Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4554 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4554 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4832 -20 23 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAIL), presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , in proprio e quale titolare della ditta individuale COGNOME di COGNOME NOME, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pecEMAIL;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Oggetto:
TRIBUTI –
motivazione apparente
avverso la sentenza n. 2373/23/2022 della Commissione tributaria regionale della PUGLIA, Sezione staccata di LECCE, depositata in data 09/09/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 febbraio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2012 emesso dall’Amministrazione finanziaria nei confronti della ditta individuale COGNOME NOME di NOME sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. a seguito di verifica fiscale condotta anche attraverso l’esame delle movimentazioni effettuate sui conti correnti bancari sia della COGNOME che del coniuge COGNOME con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Puglia, Sezione staccata di Lecce, decidendo sull’appello proposto dalla ditta contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rigettava il motivo di appello incentrato sul contraddittorio endoprocedimentale « poiché parte ricorrente, pur avendo presentato istanza di accertamento con adesione, è sempre rimasta indifferente nella fase accertativa alle richieste dell’Ufficio, il quale mai ha limitato il contraddittorio ne ha posto limitazioni all’esercizio del diritto di difesa (vedi allegato prot. 28005/2016 allegato 2) »; rigettava l’appello nel merito rilevando, « dopo attento esame della documentazione in atti che, i numerosi versamenti e prelevamenti effettuati sui conti bancari hanno originato, per l’anno in questione oggetto della controversia, la complessa attività economico finanziaria dell’attività svolta dall’appellante rimasta senza adeguate risposte, probanti e valide, per ristorare in maniera concreta le richieste precise e specifiche fatte dall’ufficio ». Sosteneva, inoltre, che « L’assenza di prove concrete a sostegno delle ragioni
dell’appellante hanno rafforzato le presunzioni dell’ufficio risultate pertanto gravi, precise e concordanti, insufficienti a risalire alla reale natura e motivazione delle stesse operazioni. In sostanza il Collegio ritiene insufficienti le prove fornite dall’appellante a sostegno della propria tesi il quale avrebbe dovuto dimostrare che ciascuna operazione bancaria effettuata era estranea a fatti imponibili ». Tenendo, però conto, «degli elementi posti in evidenza dalla difesa del contribuente quale la scarsa popolazione residente nel Comune di Cutrofiano di appena 9.000 abitanti e l’attestato rila sciato dal Comune attestante il numero di servizi funebri effettuati nell’anno 2012 e la dichiarazione sostitutiva di notorietà datata 28/02/2017 ( relativa sempre all’anno 2012), ma anche della possibile e più probabile capacità contribuiva della contribuente » rideterminava in € 65.000,00 il reddito imponibile da assoggettare a tassazione. Riteneva, quindi assorbiti gli ulteriori motivi.
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’ intimata con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR reso una motivazione soltanto apparente in merito alla rideterminazione del reddito IRPEF a 65.000,00 euro rispetto a quello maggiore accertato, emettendo una pronuncia di natura equitativa preclusa al giudice tributario.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972 perché, avendo l’amministrazione finanziar ia effettuato riprese a tassazione nei confronti della contribuente anche sulla scorta
degli esiti delle movimentazioni bancarie, la pronuncia impugnata si pone in violazione delle regole probatorie in materia di accertamenti bancari che pongono a favore dell’amministrazione finanziaria una presunzione legale di maggiori ricavi desumibili dai versamenti e prelevamenti bancari, superabile attraverso la prova analitica e dettagliata, nella specie non fornita dalla contribuente, della loro non riconducibilità ad operazioni imponibili.
Con il motivo di ricorso incidentale la controricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 24 Cost., per avere la CTR reso una motivazione soltanto apparente sul motivo di appello con cui aveva dedotto la violazione del contraddittorio endoprocedimentale.
I motivi, che per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.
Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata . La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione
meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; Cass. n. 29124/2021). Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021).
5.1. In tale grave forma di vizio incorre la sentenza impugnata che non può ritenersi sufficiente sul piano della logica giuridica, non
contenendo un’adeguata esposizione delle ragioni che avevano indotto i giudici di appello a ritenere insussistente nella specie l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, nonché a ridurre equitativamente la pretesa erariale.
5.2. Invero, non è dato comprendere come l’istanza di accertamento con adesione, presentata dalla contribuente, fosse idonea ad escludere il contraddittorio anteriore all’emanazione dell’avviso di accertamento impugnato, né spiega da dove risultava che la contribuente era «rimasta indifferente nella fase accertativa alle richieste dell’Ufficio» e quale fosse il contenuto del documento indicato come prot. 28005/2016.
5.3. Quanto al merito della pretesa erariale, la statuizione d’appello non solo non spiega le ragioni per le quali l’attestato del comune di Cutrofiano e la dichiarazione sostitutiva di notorietà, il cui contenuto nemmeno viene indicato, potessero in qualche modo incidere sulla pretesa fiscale, peraltro operata anche sulla base di accertamenti bancari, in tal modo ponendosi in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte in materia, secondo cui «In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale, nè è possibile ricorrere all’equità» (Cass. n. 25365 del 05/12/2007, Rv. 601148 -01; conf. Cass. n.15161 del 16/07/2020, Rv. 658425 -01, secondo cui «In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo
alla determinazione del reddito di impresa, l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 fonda una presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente, superabile attraverso la prova, da parte del contribuente, che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità».
5.4. E ciò anche sulla scorta del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «Il giudice tributario non è dotato di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio» (Cass. n. 13726 del 2023; in termini, ex multis , anche Cass. n. 10875 del 2022; Cass. n. 16960 del 2019).
5.5. Va ricordato, inoltre, che secondo il più che consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (confortato anche dalla recente pronuncia della Corte costituzionale n. 10 del 2023), una volta che l’amministrazione finanziaria abbia fornito la prova dei movimenti in entrata e in uscita operati dal contribuente su conto corrente bancario, integrando così il meccanismo presuntivo posto a favore della stessa (cfr. Cass. n. 34638 del 2022) – che, avendo fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -, spetta al contribuente, per evitare che le risultanze delle verifiche bancarie siano poste a base di successivi eventuali atti impositivi, fornire la prova della loro inclusione nella base imponibile oppure dell’estraneità alla produzione del reddito (Cass. n. 40221 del 2021; Cass. n. 26014
del 2024 ); prova che dev’essere analitica (Cass. n. 13112 del 2020), per ogni movimento bancario contestato, e non generica (Cass. n. 15857 del 2016) . All’onere probatorio gravante sul contribuente, come sopra delineato, corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica altrettanto rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie – in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. n. 21800 del 2017) -, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica (cfr. Cass. n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 -01; conf. Cass. n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 – 01)
Va, quindi, ribadito il principio giurisprudenziale secondo cui « In tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, fornendo la prova analitica e specifica, per ogni movimento bancario contestato, dell’inclusione di ciascuna delle operazioni nella base imponibile oppure dell’estraneità alla produzione del reddito, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione ».
6.1. Attività dalla quale nella specie i giudici di appello si sono sottratti.
All’accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte
di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente che, in diversa composizione, riesaminerà la vicenda processuale alla stregua dei suindicati principi provvedendo, altresì, alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025