Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 770 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 770 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28353/2018 R.G. proposto da COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso unitamente agli avv.ti COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 617/2018 depositata il 26 febbraio 2018
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 dicembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
Sulla scorta delle risultanze delle indagini bancarie condotte dalla tenenza di Codigoro della Guardia di Finanza, la Direzione
Provinciale di Ferrara dell’Agenzia delle Entrate notificava ad NOME COGNOME un avviso di accertamento mediante il quale rettificava la dichiarazione dallo stesso presentata ai fini dell’IRPEF per l’anno 2006, recuperando a tassazione maggiori redditi rappresentati da proventi illeciti da lui asseritamente conseguiti nella veste di «gestore di fatto» della RAGIONE_SOCIALE e della ditta NOME COGNOME.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ferrara, la quale respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, che con sentenza n. 617/2018 del 26 febbraio 2018 rigettava l’appello della parte privata.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., sono denunciate: (a)la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4) e 161 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; (b)la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; (c)la violazione o falsa applicazione degli artt. 118 e 210 c.p.c..
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver omesso di pronunciare su proposti dal COGNOME, o comunque di averli esaminati solo in apparenza, senza esprimere il proprio
convincimento in ordine alla doglianza del contribuente relativa alla mancata valutazione da parte dei primi giudici del prospetto allegato al ricorso introduttivo del giudizio, nel quale erano riepilogati gli incassi e i versamenti in contanti da lui effettuati nell’anno 2006 sul conto corrente bancario oggetto di indagine, tutti comprovati da idonea documentazione.
1.2 Viene, al riguardo, posto in evidenza che i giudici regionali avrebbero erroneamente fatto riferimento alla motivazione di una sentenza di primo grado diversa da quella che formava oggetto di impugnazione e si sarebbero limitati ad aderire acriticamente alle argomentazioni in essa contenuta, del tutto inconferenti rispetto all’effettiva materia del contendere.
1.3 Essi, inoltre, avrebbero trascurato di esaminare -o altrimenti disatteso senza alcuna spiegazionel’istanza del COGNOME volta ad ottenere l’emissione dell’ordine di esibizione delle copie degli assegni bancari da lui girati per l’incasso nell’anno 2006: con tale mezzo istruttorio il contribuente intendeva dimostrare che il totale delle somme portate dai titoli di credito in questione corrispondeva all’ammontare dei versamenti effettuati in quell’anno sul conto corrente in verifica, a sua volta coincidente con il reddito complessivo dichiarato.
Con il secondo motivo, dichiaratamente proposto a norma dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., sono lamentate: (a)la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4) e 161 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; (b)la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..
2.1 Si sostiene che la CTR avrebbe omesso di esaminare il prospetto allegato al ricorso introduttivo del giudizio, nel quale erano stati indicati i redditi di lavoro subordinato e autonomo percepiti dal contribuente nell’anno 2006, a riprova della provenienza lecita dei versamenti da lui effettuati sul proprio conto corrente.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., sono prospettate: (a)la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4) e 161 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; (b)la violazione o falsa applicazione degli artt. 31, commi 1 e 2, e 58, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973; (c)la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c..
3.1 Viene contestato alla Commissione di secondo grado di non aver statuito sul motivo di gravame del contribuente con il quale era stata ribadita l’illegittimità dell’impugnato atto impositivo per incompetenza territoriale dei verificatori.
3.2 Si deduce, in proposito, che le indagini bancarie poste a base dell’accertamento tributario avrebbero dovuto essere effettuate dalla tenenza di Comacchio della Guardia di Finanza, competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente, e non da quella di Codigoro.
L’inosservanza delle norme sulla competenza delle varie articolazioni dell’Amministrazione Finanziaria dislocate sul territorio avrebbe determinato l’inutilizzabilità del materiale probatorio irregolarmente acquisito.
Con il quarto motivo, ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., è denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..
4.1 Si imputa alla CTR di aver a torto valorizzato a fini decisori la sentenza penale di condanna n. 1580/2011 emessa dal Tribunale di Ferrara nei confronti del COGNOME, sebbene non passata in giudicato, e per contro immotivatamente tralasciato di apprezzare gli elementi ricavabili dalle allegate sentenze della CTR della Lombardia n. 37/15/2013 e della CTR dell’Emilia -Romagna n. 1523/8/2017, entrambe passate in giudicato, con le quali era stato escluso che il contribuente avesse mai rivestito il ruolo di gestore di fatto della RAGIONE_SOCIALE e della ditta NOME COGNOME
Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe l’esame
delle restanti censure.
5.1 A sèguito della riformulazione dell’ art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai da ritenere ristretto alla sola verifica dell’inosservanza del cd. ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 132, comma 2, numero 4) c.p.c.- di ‘mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico’, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’ e di ‘motivazione perplessa od incomprensibile’; con la precisazione che l’anomalia motivazionale deve emergere dal testo del provvedimento impugnato, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis , Cass. n. 20598/2023, Cass. n. 20329/2023, Cass. n. 3799/2023, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022, Cass. Sez. Un. n. 32000/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 24395/2020, Cass. Sez. Un. n. 23746/2020, Cass. n. 12241/2020, Cass. Sez. Un. n. 17564/2019, Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. Sez. Un. 8053/2014).
5.2 In particolare, si definisce ‘apparente’ la motivazione che, sebbene riconoscibile sotto il profilo materiale e grafico come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, rivelandosi obiettivamente inidonea a far conoscere l’iter logico seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, sì da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ad opera dell’interprete, al quale non può essere lasciato il còmpito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2767/2023, Cass. n. 6758/2022, Cass. n. 13977/2019, Cass. Sez. Un. n. 22232/2016, Cass. Sez.
Un. n. 16599/2016).
5.3 Per quanto qui particolarmente interessa, è stato puntualizzato che deve considerarsi nulla la sentenza d’appello motivata ‘per relationem’ a quella di primo grado, qualora la laconicità del percorso argomentativo svolto dal giudice superiore non consenta di appurare che alla condivisione della pronuncia gravata egli sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di impugnazione (cfr. Cass. n. 22022/2017, Cass. n. 14877/2020, Cass. n. 6626/2022, Cass. n. 2763/2023, Cass. n. 15978/2024).
5.4 Ciò posto, va notato che la CTR, dopo essersi dilungata nel ripercorrere la vicenda processuale di primo grado e nel riportare il contenuto della decisione assunta dai giudici provinciali, ha respinto il gravame esperito dal COGNOME sulla scorta della seguente motivazione: «Questa Commissione Tributaria Regionale, visti gli atti e la documentazione allegata, ritiene che l’appello del contribuente non sia meritevole di accoglimento e pertanto vada respinto con condanna alle spese del giudizio. Infatti, le doglianze sopra riportate e dedotte in appello sono immotivate, pretestuose, infondate in fatto ed in diritto, soprattutto in ordine alle omissioni, immotivazioni e fraintendimenti dei primi giudici in sede di motivazione dell’impugnata sentenza che, come ampiamente soprariportato, è al contrario motivata, legittima ed esaustiva in ogni sua parte. A questo Collegio, difformemente da ciò, appare chiaro l’esatto contrario, che cioè sia stata parte contribuente in questo procedimento a travisare fatti ed interpretazioni che, quasi tutte documentali, appaiono largamente confermative della buona azione condotta dall’Agenzia delle Entrate sia in termini di ricostruzione dei fatti elencati, sia delle conseguenze a ciò relative. Pertanto, l’avviso di accertamento di cui è causa è non solo legittimo, ma anche da integralmente confermarsi nel merito, a nulla valendo il contrario, posto che le fattispecie penali
rappresentate, il ruolo del COGNOME e le scarse ed inidonee giustificazioni del medesimo in ordine alle somme di danaro ed ai movimenti accertati portano a confermare e convalidare l’assetto amministrativo dell’Agenzia qui impugnato. Confermandosi totalmente le deduzioni e le conclusioni dell’impugnata sentenza, per il resto della motivazione ci si riporta integralmente a quanto sopra riportato» .
5.5 Come appare evidente dal tenore delle surriportate proposizioni, si è al cospetto di una motivazione meramente parvente, costituita da una sequenza di affermazioni tautologiche, sommarie e cumulative, la quale si risolve nell’acritica condivisione delle argomentazioni poste a base della sentenza gravata, non sorretta da un nuovo e autonomo esame delle censure sollevate dalla parte impugnante, genericamente riassunte nel modo seguente: «L’atto di appello si duole che la Commissione Provinciale abbia omesso di pronunciarsi su punti rilevanti della controversia, generando difetto di motivazione con travisamento di fatti ed elementi di causa» .
5.6 Invero, non viene affatto spiegato in sentenza perché le doglianze mosse dal contribuente risulterebbero tutte «immotivate, pretestuose, infondate in fatto ed in diritto», comprese quelle non attinenti all’eccepito difetto di motivazione dell’avviso di accertamento; non si chiarisce quali siano i fatti e i documenti, asseritamente travisati dall’appellante, che dimostrerebbero la «buona azione condotta dall’Agenzia delle Entrate» ; non si dice per quale motivo le giustificazioni addotte dal COGNOME andrebbero ritenute «scarse e inidonee» .
5.7 In definitiva, la pronuncia qui impugnata -che peraltro indica in modo inesatto il numero di repertorio della sentenza di primo grado (285/06/12, anziché 284/06/12) e l’anno d’imposta (2005, invece che 2006)prescinde da una reale disamina delle doglianze sollevate dalla parte appellante, non opera alcun concreto e
specifico riferimento alle emergenze processuali e si risolve in una sequenza di enunciati generici, assertivi e apodittici, sì da non consentire alla Corte un effettivo controllo circa l’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio del giudice di merito (cfr. Cass. n. 6626/2022, Cass. n. 22022/2017).
5.8 Tanto determina la sua nullità per difetto del requisito di cui all’art. 36, comma 2, n. 4) del D.Lgs. n. 546 del 1992, norma speciale del processo tributario che nel giudizio civile ordinario trova il suo corrispondente nell’ art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c..
6. Per le ragioni illustrate, va disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione della sentenza in scrutinio con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia fornendo congrua motivazione.
6.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione