LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per vizio di motivazione apparente. I giudici d’appello si erano limitati a confermare la decisione di primo grado senza esaminare criticamente i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate. La Suprema Corte ha ribadito che la motivazione ‘per relationem’ è ammissibile solo se il giudice dimostra di aver analizzato le specifiche doglianze dell’appellante, cosa non avvenuta nel caso di specie, portando alla cassazione con rinvio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione apparente: la Cassazione annulla la sentenza del giudice tributario

Il principio secondo cui ogni provvedimento giurisdizionale deve essere motivato è un cardine del nostro ordinamento, sancito dall’art. 111 della Costituzione. Ma cosa succede quando una motivazione esiste solo sulla carta? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna sul concetto di motivazione apparente, annullando una sentenza che si era limitata a confermare la decisione precedente senza un’analisi critica dei motivi d’appello. Un monito per i giudici di merito e una garanzia per i cittadini.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente che aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2000. Sulla base di indagini finanziarie, l’Ufficio aveva contestato redditi da lavoro autonomo e operazioni imponibili ai fini IVA per importi significativi.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo ragione sia in primo grado, presso la Commissione Tributaria Provinciale, sia in secondo grado, davanti alla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima, tuttavia, aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate con una motivazione molto sintetica.

Il ricorso in Cassazione per motivazione apparente

L’Agenzia delle Entrate ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando proprio la violazione delle norme sulla motivazione delle sentenze. Secondo l’Ufficio, la Commissione Regionale non aveva fornito una vera e propria giustificazione alla sua decisione, ma si era limitata a richiamare la sentenza di primo grado in modo acritico, senza esaminare le specifiche censure mosse con l’atto d’appello. Si configurava, quindi, un caso di motivazione apparente.

La motivazione ‘per relationem’ e i suoi limiti

La Suprema Corte accoglie il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire i limiti della cosiddetta motivazione per relationem, ovvero quella che fa riferimento alle argomentazioni di un’altra pronuncia.

I giudici di legittimità chiariscono che, sebbene sia possibile per un giudice d’appello motivare la propria sentenza richiamando quella di primo grado, ciò non può tradursi in un’adesione passiva e superficiale. È necessario che il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, di aver preso in esame i motivi di impugnazione e di averli ritenuti infondati, esplicitando le ragioni della conferma. In altre parole, dalla lettura congiunta delle due sentenze deve emergere un percorso argomentativo coerente ed esaustivo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Cassazione ha riscontrato che la sentenza d’appello era “del tutto sfornita di una motivazione effettiva”. I giudici regionali, dopo aver citato un estratto di una sentenza della Corte Costituzionale e alcuni atti di autotutela, avevano semplicemente affermato che il contribuente aveva dimostrato la non riferibilità di alcune somme alla sua attività professionale.

Questa argomentazione, secondo la Suprema Corte, era del tutto generica e non affrontava le specifiche critiche mosse dall’Agenzia delle Entrate, che lamentava proprio un difetto di motivazione della prima sentenza riguardo alla giustificazione documentale delle somme transitate sul conto del contribuente. La Commissione Regionale si è limitata ad “esprimere la propria adesione alla pronuncia di primo grado, prescindendo da qualsiasi riferimento alle deduzioni dell’appellante”. Questo modo di procedere integra il vizio di motivazione apparente, che equivale a una totale assenza di motivazione e viola il “minimo costituzionale” richiesto.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna per un nuovo esame.

Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: rafforza il diritto delle parti a ottenere una risposta giurisdizionale che non sia solo formale, ma sostanziale. I giudici d’appello non possono eludere il loro dovere di esaminare criticamente le ragioni dell’impugnazione. Una sentenza che si limita a “copiare e incollare” o a confermare acriticamente la decisione precedente, senza un confronto reale con i motivi di gravame, è una sentenza nulla perché affetta da motivazione apparente.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo materialmente presente nel testo della sentenza, è talmente generica, contraddittoria o incomprensibile da non permettere di ricostruire il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. Equivale, in sostanza, a una motivazione mancante.

Un giudice d’appello può motivare la sua sentenza semplicemente richiamando quella di primo grado?
No. Può utilizzare la tecnica della motivazione ‘per relationem’ (cioè richiamando la sentenza di primo grado), ma a condizione che dimostri di aver esaminato i specifici motivi di appello e spieghi perché questi non sono idonei a modificare la decisione impugnata. Una semplice e acritica adesione alla pronuncia precedente non è sufficiente.

Qual è la conseguenza di una sentenza con motivazione apparente?
La sentenza è nulla e deve essere cassata (annullata). La Corte di Cassazione, come in questo caso, dispone il rinvio della causa a un altro giudice dello stesso grado, il quale dovrà emettere una nuova pronuncia fornendo una motivazione completa ed effettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati