Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24742 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24742 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
Oggetto: II.DD. – IVA – re- cupero costi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1146/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME, tutti rappresentati e difesi dall’Avv . NOME COGNOME (PEC: EMAIL, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5393/1/2016 depositata il 19/10/2016 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5393/1/2016 veniva accolto l’appello principale proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e dai soci NOME e NOME COGNOME e rigettato l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 6700/12/2015 con la quale erano stati riuniti e parzialmente accolti i ricorsi proposti dai contribuenti contro tre avvisi di accertamento, il primo, basato su p.v.c., notificato alla società per II.DD., IVA, sanzioni per l’ anno di imposta 2009 e i restanti due alle persone fisiche per IRPEF in corrispondenza delle rispettive quote sociali.
Si legge in sentenza che con il primo atto impositivo venivano contestate in capo alla società sopravvenienze attive ex art.88 d.P.R. n.917/1986, nonché costi indeducibili ex art.102, comma 5, e 109, comma 5 del decreto. Il giudice di prime cure annullava parte dei rilievi per sopravvenienze attive e parte delle riprese per costi indeducibili, oltre al rilievo sanzionatorio relativo ai costi di lavori eseguiti per la costruzione e ristrutturazione di capannoni industriali, rideterminando l’IRPEF in capo ai soci.
Il giudice d’appello caducava anche la ripresa relativa alle sopravvenienze attive e, per il resto, confermava la decisione di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, cui replicano i contribuenti con controricorso che illustrano con memoria ex art.380 bis-1. cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1272 e 2697 cod. civ. e 88 del d.P.R. n. 917/1986, per avere la CTR dichiarato illegittimo il recupero a tassazione a titolo di sopravvenienza attiva, costituita da una passività iscritta in bilancio in precedenti esercizi (debito nei confronti di NOME COGNOME) e non più sussistente nell’anno oggetto di verifica, in quanto «doveva ritenersi raggiunta la prova in ordine al l’ esistenza del debito della società nell’anno 2009 nei confronti del sig. NOME COGNOME.
1.1. La ricorrente, nel riproporre in fotocopia porzioni del contenuto della motivazione dell’avviso di accertamento e delle precedenti difese, si lamenta del fatto che i giudici di seconde cure «avrebbero dovuto soffermare l’attenzione sulla prova fornita dalla parte circa l’esistenza del debito tra il sig. COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE ed avrebbero dovuto
escludere valore probante alla scrittura di espromissione confermando la sussistenza della sopravvenienza attiva in applicazione dei dettami dell’art.88 TUIR» (cfr. p. 6 ricorso).
Con il secondo motivo la ricorrente censura l’ «omesso esame e/o motivazione circa un fatto decisivo e controverso (art. 360 n. 5 c.p.c.)» riportando pedissequamente le argomentazioni contenute nel primo motivo di ricorso e il medesimo contenuto dei precedenti atti difensivi, che vengono ampiamente inseriti in fotocopia all’interno del ricorso, con porzioni di testo barrate.
I motivi vengono esaminati congiuntamente perché censurano, sotto due differenti paradigmi impugnatori, la medesima statuizione del giudice sulla sopravvenienza attiva alla base del relativo recupero a tassazione e sono inammissibili.
3.1 Innanzitutto, quanto alla tecnica di formulazione, i due mezzi di impugnazione sono un confuso assemblaggio di precedenti atti fotocopiati e questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. Cass. ordinanza n. 33353 del 30/11/2023 e giurisprudenza ivi citata; conforme, tra le molte, Cass. n.26837/2020) che il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente o per ampi brani riprodotti è inammissibile per violazione del principio di chiarezza, sintesi e autosufficienza.
L’enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni dev’essere infatti espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di una concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell’atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all’interprete di ricercare gli elementi rilevanti all’interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte.
3.2. Ciò premesso, la questione della natura giuridica dell’atto in base al quale la RAGIONE_SOCIALE ha assunto il debito di COGNOME Teresio verso Goodyear (espromissione o accollo) è comunque marginale perché il senso dell’accertamento del giudice è chiaro nel senso che non vi è sopravvenienza attiva perché il debito verso COGNOME, esistente nel 2009, non si era estinto gratuitamente, ma con l’assunzione del debito di questo verso Goodyear, mediante giroconto, e riportato all’anno successivo.
In particolare, dall’esame degli atti e dalle relative produzioni documentali effettuate dalla società contribuente mediante deposito di fatture e partitari contabili relativi all’operazione tra le parti, il giudice ha ritenuto che «Nel caso in esame l’esercizio di competenza doveva essere il 2010, anno di registrazione dell’estinzione totale del debito, avvenuta il 30.04.2010 mediante giroconto al partitario del fornitore RAGIONE_SOCIALE, e non l’anno 2009. Peraltro, si deve osservare come il debito della società nei confronti del sig. COGNOME COGNOME fosse originariamente iscritto in bilancio per complessivi euro 116.241,29, e fosse stato già parzialmente estinto per euro 22.277,01, mediante giroconto verso la società RAGIONE_SOCIALE e di euro 446,33 verso la società RAGIONE_SOCIALE, operazione non solo non contestata ma che prova la sussistenza del debito nell’anno 2009 oggetto di verifica» (cfr. p. 3 sentenza).
3.3. Orbene, nella fattispecie il giudice si è pronunciato sulla ripresa e sul fatto sotteso compiendo un argomentato accertamento sfavorevole alla ricorrente (La CTR dopo aver valutato le « produzioni documentali effettuate dalla società » accerta sia « l’esistenza del debito della società nell’anno 2009 per euro 90.185,92 » sia che il debito è stato « estinto mediante giroconto nell’anno 2010 (…) annualità diversa da quella in contestazione » ), su cui i due motivi impingono. I due motivi non sono idonei a inficiare questa conclusione.
3.4. Più in generale, la ricorrente non si confronta realmente con l’articolato accertamento della CTR con riferimento alla ripresa, e si è limitata a confezionare i due motivi in disamina mediante l’assemblaggio di parti eterogenee del precedente materiale della causa, rendendo sostanzialmente incomprensibile il contenuto delle proprie censure, perché i due mezzi sono privi di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali, della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonché dell’illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale. Si addossa in tal modo a questa Corte il compito, non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 del d. lgs. n. 546/1992, la nullità della sentenza per motivazione omessa o apparente per avere rigettato in modo apodittico l’appello incidentale.
Il motivo è parzialmente fondato, con riferimento ai costi indeducibili e alle relative sanzioni ex art.102, comma 5, d.P.R. n.917/86 per euro 29.850,89 e ai costi indeducibili per euro 90.282,30 solo sanzionati (cfr. pagg.14 e 15 del ricorso).
5.1. Si deve ribadire che la motivazione è solo apparente e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo , quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno
2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
5.2 Il Giudice di seconde cure ha ritenuto di rigettare le critiche avanzate in secondo grado dall’Ufficio con la seguente motivazione: «Deve essere respinto l’appello incidentale formulato dall’Ufficio per carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’accoglimento parziale delle riprese effettuate dall’Ufficio e sopradescritte in quanto il primo collegio ha ritenuto sufficiente ed idonea la documentazione deposita dalla società contribuente, motivando in tal senso la propria decisione e l’iter logico seguito per l’assunzione della stessa che va pertanto confermata» (cfr. p. 4 sentenza).
5.3 La suddetta motivazione della CTR non rispetta il minimo costituzionale, non esponendo chiaramente le ragioni per le quali il giudice di secondo grado ha ritenuto non condivisibile il motivo d’appello incidentale proposto dall’Ufficio, il quale, nel motivo in disamina, riporta sia la censurata motivazione del giudice di prime cure (cfr. p. 10 dell’appello incidentale ritrascritto nel motivo) sia le ragioni portate a sostegno dell’impugnazione . In secondo grado l’Ufficio ha lamentato « l’assoluta
lacunosità della parte motivazionale della sentenza qui impugnata, laddove la Commissione di primo grado ha annullato la ripresa a tassazione dell’ufficio limitandosi ad affermare ‘Si annullano le sopravvenienze attive per euro 11.110, relativi ai debiti verso RAGIONE_SOCIALE – euro 10.443 – RAGIONE_SOCIALE euro 446 – ad RAGIONE_SOCIALE euro 230 dalla documentazione prodotta in atti le citate posizioni debitorie risultano sussistenti’. Non è chiaro comprendere le ragioni logiche-giuridiche sulle quali si fonda la decisione dei Giudici (…). Nel caso de quo, i giudici hanno motivato la propria decisione proprio attraverso l’utilizzo della semplice affermazione “dalla documentazione prodotta in atti le citate posizioni debitorie risultano sussistenti” che la Suprema Corte ha già avuto modo di ritenere né congrua né corretta: la Commissione Tributaria Provinciale non ha dato alcun conto delle ragioni che l’hanno indotta a ritenere tale documentazione adeguata a sorreggere una conclusione e non l’altra. Ma vi è di più. La motivazione della sentenza sul punto oltre ad essere insufficiente è altresì erronea in quanto i Giudici di primo grado annullano la ripresa a tassazione della sopravvenienza attiva affermando che la documentazione prodotta dalla parte dimostra la sussistenza dei debiti. In realtà ciò che la parte avrebbe dovuto documentare è la sussistenza di eventuali contenziosi su tali importi tali da giustificare la persistenza delle relative partite di debito» ( ibidem , cfr. pp. 11-13 ricorso).
5.4 È, peraltro, da escludersi la riconducibilità della sentenza impugnata ad un motivato richiamo per relationem alla pronuncia di primo grado, in quanto il rinvio sussiste, ma non è operato in modo tale da rendere possibile un controllo di logicità delle ragioni di adesione. Non si rinvengono le argomentazioni delle parti e l’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio, essendosi il giudice di prime cure limitato a ritenere sufficiente e idonea la
documentazione depositata dalla società contribuente senza motivare la propria decisione e l’iter logico seguito per l’assunzione della stessa.
6 . La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il terzo motivo del ricorso, nei limiti di cui in motivazione, rigettati il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2025