Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9568 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9568 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 9520-2024, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui indirizzo pec EMAIL elettivamente domicilia –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 2975/05/2023, della Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia, depositata in data 25.10.2023;
udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 15 gennaio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza e dagli atti difensivi delle parti emerge che l’Agenzia delle entrate notificò alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso d’accertamento , relativo a ll’anno d’imposta 20 08, per il recupero di imponibile, a fini Ires, Irap e Iva.
Accertamento -Costi di sponsorizzazione ASD -Inerenza ed esistenza Configurabilità
Nello specifico il maggior imponibile derivava dalla contabilizzazione di costi, pari ad € 480.000,00 ritenuti dall’ufficio indeducibili, poiché relativi a fatture per operazioni in parte inesistenti, afferenti a sponsorizzazioni ricevute da associazioni sportive dilettantistiche, quali la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE. L ‘amministrazione finanziaria aveva verificato che solo in parte le ASD riscuotevano gli importi fatturati, ciò che faceva dedurre non solo la sovrafatturazione ma anche il difetto di inerenza dei costi pubblicitari sostenuti in modo così ingente dalla RAGIONE_SOCIALE.
Avverso l’avvi so d’accertamento la società propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari, che con sentenza n. 49/06/2017, lo accolse . L’appello dell’Amministrazione finanziaria fu respinto dalla Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia con sentenza n. 2975/05/2023. Il giudice d’appello ha ritenuto che avrebbe dovuto essere onere dell’ufficio dare prova delle pretese fiscali, laddove « nella vicenda che ci occupa, non solo l’Ufficio è stato latitante nell’apportare solidi elementi probatori a fondamento della propria pretesa tributaria, ma si è rifugiato nell’uso strumentale di mere ed apodittiche illazioni non potendosi parlare neppure di presunzioni». E, ancora, che «trattandosi di spese pubblicitarie, avrebbe dovuto dimostrarne la non inerenza, cosa che non ha fatto, con apporti probatori in equivoci non potendo esso sindacare o intromettersi nell’esercizio dell’attività di impresa della contribuente. A ciò aggiungasi che la società appellata, pur non essendo a tanto tenuta, atteso che la legge, in tema di spese pubblicitarie, parla di aspettativa e non di reale ritorno economico, ha anche dimostrato, con il conseguito aumento dei ricavi e della clientela, l’efficacia sul piano economico di un tale investimento. ».
L’Agenzia delle entrate ha censurato la decisione con tre motivi, chiedendone la cassazione, cui ha resistito la società con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
N ell’adunanza camerale del 15 gennaio 2025 la causa è stata discussa e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate ha denunciato la «Violazione falsa applicazione dell’articolo 109, comma 1 e comma 5, TUIR, in una con l’art. 2697 c.c.», in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), c.p.c.;
RGN 9520/2024
con il secondo motivo ha lamentato la «Violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c. -Nullità della sentenza per omessa pronuncia su specifica censura formulata dalla p.a., oggi ricorrente per cassazione» in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.;
con il terzo motivo si è doluta della «Violazione e falsa applicazione art. 132 c.p.c. in una con l’art. 36 cod. proc. trib. E con l’art. 111 Cost., viste le Sezioni Unite n. 8053 del 2014 (mezzo cassatorio articolato ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.), per avere il Giudice di secondo grado pronunciato una sentenza priva di motivazione o, a tutto concedere, assistita da motivazione meramente apparente e oracolare».
Per la ragione più liquida questa Corte ritiene utile esaminare per primo il terzo motivo, con il quale si denuncia la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). In sede di gravame, si è affermato che non è viziata la decisione quando motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato così da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata. Essa va invece cassata quando il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786; 7 aprile 2017, n. 9105).
La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione ed
RGN 9520/2024 Consigliere rel. COGNOME è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente
eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 1 marzo 2022, n. 6758; 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819), oppure quando carente nel giudizio di fatto, così che la motivazione sia basata su un giudizio generale e astratto (Cass., 15 febbraio 2024, n. 4166).
Nel caso di specie la motivazione con cui il giudice regionale ha respinto l’appello erariale è priva di contenuto, essendosi limitata alla formulazione di astratte considerazioni, del tutto avulse dalle ragioni e dalla ricostruzione dei fatti e dei collegamenti tra il quadro formale-contabile emergente dalla documentazione della società ora ricorrente e dalle associazioni sportive coinvolte nella vicenda, e gli aspetti sostanziali evidenziati dall’Agenzia delle entrate nel proprio atto impositivo.
Né, ai fini del superamento della critica alla apparenza della motivazione, può essere utile che nella sezione della sentenza impugnata, dedicata allo ‘ svolgimento del processo ‘, il giudice d’appello a bbia fatto richiamo alla sentenza di primo grado, pure favorevole alla contribuente. Ciò, in primo luogo, perché i contenuti che di quella sentenza di primo grado sono stati richiamati appaiono manifestamente privi di un contenuto oggettivo e significativo rispetto al quadro ricostruttivo offerto dalla difesa erariale. Inoltre, il richiamo alla sentenza di primo grado può assumere rilevanza in sede d’appello a condizione che, come già sottolineato, l’adesione alle sue statuizioni sia supportata dal confronto con i motivi di gravame, che devono quanto meno essere oggetto di un esame che ne evidenzi a loro volta l’infondatezza o l’ininfluenza rispetto alle ragioni già sviluppate in primo grado, esame che nel caso di specie manca.
Il motivo va pertanto accolto perché la sentenza è affetta da un radicale vizio, qual’è l’omessa o apparente motivazione.
L’accoglimento del terzo motivo rende inutile l’esame del primo e del secondo.
La sentenza va dunque cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rimessa alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia, perché in diversa composizione, oltre che liquidare le spese del giudizio di legittimità, proceda al riesame del ricorso d’appello dell’ufficio .
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia, cui, in diversa composizione, demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito della camera di consiglio del 15 gennaio 2025