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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

Un contribuente si è visto negare un rimborso IRAP perché la sua istanza era stata ritenuta incompleta. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di secondo grado per motivazione apparente, rilevando che i giudici d’appello avevano ignorato le prove documentali (modelli F24) che erano state prodotte, creando una palese contraddizione nelle loro argomentazioni. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando la Sentenza è Contraddittoria e Va Annullata

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro ordinamento. Ma cosa succede quando una motivazione esiste solo sulla carta? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14810/2025, ci offre un chiaro esempio di motivazione apparente, annullando una sentenza che presentava insanabili contraddizioni. Questo caso, nato da una richiesta di rimborso IRAP, sottolinea l’importanza per i giudici di confrontarsi effettivamente con gli atti di causa e le prove fornite dalle parti.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Rimborso IRAP Contestata

Un contribuente presentava un’istanza di rimborso per l’IRAP versata negli anni dal 2005 al 2008. A seguito del silenzio dell’Agenzia delle Entrate, interpretato come un diniego (c.d. silenzio-rifiuto), il contribuente adiva la Commissione Tributaria Provinciale (CTP). La CTP respingeva il ricorso, sostenendo che la domanda di rimborso fosse generica, priva dell’indicazione degli estremi dei versamenti e dei relativi importi.

Il contribuente impugnava la decisione davanti alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), la quale confermava la sentenza di primo grado. Non arrendendosi, il contribuente proponeva ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la violazione dell’art. 132 del codice di procedura civile per motivazione apodittica e perplessa.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla Motivazione Apparente

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. I giudici di legittimità hanno messo in luce una palese e insanabile contraddizione nel ragionamento della CTR. La sentenza impugnata, infatti, da un lato si limitava a richiamare ‘pedissequamente’ (cioè alla lettera) la motivazione della CTP, concludendo che non erano state indicate le date e gli importi dei versamenti. Dall’altro lato, però, la stessa sentenza dava atto che il contribuente aveva prodotto i modelli F24, ovvero i documenti da cui, per loro stessa natura, si evincono proprio le date e gli importi dei pagamenti effettuati.

Inoltre, gli importi richiesti a rimborso erano stati chiaramente specificati nell’atto di appello. Questa discrasia logica ha trasformato la motivazione della CTR in una motivazione apparente, un guscio vuoto che non spiega realmente le ragioni della decisione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che la CTR non ha compiuto il suo dovere di giudice d’appello, che consiste nel riesaminare il merito della controversia alla luce delle critiche e delle prove portate dalla parte appellante. Invece di analizzare i modelli F24 e confrontarsi con le argomentazioni del contribuente, la Commissione Regionale ha semplicemente replicato la decisione di primo grado, per poi contraddirsi ammettendo l’esistenza di prove che, se esaminate, avrebbero potuto portare a una conclusione diversa. Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo graficamente presente, non permette di ricostruire l’iter logico-giuridico che ha condotto alla decisione, perché fondata su affermazioni inconciliabili tra loro o palesemente tautologiche.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà non solo decidere nel merito della richiesta di rimborso, ma anche provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

La decisione rappresenta un importante monito per i giudici di merito: la motivazione di una sentenza non può essere un mero esercizio di stile o una semplice ripetizione di decisioni precedenti. Deve essere il frutto di un’analisi concreta degli atti, delle prove e delle argomentazioni delle parti. In caso contrario, come dimostra questa ordinanza, il rischio è la censura in sede di legittimità per vizio di motivazione apparente, a tutela del diritto fondamentale a una decisione giusta e comprensibile.

Cosa si intende per motivazione apparente in una sentenza?
Si ha una motivazione apparente quando le ragioni esposte dal giudice sono talmente contraddittorie, illogiche o superficiali da non rendere comprensibile il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione, pur essendo la motivazione materialmente presente nel testo.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso?
La sentenza è stata annullata perché conteneva una contraddizione insanabile: da un lato confermava la decisione di primo grado secondo cui mancavano le prove dei versamenti (date e importi), dall’altro ammetteva che il contribuente aveva prodotto i modelli F24, documenti che contengono proprio tali informazioni.

Cosa succede quando una sentenza viene cassata con rinvio?
La sentenza annullata perde la sua efficacia. La causa viene trasmessa a un altro giudice dello stesso grado di quello che ha emesso la sentenza annullata, il quale dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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