Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35121/2019 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 2658/2019, depositata il 12 luglio 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’ 8 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con invito n. 100067/2015, notificato il 20 febbraio 2015, l’Ufficio richiedeva a NOME COGNOME la documentazione contabile, relativa al periodo d’imposta 2011. Tali documenti venivano consegnati all’Ufficio il 25 marzo 2015. In data 18 ottobre 2016, l’Ufficio notificava al contribuente l’avviso di accertamento n. TD9010100545-2016, con il quale venivano accertati, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lettera d) d.P.R. n. 600/1973, dell’art 54, comma 4, d.P.R. n. 633/1972, degli artt. 5 bis e 25 del d.lgs. n. 446/1997, maggiori ricavi, costi indeducibili e violazioni in materia di IRPEF, IVA ed IRAP, per l’anno d’imposta 2011. Sono state, conseguentemente, accertate le maggiori imposte (pari ad euro 29.127,00) e sanzioni, così come indicate nell’atto di accertamento.
Avverso suddetto avviso, il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia.
Si costituiva l’Ufficio in giudizio con proprie controdeduzioni.
Con sentenza n. 1447/02/2017, depositata in data 27 settembre 2017, la Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso.
-Avverso tale pronuncia l’Ufficio proponeva atto di appello. Si costituiva il contribuente.
Con sentenza n. 2658/01/2019, depositata il 12 luglio 2019, la Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello dell’Ufficio.
-Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituta con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 53 , comma 2, d.lgs. n. 546 1992. Con detta eccezione l’appellato rilevava come l’Amministrazione si fosse limitata a impugnare la sentenza di primo grado d esclusivamente nella parte in cui riteneva necessario l’esperimento del contraddittorio endoprocedimentale , nulla deducendo in ordine alle censure del giudice di prime cure sul meccanismo di ricalcolo dei ricavi effettuato nell’atto impugnato, definito infondato, erroneo ed aleatorio.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
L’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass. n. 26913/2024), dovendosi escludere che l’omesso esame di un’eccezione processuale possa dare luogo a pronuncia implicita, idonea al giudicato, venendo in rilievo la diversa questione della riproposizione dell’eccezione in appello (Cass. n. 25154/2018).
-Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. in ordine all’eccezione di giudicato interno. Anche nella denegata ipotesi in cui l’appello dell’Agenzia entrate fosse stato considerato ammissibile, la sentenza di prime cure avrebbe dovuto essere, comunque, considerata coperta da giudicato nella parte in cui accertava l’erroneità del criterio di ricalcolo ‘a tavolino” dei ricavi
effettuato ne ll’ atto impugnato, non avendo sul punto l’Amministrazione finanziaria proposto alcuno specifico motivo di gravame, tale non potendo essere considerato il mero e generico richiamo alle deduzioni depositate in primo grado.
2.1. -Il motivo è infondato.
La rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile la violazione dell’art. 112 c.p.c., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. n. 27181/2023).
Il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (Cass. n. 9909/2025; Cass. n. 21087/2015).
Nel caso di specie, l’oggetto dell’appello è riportato a pagina due della motivazione e l’interpretazione della domanda spetta esclusivamente al giudice di merito.
-Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di illegittimità dell’accertamento induttivo. La sentenza impugnata sarebbe radicalmente nulla per violazione del l’ art. 112 c.p.c. nella parte in cui omette di pronunciarsi in ordine alla eccezione di illegittimità
dell’accertamento induttivo per difetto dei presupposti di legge, ritualmente proposta nel primo grado di giudizio rimasta assorbita nella sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia e ritualmente riproposta dal contribuente ex art. 56 d.lgs. n. 546/1992 alle pagine 6, 7 e 8 delle proprie controdeduzioni.
3.1. -Il motivo è infondato e al limite dell’inammissibile.
Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale ha rigettato le deduzioni del contribuente, ritenute non idonee a superare la ricostruzione del reddito d’impresa compiuta, per cui non si ravvisa la fondatezza della censura così come prospettata.
La CTR, in realtà, ha accertato la legittimità e la fondatezza della ripresa, ritenendo che gli elementi addotti dall’ufficio fossero idonei a sorreggere la pretesa, risolvendosi la censura in una contestazione sulla valutazione delle risultanze probatorie ad opera del giudice di merito.
Né si pone un profilo di violazione del cd. divieto di doppia presunzione, principio quest’ultimo non solo insussistente (v. da ultimo Cass. n. 19993 del 17/07/2025), ma neppure pertinente alla concreta vicenda, ponendosi solo un rapporto di concatenazione di inferenze presuntive.
4. -Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per mancanza di motivazione in ordine all’incapacità del contribuente di inficiare la ricostruzione del reddito di impresa effettuata dall’Ufficio, nonostante le specifiche deduzioni sul punto, già accolte dal giudice di prime cure, e ritualmente riproposte dal contribuente alle pagine 8, 9 e 10 delle proprie controdeduzioni.
4.1. -Il motivo è fondato.
Parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. ma in realtà censura un difetto di motivazione apparente. Al riguardo,
sotto il profilo dedotto, la motivazione della pronuncia risulta, in effetti, del tutto apparente a fronte delle articolate difese del contribuente (pp. 12-14 del ricorso), limitandosi ad affermare che il contribuente non sarebbe stato in grado di inficiare la ricostruzione del reddito di impresa effettuata dall’ufficio, proponendo in seguito un insieme di massime tratte dalla giurisprudenza di questa Corte.
La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. n. 1986/2025).
-L’accoglimento del quarto motivo determina l’assorbimento del quinto, con cui si deduce l ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. in ordine alla lamentata sussistenza di due errori di calcolo commessi dall’Ufficio nella rideterminazione dei ricavi.
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione al motivo accolto e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto, rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria , l’8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME