Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 724 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 724 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2025
Sentenza – motivazione
apparente – nullità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5662/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 6210/22/2021, depositata in data 27 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La RAGIONE_SOCIALE utilizzava in compensazione, negli anni 2012 e 2013, crediti d’imposta agevolata sul gasolio per autotrazione e per l’acquisto di beni strumentali nelle aree
svantaggiate, in assenza di presentazione del relativo quadro RU della dichiarazione dei redditi.
A seguito di accesso presso la sede sociale i verificatori constatavano l’assenza dei presupposti costitutivi del diritto alla compensazione; l’Ufficio emetteva, quindi, l’ atto di irrogazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 471/1997 (come modificato dal d.lgs. n. 158/2015) nella misura del 100% del credito inesistente.
La società impugnava l’atto innanzi alla CTP di Caserta deducendo, per quanto qui ancora rilevi, l’illegittima applicazione della sanzione nella misura del 100% in luogo di quella prevista (nella misura del 30%) dall’art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 471/199 7 (come modificato dal d.lgs. n. 158/2015), nella formulazione applicabile ratione temporis .
La CTP accoglieva il ricorso ritenendo che il credito contestato non fosse ‘inesistente’, bensì ‘non spettante’, in quanto oggetto di controllo ai sensi dell’art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973, con la conseguente applicabilità della sanzione al 30%.
L ‘Ufficio interponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania deducendo che il credito indebitamente utilizzato in compensazione non avrebbe potuto essere accertato con procedure automatizzate, avendo l’Ufficio chiesto la verifica della spettanza del detto credito, effettuando poi un accesso presso la sede della società.
La CTR confermava la decisione di prime cure sulla base della seguente motivazione: «questa Sezione della CTR per la Campania osserva che le deduzioni dell’appellata sono la riproposizione dei motivi dedotti in primo grado e qui riproposti. La dedotta violazione del principio ‘tempus regit actum’, assorbita dalla sentenza qui impugnata, era ed è sufficiente per giustificare da sola l’annullamento dell’atto impugnato in primo grado. L’amministrazione, per quanto dedotto dall’appellata, non poteva applicare una sanzione del 100%».
Avverso la decisione della CTR campana ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidandosi a due motivi. La contribuente ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso sotto plurimi profili.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘ adunanza camerale del 14/11/2024.
Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dr. NOME COGNOME ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato che:
Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente, sotto i seguenti profili: a) violazione degli articoli ‘348bis e 348 c. 5 ter’ cod. proc. civ., per non essere denunciabile il vizio di motivazione della sentenza della CTR in presenza della cd. doppia conforme; b) per il mancato riferimento al paradigma censorio indicato dall’art. 360 cod. proc. civ.; c) per la mancanza di specificità dei motivi ex art. 366 cod. proc. civ..
Al riguardo è sufficiente osservare che: a) non è pertinente il richiamo alla cd. doppia conforme ed alla preclusione sancita dall’art. 348ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., atteso che detta preclusione opera solo in caso di motivo proposto ai sensi del numero 5) del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ. e nessuno dei motivi proposti dall’Ufficio è sussumibile sotto il paradigma suddetto; b) i due motivi di ricorso fanno r iferimento l’uno al n. 4, il secondo al n. 3 dell’art. 360, comma primo, cod. proc. civ. e, in ogni caso, l’omessa indicazione del vizio sindacabile ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ. sarebbe emendabile dalla Corte al lume del contenuto del motivo ; c) il ricorso è pienamente conforme alla norma di cui all’art. 366 cod. proc. civ. contenendo motivi compiutamente argomentati e, perciò, specifici.
Con il primo strumento di impugnazione l’Ufficio deduce la « violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 36 del D.Lgs
546/92 in combinato disposto con l’art. 132 n. 4 c.p.c, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione». Lamenta, in particolare, che la CTR avrebbe accolto la tesi del contribuente ‘sostenendo in modo assolutamente apodittico che la sanzione applicata dall’ufficio fosse illegittima in base ad un non meglio precisato riferimento al principio del ‘tempus regit actum’ per nulla accertato con riferimento a disposizioni normative ‘. La motivazione sarebbe del tutto carente ‘affermando il Collegio in maniera del tutto apodittica che sulla base di non meglio specificate disposizioni di legge la sanzione del 100% non poteva trovare applicazione nel caso in esame’ (pag. 5 del ricorso).
Il motivo è fondato.
2.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053).
Con particolare riferimento alla tecnica motivazionale per relationem questa Corte ha ripetutamente affermato che detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814). Il giudice di appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti ( ex multis , Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla -in quanto meramente apparente -una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della
decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello ( ex multis , Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112).
2.2. Invero, nel caso di specie, la CTR dopo aver riportato compiutamente la decisione di primo grado, i motivi di gravame e le difese della contribuente, ha motivato in modo apodittico il rigetto del gravame dell’Ufficio. In particolare, ha ritenuto la violazione del principio del tempus regit actum (violazione ritenuta assorbita nella sentenza di primo grado) sufficiente ex se a giustificare l’annullamento dell’atto impugnato, senza minimamente indicare le disposizioni succedutesi nel tempo, la norma applicabile in concreto ed i motivi perché dovesse applicarsi. Ha, poi, affermato in maniera del tutto tautologica che l’Amministrazione non potesse applicare la sanzione nella misura del 100%, senza argomentare sulle ragioni di tale affermazione e sulla adesione, in definitiva, alla tesi della ‘non spettanza’ del credito (per l’insussistenza dei presupposti della ‘inesistenza’ del credito) . In particolare, la CTR non chiarisce per quale motivo, in relazione ad un avviso di accertamento nato da controllo automatizzato, non debba valorizzarsi un’attività di approfondimento, nella specie eseguita anche mediante accesso.
Dette affermazioni, per la loro genericità, e dette omissioni non consentono in alcun modo di apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione di appello e di verificare le ragioni che hanno indotto la CTR a confermare la decisione di prime cure.
L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale porta a ritenere assorbito il secondo, con il quale l’Ufficio lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 113 del D.Lgs. 472/97 e dell’art. 27 comma 18 del D.Lgs 185/98 in relazione all’art. 260 n. 3 c.p.c.».
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
della Campania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, anche verificando l’eventuale applicabilità della normativa sopravvenuta (d.lgs. n. 158/2015 e succ. mod.) in materia di sanzioni, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio in relazione alla censura accolta, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre