Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10039 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10039 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 18296/2024 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL .
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in atti (PECEMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 1386/5/2023, depositata in data 24 febbraio 2023, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall ‘Agenzia delle Entrate nei confronti della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE ente ad oggetto l’avviso di accertamento, con il quale era stato recuperato a tassazione, per l’anno d’imposta 2015, l’ammontare di euro 398.980,00, in relazione all’utilizzo di fatture afferenti a operazioni «soggettivamente ed oggettivamente inesistenti» nei rapporti con la ditta individuale COGNOME NOME e con la RAGIONE_SOCIALE ( indicata in atti anche come «RAGIONE_SOCIALE ).
2. I giudici di secondo grado, condividendo la motivazione dei giudici di primo grado, hanno ritenuto fondata l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per carenza e contraddittorietà della motivazione in quanto nello stesso l’Ufficio aveva qualificato le operazioni intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2015 come «soggettivamente ed oggettivamente inesistenti»; la motivazione dell’atto di accertamento in questione era nulla, in quanto alla base della pretesa azionata erano state contestate operazioni qualificate cumulativamente come «operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti», per cui non era dato ricostruire l’i ter seguito dall’Amministrazione, ossia le ragioni dell’imposizione del tributo, in quanto le operazioni soggettivamente inesistenti erano del tutto inconciliabile con le operazioni oggettivamente inesistenti; non aveva alcun pregio l’argomentazione addotta dall’appellante a sostegno della
correttezza della motivazione dell’atto di accertamento, ossia che la circostanza della duplice locuzione oggettivamente e soggettivamente fosse irrilevante ai fini di causa, dal momento che tutto l’atto impositivo e la documentazione afferente rilevavano che si trattava di operazioni inesistenti mai poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE, rilevatasi una società cartiera.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, (già RAGIONE_SOCIALE) resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1 . In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività perché proposto oltre il termine di sei mesi consentito dall’art. 327 c.p.c.
1.1 L’eccezione è infondata.
1.2 Va precisato, al riguardo, che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art 327 cod. proc. civ., si osserva, a norma degli artt. 155, secondo comma, cod. proc. civ. e 2963, quarto comma, cod. civ., il sistema della computazione civile, non ex numero bensì ex nominatione dierum , nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale ( ex multis , Cass. 4 ottobre 2013, n. 22699; Cass. 9 luglio 2012, n. 11491; Cass. 31 agosto 2018, n. 17313); il termine scade, pertanto, nell’ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza; pertanto, nel caso in cui la notificazione avvenga, come nella specie, a mezzo di posta elettronica
certificata (P.E.C.), la notificazione è tempestiva quando la generazione della ricevuta di accettazione è avvenuta entro la ventiquattresima ora dell’ultimo giorno utile per la proposizione dell’impugnazione e, cioè, entro le ore 23:59:59 (secondo l’UTC, «Coordinated Universal Time»), poiché, una volta sopraggiunto il secondo immediatamente successivo (alle ore 00:00:00 UTC), si deve ritenere già iniziato un nuovo giorno (Cass., 18 gennaio 2023, n. 1519; Cass., 26 luglio 2023, n. 22518).
1.3 Nel caso in esame, trattandosi di giudizio introdotto in primo grado successivamente al 4 luglio 2009 ( l’avviso di accertamento impugnato era stato notificato in data 28 luglio 2020 e il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato notificato in data 21 gennaio 2021), è applicabile il termine lungo semestrale di impugnazione, come modificato dall ‘art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2009 per i giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore.
1.4 Ed invero nel caso di specie, la sentenza impugnata, n. 1386/2023, non notificata, risulta depositata in data 24 febbraio 2023, mentre il ricorso per cassazione è stato notificato in data 27 agosto 2024 (martedì) giusta ricevuta di avvenuta consegna, in atti.
1.5 Va osservato, al riguardo, che il termine semestrale ordinario di sei mesi previsto dall’art. 327, primo comma, c.p.c., scadeva in data 24 agosto 2023 (giovedì), a detto termine deve essere sommato il periodo feriale 1 agosto -31 agosto 2023 (art. 1, comma primo, della legge n. 742 del 1969, nel testo novellato, da ultimo, dall’art. 16, comma 1, del decreto legge n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014), così scadendo il termine il 24 settembre 2023 che, ricadendo nella giornata di domenica, deve essere considerato prorogato, ex art. 155, comma quarto, c.p.c., al primo giorno successivo non festivo, ovvero alla data del 25 settembre 2023. A tale termine, nella sussistenza dei presupposti di cui al l’art. 1, comma 199, della legge n. 197 del 2022, atteso che la scadenza del termine di sei mesi di cui all’art. 327, comma primo, c.p.c., aumentato
del termine di 31 giorni della sospensione feriale, ricadeva nel periodo 1 gennaio 2023 – 31 ottobre 2023 (« 199. Per le controversie definibili sono sospesi per undici mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 ottobre 2023» ), va aggiunta la sospensione dei termini di impugnazione di 11 mesi, che deve essere calcolata a partire dalla data del 25 settembre 2023, con scadenza alla data del 25 agosto 2024 che, coincidendo con la giornata di domenica, deve essere prorogata, anche in questo caso, al primo giorno successivo non festivo, ovvero lunedì 26 agosto 2024; per il periodo 26 agosto 2024 – 31 agosto 2024 opera la sospensione feriale, perché periodo non sovrapposto al periodo di sospensione previsto dall’art. 1, comma 199, della legge n. 197 del 2022.
1.6 Ed infatti l’insegnamento di questa Corte è nel senso della incumulabilità delle cause di sospensione dei termini processuali soltanto nei casi di coincidenza o sovrapposizione dei periodi (da ultime: Cass., 29 maggio 2020, n. 10252; Cass., 26 marzo 2021, n. 8581; Cass., 12 maggio 2021, n. 12488; Cass., 15 ottobre 2021, n. 28398; Cass., 24 novembre 2022, n. 34637).
1.7 Dunque, il ricorso per cassazione essendo stato notificato in data 27 agosto 2024 è tempestivo rispetto alla scadenza del termine lungo di impugnazione (per effetto del prolungamento derivante dalla sospensione straordinaria ex art. 1, comma 199, della legge n. 197 del 2022 e della sospensione dei termini per il periodo feriale anno 2024 per i giorni dal 26 agosto 2024 al 31 agosto 2024), per cui se ne deve dichiarare l’ammissibilità.
Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., dell’art. 116 c.p.c. nonché dell’art. 42 del d.P.R. 600/73, degli artt. 19, 21 e 56 del d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. I g iudici del gravame
avrebbero dovuto dare conto , in sede di ricostruzione dell’ iter logicogiuridico seguito, proprio degli aspetti essenziali e irrinunciabili dell’atto e della prodromica attività procedimentale e pre-provvedimentale posta in essere che non poteva non considerarsi parte integrante dello stesso , così superando l’ eccezione, di natura meramente formale, relativa alla locuzione normativa utilizzata nella sua interezza con riferimento alle operazioni inesistenti, oggettivamente e soggettivamente, emergendo chiaramente che le contestazioni accertative avevano riguardato operazioni oggettivamente inesistenti e che con riferimento alle stesse era stata posta in essere l’interlocutoria deducente e controdeducente tra Amministrazione e parte avversa contribuente. L’utilizzo pur se improprio , della espressione operazioni inesistenti non impediva all’interprete di cogliere il substrato sostanziale dell’atto , per di più munito di prospetti riepilogativi dei costi e dell’IVA in contestazione, da cui ben poteva evincersi l’oggettività dell’inesistenza in contestazione, con riguardo a ben precise fatturazioni, a dati contabili, ad indizi probanti desunti, tra l’altro, da tutta una serie elencata di circostanze in uno alla lettura combinata di dati emersi dagli applicativi in uso e, non da ultimo, delle dichiarazioni contabili di parte incisa; anche se le fatture fossero state solo soggettivamente inesistenti, le stesse avrebbero potuto, in ogni caso, configurare il fumus del delitto in accertamento, a mente del principio di diritto secondo cui l’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, anziché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, non incideva sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingueva tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo. In conclusione, era insostenibile in diritto la conclusione dei giudici del merito di un difetto
motivazionale dell’atto impositivo, difetto tratto unicamente da una frase della lunga motivazione, ampiamente bilanciata da ben altri elementi e indici, con cui la Corte di secondo grado non si era neppure minimamente confrontata.
Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 cod. proc. trib. e con l’art. 111 Cost., per avere il Giudice di secondo grado pronunciato una sentenza priva di motivazione o, a tutto concedere, assistita da motivazione meramente contraddittoria e obiettivamente perplessa. In nessun modo la Corte territoriale aveva spiegato, neppure nel più sintetico dei modi immaginabili, le ragioni per le quali aveva ritenuto di ignorare tutte le deduzioni e gli elem enti della motivazione dell’atto impugnato, al di fuori della singola frase (in cui si richiamavano cumulativamente le due ipotesi di operazioni inesistenti, in senso oggettivo e in senso soggettivo) da cui aveva tratto la sussistenza del vizio motivazionale, sebbene l’appello del Fisco portava in modo chiaro l’attenzione su tale profilo alle pagine 9 e ss. dell’atto di gravame (trascritto alle pagine 23-36 del ricorso per cassazione).
L’esame delle esposte censure porta all’accoglimento del secondo motivo di ricorso, la cui trattazione è prioritaria, con conseguente assorbimento del primo motivo di ricorso.
4.1 E’ orientamento consolidato di questa Corte ritenere che gli estremi della dedotta doglianza di nullità processuale della sentenza, per motivazione totalmente mancante o motivazione apparente, siano integrati nell’ipotesi di «assenza» della motivazione, quando cioè «non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione», non configurabile nel caso di «una pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata» (cfr. Cass., 15 novembre 2019, n. 29721) ovvero nel caso di «motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un
autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado» (cfr. Cass., 25 ottobre 2018, n. 27112) ovvero (è quello che rileva in questa sede) qualora la motivazione «risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione» (Cass., 25 settembre 2018, n. 22598; ipotesi ravvisata anche in caso di «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che rendono incomprensibili le ragioni poste a base della decisione», Cass., 25 giugno 2018, n. 16611).
4.2 Questa Corte ha, inoltre, affermato che « Costituisce ius receptum il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata » (Cass., 8 settembre 2022, n. 26477, in motivazione).
4.3 In particolare, soccorre il vizio di apparente motivazione se il giudice di appello ha sostanzialmente riprodotto la decisione di primo grado, senza illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere tutti i motivi di gravame, limitandosi a manifestare la sua condivisione alla decisione di primo grado (Cass., 18 giugno 2018, n. 16057) oppure se ha omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento oppure li ha indicati senza una
approfondita loro disamina logica e giuridica (Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
4.4 Nel caso in esame, è sufficiente esaminare i passi della motivazione sopra riportati ed oggetto della censura in esame, perché sia palese che essa è fondata, atteso che la motivazione, sia pure esistente, non è articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne il percorso logico, tenuto soprattutto conto dei motivi di appello formulati dall’Ente impositore alle pagine 9 e ss. dell’atto di gravame del tutto obliterati dai giudici di merito e trascritti, nel rispetto del principio di autosufficienza, alle pagine 23-36 del ricorso per cassazione.
