Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17779 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17779 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
IRES -2010 Avv. Acc. Maggior reddito
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17315/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME ed NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege .
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LIGURIA 1844/2017, depositata in data 20 dicembre 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8 maggio 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale l’Ufficio rettificava, nel Modello Unico
presentato dalla società per l’anno 2010, l’utilizzo di una perdita dichiarata nell’anno di imposta precedente pari ad euro 38.754,00. La rettifica di tale perdita conseguiva all’emissione da parte dell’Agenzia delle Entrate di altro avviso di accertamento, con il quale era stato accertato nei confronti della contribuente per l’anno 2009 un maggior reddito di impresa.
Avverso l’avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Genova, la quale con sentenza n. 1742/2014 riteneva infondato il ricorso, quale mera conseguenza della già intervenuta pronuncia in merito alla pretesa impositiva di cui all’avviso di accertamento afferente il precedente anno di imposta 2009, assunta dallo stesso Ufficio quale presupposto ed unico elemento fondante la pretesa impositiva elevata per il successivo anno 2010.
Contro tale sentenza proponeva appello la società contribuente dinanzi alla C.t.r. della Liguria; l’Ufficio proponeva altresì appello incidentale.
La C.t.r. della Liguria, con sentenza n. 1844/2017, depositata in data 20 dicembre 2017, riteneva fondato l’appello incidentale dell’Ufficio, e dichiarava inammissibile il ricorso principale della società contribuente per violazione dell’art. 18, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992 in quanto il contribuente, nell’enunciazione dei motivi di ricorso, si era limitata ad un mero rinvio alle motivazioni di altro ricorso introduttivo.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Liguria, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, chiedendo la riunione congiunta del ricorso con quello relativo all’anno 2009, r.g. 8063/2017. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio dell’8 maggio 2025 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
1.1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Motivazione apparente della pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo di primo grado. Nullità della sentenza, per violazione art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ., art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, limitandosi a riprodurre, testualmente, le deduzioni difensive di controparte, in difetto di qualsivoglia autonomo approfondimento critico della eccezione sollevata. Il convincimento raggiunto è, quindi, manifestamente viziato sotto il profilo della motivazione apparente, in quanto privo di un iter logico argomentativo coerente ed appagante.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, e segnatamente, dell’art. 18, secondo comma, lett. e, d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha valutato l’esistenza e la sufficienza dei motivi di ricorso alla luce del contenuto dell’avviso di accertamento impugnato, e segnatamente, delle modalità di enunciazione della pretesa impositiva dallo stesso recata.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo (art. 156, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., nel dispositivo reca una esplicita condanna della contribuente al pagamento delle spese di lite a fronte delle ben due motivazioni sulle spese, tra di loro opposto ed inconciliabili, recante l’una la
soccombenza del contribuente con le spese poste a suo carico, l’altra invece che ritiene la compensazione delle stesse.
Preliminarmente, va disattesa l’istanza di riunione, innanzitutto, perché il ricorso risulta deciso nell’odierna camera di consiglio e poi, perché, secondo l’insegnamento di cui alle SSUU 30/03/2021, n. 8774, per garantire il diritto alla ragionevole durata del processo (artt. 175 e 127 cod. proc. civ.), deve evitarsi comportamenti che causino ritardi inutili come formalità non necessarie e attività processuali prive di reale utilità, come appunto nel caso di specie.
Il primo motivo ed il secondo motivo sono fondati.
3.1. Con precipuo riferimento alla motivazione apparente, questa Corte (ex plurimis, Cass. 17/03/2023, n. 7908; Cass. 28/02/2023, n. 6037; Cass. 19/01/2023, n. 1618; Cass. 23/12/2022, n. 37770, che richiama Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha sottolineato che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione». Pertanto, «a motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo
sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost.» (Cass. 30/06/2020, n. 13248 del 30/06/2020).
3.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. non ha fatto buon governo dei principi normativi e giurisprudenziali declinati ed ha addirittura obliterato una motivazione dalla quale evincere l’iter logico giuridico sottostante allorquando si è limitata ad affermare che: ‘La parte contribuente nel proprio ricorso introduttivo non avrebbe dovuto limitarsi al mero rinvio alle motivazioni esposte in un altro atto introduttivo di un diverso giudizio, doveva invece chiaramente enunciare le motivazioni poste a sostegno dell’impugnazione anche se tali motivazioni coincidono in tutto o in parte con quelle riportate nel diverso atto introduttivo, con riferimento alle ulteriori ragioni dedotte in impugnazione le stesse sono da ritenersi assorbite in ragione di quanto sopra evidenziato’.
3.3. Tuttavia, siffatto argomentare, oltre ad essere immotivato ed estremamente generico, non coglie la specifica doglianza del contribuente rassegnata nel giudizio di secondo grado -ed oggetto del secondo motivo di ricorso in cassazione – che ha dedotto l’erroneità della sentenza della C.t.p. nella parte in cui aveva ritenuto legittima la pretesa impositiva afferente l’anno 2010 in quanto mera conseguenza della sentenza di primo grado relativamente all’anno 2009 , che aveva confermato il reddito accertato dall’Ufficio. Vieppiù che nel ricorso di primo grado, allegato al ricorso, la società contribuente dopo aver riportato il passaggio dell’avviso di accertamento (‘ da quanto agli atti di questo Ufficio risulta che l’importo di detta perdita, pertinente l’anno precedente 2009, ha formato oggetto di attività di accertamento conclusasi con l’emissione dell’atto matricola n. TL303T100926/2013 -notificato alla società in data 26.3.2013 -dalle cui risultanze è emerso un maggior reddito da assoggettare ad imposizione diretta pari ad € 120.729,00 in luogo della perdita
dichiarata di € 38.754,00′) lamenta che la pretesa dell’atto discenda quale diretta conseguenza di un altro atto, relativo al precedente anno 2009, che ha accertato, appunto, un reddito in luogo di una perdita relativamente all’esercizio 2009 , che non sarebbe più utilizzabile a scomputo del reddito dell’esercizio 2010. Secondo parte ricorrente, dunque, l’ illegittimità del l’ accertamento per l’anno 2010 è da ricercare aliunde, nella illegittimità per l’appunto dell’atto relativo al 2009 (che peraltro era stato confermato con sentenza che questo collegio in data odierna ha cassato).
Dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso discende l’assorbimento del terzo motivo.
In conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso e, assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 8 maggio 2025.