Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9034 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9034 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4836/2018 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA SEZ.DIST. BRESCIA n. 2836/2017 depositata il 26/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE era attinta da diversi avvisi di accertamento ai fini Irpef ed Irap per gli anni dal 2005 al 2010. La ripresa a tassazione era conseguente ad indagini di polizia finanziaria nei confronti di diverse società che risultavano avere emesso fatture risultate oggettivamente inesistenti anche nei confronti della ditta COGNOME RAGIONE_SOCIALE.
Reagiva la parte contribuente, eccependo l’esistenza e la legittimità delle operazioni portate in deduzione. I gradi di merito non apprezzavano le ragioni della parte contribuente con conferma dell’impianto impositivo. Più in particolare, la CTR della Lombardia, sez. Staccata di Brescia, con sentenza numero 2836 del 2017 confermava la ripresa a tassazione per Irpef ed altro sull’anno di imposta 2010.
Contro questa sentenza propone ricorso la parte contribuente affidandosi a sei mezzi di impugnazione, mentre spiega difese con tempestivo controricorso l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO
Vengono proposti sei motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura per nullità della sentenza in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile in relazione all’articolo 132 del medesimo codice di rito e dell’articolo 118 delle relative disposizioni di attuazione.
Nella sostanza si lamenta motivazione assente o solo apparente.
1.2. Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del codice di procedura
civile per violazione dell’articolo 111 della Costituzione dell’articolo 132 del codice di procedura civile.
Nella sostanza si lamenta una disparità di trattamento laddove in caso analogo, scaturente dalla medesima indagine di polizia finanziaria, le fatture sono state dichiarate non oggettivamente, ma solo soggettivamente inesistenti.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d) del DPR numero 600 del 1973, nonché dell’articolo 54 del DPR numero 633 del 1972, nonché dell’articolo 2697 del codice di procedura civile.
Lamenta la parte contribuente che le indagini finanziarie abbiano coinvolto solo le ditte emittenti le fatture e mai si siano svolte nei confronti della ditta contribuente, qui ricorrente.
1.4. Con il quarto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 2727 e 2729 del codice civile. Nello specifico si contesta la prova presuntiva offerta dall’Ufficio, l’una
costituita da una concatenazione di presunzioni legate all’altra.
1.5. Con il quinto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del codice di procedura civile per omessa insufficiente contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia.
Nella sostanza si lamenta che il collegio di secondo grado abbia omesso di valutare gli elementi di prova offerti dal contribuente a proprio favore e in particolare le dichiarazioni di quattro soggetti, raccolte dalla Guardia di finanza quali sommari informatori.
1.6. Con il sesto e ultimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura
civile per violazione falsa applicazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione della Repubblica italiana.
Nello specifico, si lamenta che sia stata data disparità di trattamento rispetto ad altre ditte coinvolte nella medesima indagine, per le quali le fatture sono state ritenute non oggettivamente, ma solo soggettivamente inesistenti.
I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente, vertendo in materia di esistenza, congruità e coerenza della motivazione della sentenza in scrutinio, anche in rapporto con altre fattispecie consimili.
2.1. Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
Tale è il caso in esame, laddove la motivazione è solo allusiva ed apparente, non per come tratta la questione della differenza di trattamento, ma perché non si confronta con le censure (che dagli
atti emergono proposte sin dal ricorso introduttivo e riproposte) su inidoneità degli elementi istruttori a dimostrare l’inesistenza delle operazioni in questione.
In particolare, il riferimento a precedenti decisioni contro lo stesso contribuente, richiamate per relationem senza alcuna valutazione critica e sulla base di un ‘medesimo contesto’ (senza lasciar intendere se siano o meno le stesse operazioni), così come il generico riferimento allo ‘sfioramento del giudicato interno’ sono affermazioni che si collocano al di sotto di una ratio decidendi univoca e giuridicamente plausibile. Le ulteriori allusioni della CTR sull’inammissibilità dell’appello, di per sé ambigue, non sono più che meri obiter , non si sono tradotte in una univoca declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione che il contribuente avrebbe dovuto impugnare, ma sono solo spie ulteriori dell’assenza di una motivazione intelligibile.
In definitiva i primi due motivi sono fondati, con assorbimento dei rimanenti, la sentenza dev’essere cassata, con rinvio al giudice di merito perché si uniformi ai sopra indicati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20/03/2025.