulando, ad es. finte cessioni intracomunitarie. Con il secondo schema venivano create società che dovevano fungere da mera cartiera e che dovevano apparire fiscalmente irreprensibili. Elemento comune ai due schemi era che le frodi venivano attuate con la partecipazione di società veicolo di nuova costituzione o l’acquisizione di società esistenti in stato prefallimentare o inattive, con sedi occulte o fatiscenti e un arco di vita brevissimo e il ricorso a legali rappresentanti che erano dei prestanome. Riteneva, quindi, che: « ricostruita la vicenda per cui è causa negli esatti termini fattuali, in punto di diritto, in tema di detrazione occorre evidenziare che qualora il Fisco in base a risultanze istruttorie anche di natura indiziaria contesti il carattere fittizio di determinate operazioni, la prova della legittimità e correttezza delle detrazioni e della contabilizzazione di costi deve essere fornita dal contribuente. »
Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo motivo.
Nella sentenza impugnata, evocati alcuni precedenti di questa Corte, si legge infatti che: «Nel caso di specie, come si è già rilevato, il giudice di merito, con congrua motivazione, ha accertato che nel giudizio è stata conseguita la prova della ‘buona fede’ della società contribuente, che non vi sono convincenti indizi della consapevolezza del carattere delle operazioni da parte di detta società. Afferma la CTP che ‘la ricorrente ha dedotto e dimostrato con riscontri documentali di avere acquistato a prez zi di mercato; laddove l’Ufficio si è limitato ad asserire che essa non aveva dimostrato di avere adottato l’ordinaria diligenza, né era stata in grado di smentire quanto dedotto dai verbalizzanti in relazione alla società cartiera.’» Un simile incedere argomentativo evidenzia, in primo luogo, un acritico recepimento delle conclusioni del giudice di primo grado, senza vagliarne la consistenza e solidità argomentativa in esito allo scrutinio delle censure della parte appellante.
In secondo luogo, non consente di comprendere quali sia l’iter logico seguito dal giudice di secondo grado per giungere alla decisione della sentenza impugnata.
Deve essere, quindi, data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale: « In tema di processo tributario è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum”
e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva confermato la decisione di primo grado attraverso il mero rimando al contenuto di tale pronuncia ed a quello agli scritti difensivi di una delle parti, in modo del tutto generico e senza esplicitare il percorso logico giuridico seguito per pervenire alle proprie conclusioni).» (Cass., 05/10/2018, n. 24452). 5. Per quanto esposto, va accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/10/2024.