4.4.1 E difatti, i giudici di merito da un lato, condividendo la motivazione dei giudici di primo grado, hanno ritenuto fondata l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per carenza e contraddittorietà della motivazione sul dato «formale» che nell’avviso di accertamento l’Ufficio aveva qualificato le operazioni intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2015 come «soggettivamente ed oggettivamente inesistenti», prescindendo totalmente dal contenuto dell’avviso di accertamento (trascritto dall’Agenzia delle Entrate, nel rispetto del principio di autosufficienza, alle pagine 15 -21 del ricorso per cassazione), dal quale emergeva che le contestazioni avevano riguardato operazioni oggettivamente inesistenti, oltre che il riferimento a specifiche fatturazioni e a individuati dati contabili, e che con riferimento a ll’atto impositivo era stato posto in essere il contraddittorio con la società contribuente, la quale aveva espressamente interloquito con l’Ente impositore (cfr. pag. 26 del ricorso per cassazione dove si legge « In particolare, nel corso del contraddittorio a seguito di istanza di accertamento con adesione (verbale del 5/11/2020 prot. 55539) è emerso che la società RAGIONE_SOCIALE già era stata invitata dalla Guardia di Finanza di Avellino a fornire chiarimenti in ordine ai rapporti commerciali intercorsi con la società RAGIONE_SOCIALE Sia a seguito di invito rivolto dai
militari della G.D.F. che in sede di verbale di contraddittorio con l’Ufficio, la Parte esplicita che tra la società RAGIONE_SOCIALE ed il fornitore RAGIONE_SOCIALE è intercorso un rapporto commerciale in dipendenza di un ‘contratto di noleggio a freddo di mezzi complessi per l’edilizia’ per cui la RAGIONE_SOCIALE ha noleggiato ‘a freddo’ (senza conducente) i mezzi per l’edilizia dettagliati nel contratto pagando il corrispettivo contrattualmente previsto sempre e solo a mezzo bonifico bancario, allegando contratto di noleggio a freddo di mezzi complessi per l’edilizia e rapportini mensili del noleggio, fatture RAGIONE_SOCIALE, partitari e bonifici effettuati. Per quanto riguarda le contestazioni riferite al fornitore RAGIONE_SOCIALE, l’Ufficio in sed e di contraddittorio aveva evidenziato che le motivazioni addotte dalla Parte non risultano idonee né ad inficiare né a rimodulare la pretesa tributaria in quanto non sono stati prodotti elementi innovativi e dirimenti rispetto diversamente da quanto accaduto per il fornitore COGNOME, laddove, in sede amministrativa è stato verificato che la disamina dei registri IVA acquisti confrontata con il quadro VF della dichiarazione IVA presentata ha dimostrato che effettivamente i valori di costo attribuiti in relazione alle presunte operazioni svolte con il fornitore COGNOME, pone in evidenza che la Società non ha contabilizzato alcuna fattura di costo relativa a tale soggetto » ); dall’altro avevano ritenuto priva di pregio l’argomentazione addotta dall’Ufficio appellante a sostegno della correttezza della motivazione dell’atto di accertamento, ossia che la circostanza della duplice locuzione oggettivamente e soggettivamente fosse irrilevante ai fini di causa, dal momento che tutto l’atto impositivo e la document azione afferente rilevavano che si trattava di operazioni inesistenti mai poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE, rilevatasi una società cartiera, ancora una volta prescindendo dal contenuto dell’avviso di accertamento e dal contenuto dei motivi di impug nazione, con i quali, per l’appunto, era stata censurata la sentenza di primo grado che aveva parimenti ritenuto sussistente il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato nella parte in cui conteneva una duplice contestazione di operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti, specificando che « Nell’avviso di accertamento sono stati illustrati tutti gli elementi emersi dall’attività istruttoria svolta dall’Ufficio. In particolare è stato accertato che la ricorrente ha intrattenuto rapporti commerciali, con la società RAGIONE_SOCIALE, che è risultata essere
