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Motivazione Apparente: Cassazione annulla sentenza

Una contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti (TIA). Dopo aver perso in primo grado, ha presentato appello. La Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello con una motivazione estremamente sintetica, limitandosi a confermare la decisione precedente. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della contribuente, annullando la sentenza d’appello per ‘motivazione apparente’, poiché il giudice di secondo grado non aveva autonomamente esaminato le critiche mosse dall’appellante, violando l’obbligo costituzionale di motivazione dei provvedimenti.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: perché la Cassazione annulla le sentenze d’appello troppo sbrigative

L’obbligo di motivazione è uno dei pilastri fondamentali del nostro sistema giudiziario, garantito direttamente dalla Costituzione. Una sentenza deve spiegare in modo chiaro e logico il percorso che ha portato il giudice alla sua decisione. Quando questo non avviene, si cade nel vizio di motivazione apparente, una patologia che rende il provvedimento nullo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un esempio lampante di questo principio, annullando una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che si era limitata a confermare la decisione di primo grado senza un’adeguata analisi.

I Fatti del Caso: Una Controversia sulla Tassa Rifiuti

La vicenda nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento relativo alla TIA (Tariffa di Igiene Ambientale) per l’anno 2006. Una contribuente si era vista recapitare una richiesta di pagamento di poco più di 300 euro, che ha prontamente contestato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.
Il primo giudizio si è concluso con il rigetto del ricorso. Non dandosi per vinta, la contribuente ha proposto appello presso la Commissione Tributaria Regionale, articolando specifiche critiche alla sentenza di primo grado.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale e il Vizio di Motivazione Apparente

Il fulcro della questione risiede nella decisione del giudice d’appello. La Commissione Tributaria Regionale ha rigettato il gravame con una formula estremamente concisa, affermando che “debba essere confermata la decisione dei primi giudici, le cui motivazioni ed argomentazioni sono pienamente condivisibili” e aggiungendo che l’appellante non aveva prodotto elementi validi per una riforma della decisione.
In sostanza, il giudice di secondo grado ha evitato di entrare nel merito dei motivi di appello, limitandosi a un’adesione generica e acritica alla sentenza precedente. Questo modo di operare, noto come motivazione per relationem, è ammesso solo a determinate condizioni, che in questo caso non sono state rispettate.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla Motivazione Apparente

La contribuente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, denunciando, tra gli altri motivi, proprio la nullità della sentenza per violazione dell’obbligo di motivazione. La Suprema Corte ha accolto pienamente questa censura.
I giudici di legittimità hanno ribadito che la motivazione di una sentenza non può essere un mero simulacro. Anche quando fa riferimento a un’altra pronuncia, deve comunque dar conto di aver esaminato criticamente le censure mosse dalla parte appellante. Il giudice d’appello deve dimostrare di aver effettuato una propria valutazione, consentendo così di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito. Una motivazione che si limita a un’adesione apodittica, senza esplicitare le ragioni della condivisione e senza confrontarsi con i motivi di gravame, scende al di sotto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Costituzione. Di conseguenza, si configura una motivazione apparente, che, pur esistendo graficamente, è del tutto inidonea a spiegare la decisione e ne determina la nullità.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata perché la sua motivazione si è risolta in una “generica ed apodittica adesione alla decisione di prime cure, senza esplicitare in alcun modo le ragioni favorevoli alla condivisione”. Questa lacuna argomentativa impedisce di verificare se il giudice d’appello abbia effettivamente preso in considerazione i motivi di gravame e li abbia valutati. L’adesione acritica alla pronuncia precedente, senza un’autonoma valutazione critica, rende impossibile il controllo sulla logicità e correttezza del ragionamento decisorio. Di fatto, la motivazione è solo una facciata, vuota di contenuto sostanziale, e come tale deve essere considerata inesistente.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte è di fondamentale importanza. Essa riafferma il diritto di ogni cittadino a ottenere una risposta giudiziaria che non sia solo un atto d’imperio, ma il risultato di un ragionamento comprensibile e verificabile. I giudici non possono sottrarsi al dovere di esaminare le argomentazioni delle parti e di spiegare perché le accolgono o le respingono. Per effetto di questa ordinanza, la sentenza d’appello è stata annullata e il procedimento è stato rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso, questa volta fornendo una motivazione completa ed effettiva.

Può un giudice d’appello motivare la sua sentenza semplicemente dicendo di essere d’accordo con il giudice precedente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione “per relationem” (cioè per rinvio) è valida solo se il giudice d’appello dimostra di aver autonomamente valutato le argomentazioni della sentenza richiamata e le critiche mosse dall’appellante. Una mera e acritica adesione non è sufficiente e rende la sentenza nulla.

Cos’è una “motivazione apparente” e quali sono le sue conseguenze?
È una motivazione che esiste formalmente nel testo della sentenza ma che, per la sua genericità, contraddittorietà o illogicità, non permette di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice. La conseguenza principale è la nullità della sentenza, in quanto viola il principio costituzionale del giusto processo e il diritto di difesa.

Cosa succede quando una sentenza viene annullata per motivazione apparente?
La sentenza viene cassata, cioè annullata. La causa viene rinviata a un altro giudice dello stesso grado di quello che ha emesso la sentenza nulla (in questo caso, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione), il quale dovrà decidere nuovamente la controversia, questa volta fornendo una motivazione adeguata e completa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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