una cartiera sulla base di una pluralità di elementi, tutti resi noti al contribuente nell’atto impositivo. In particolare ‘…Da interrogazioni effettuate in Anagrafe Tributaria a carico della Società RAGIONE_SOCIALE è risultato che: – è destinataria di attività di verifica generale da parte della GdF per gli anni d’imposta dal 2013 al 2018 e nell’anno d’imposta in questione (2015) è destinataria di avviso di accertamento da parte dell’Ufficio Controlli d ella DP di Frosinone (che si allega agli atti di causa) ; -gli esiti contabili delle dichiarazioni presentate per gli anni 2014 e 2015 hanno prodotto comunicazioni di irregolarità per mancato versamento delle imposte a cui non è stato dato alcun esito; – non è mai stato effettuato dalla data di costituzione (15/10/2013) alcun versamento di acconti, imposte e contributi; – è intestataria nel 2015 di n.27 veicoli per la gran parte dei quali non risulta versato alcun premio di assicurazione RCA; – non è intestataria nel 2015 di alcuna utenza per erogazione di servizi (acqua, corrente elettrica o telefonia) associabili ad una sede di Ufficio o Centro di Interesse . L’Ufficio, al fine di rendere completa la fase istruttoria, con questionario/richiesta documenti n. Q00088/2019, notificato via PEC in data 01/07/2019, ha invitato la RAGIONE_SOCIALE a produrre la documentazione contabile/fiscale dei rappor ti commerciali intrattenuti con la ‘DITTA INDIVIDUALE COGNOME NOMECOGNOME. Successivamente in data 04/11/2019 con prot. 70769 ha richiesto alla RAGIONE_SOCIALE‘ invece chiarimenti in merito ai rapporti commerciali intrattenuti con la RAGIONE_SOCIALE. La Parte non ha dato alcun esito ad entrambe le richieste dell’Ufficio non consentendo all’Ufficio di verificare i presupposti di deducibilità dei costi afferenti le transazioni con i fornitori COGNOME NOME e società RAGIONE_SOCIALE. Per contro, gli elementi di pericolosità fiscale riscontrati in capo ai predetti fornitori, tra loro collegati, per quanto innanzi riportato, rendono verosimile che entrambi i suddetti fornitori (COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE) siano soggetti economicamente inesistenti in quanto privi di struttura operativa ‘ Insomma, la società RAGIONE_SOCIALE ha utilizzato fatture emesse da un soggetto privo della struttura organizzativa e operativa per realizzare le operazioni, per cui non avendo (la) controparte dato alcuna prova documentale in ordine all’effettuazione delle operazioni, l’Ufficio ha legittimamente dedotto l’inesistenza delle operazioni. Successivamente, in sede di istanza di accertamento con adesione, a seguito dei chiarimenti e della documentazione fornita dal contribuente l’Ufficio annullava il rilievo afferente la ditta RAGIONE_SOCIALE, in quanto le fatture per operazioni inesistenti contestate non erano state contabilizzate, mentre quanto alla RAGIONE_SOCIALE, la documentazione probatoria non era stata ritenuta idonea a scalfire la ripresa a tassazione, onde restava fermo il recupero
di euro 249.180,00, oltre iva di euro 54.819,60, atteso che gli importi di cui alle fatture contestate erano stati contabilizzati ed erano stati illegittimamente dedotti i costi, nonché detratta l’Iva afferente operazioni inesistenti » (cfr. pag. 23- 25 del ricorso per cassazione).
4.4.2 Tanto premesso, nel caso in esame, l’impugnata decisione si mostra palesamente afflitta dal vizio qui lamentato, poiché essa ha inteso «respingere» le specifiche doglianze formulate dall’Ente impositore, senza illustrare il percorso logico – argomentativo che ha portato a rigettare l ‘appello proposto dal l’Agenzia delle Entrate; la motivazione, dunque, risulta fondata su una mera formula di stile, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici ai motivi di gravame, del tutto inidonea dunque a rivelare la « ratio decidendi» e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità; più specificamente, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado si è limitata ad esprimere un giudizio, meramente apodittico in ordine a i motivi di gravame formulati dall’Agenzia della società contribuente e ha fornito una motivazione del tutto apparente, limitandosi a negare efficacia probatoria a tutti gli elementi indicati nell’avviso di accertamento e nell’atto di appello n on attribuendo alcuna rilevanza agli elementi documentali sopra richiamati, senza svolgere alcuna considerazione intesa ad evidenziare le ragioni per cui detti elementi non avevano una valenza probatoria certa e non erano idonei a contestare fondatamente i dati e gli elementi dell’Ufficio, così omettendo di spiegare il percorso logico giuridico posto a fondamento del proprio convincimento ed evidenziando una totale obliterazione delle stesse che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione. Appare, perciò, evidente come i giudici di secondo grado, che si sono limitati ad affermare che l’avviso di accertamento parlava di operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti, senza alcun riferimento agli elementi della fattispecie concreta, abbiano
sostanzialmente omesso di argomentare sui rilievi che pure erano stati devoluti con l’att o di appello, benché la loro valutazione fosse un preciso obbligo del giudice (in tal senso, Cass., 15 giugno 2021, n. 16797; Cass., 22 febbraio 2019, n. 5327; Cass., Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26635). Per questi motivi, la censura deve trovare accoglimento.
Per quanto esposto va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2025.