Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16610 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26518/2021 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna -Sezione Staccata di Sassari n. 362/2020 depositata il 29/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso alla CTP di Sassari, il Banco di Sardegna SPA impugnava il silenzio rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, presentata dall’istituto bancario, di somme erroneamente riportate nella dichiarazione del 1993 a titolo di variazione in aumento, che ricomprendeva anche importi riferiti a cespiti ceduti nel 1993, per i quali l’ammortamento civilistico era stato già ripreso a tassazione negli anni 1991 e 1992.
In particolare, il Banco di Sardegna rappresentava di aver erroneamente compilato il quadro A della dichiarazione dei redditi Mod. 760/94 presentata per il periodo d’imposta 1993, indicando al rigo 72 una variazione in aumento superiore di £. 76.415.351 rispetto a quella corretta. Precisava che fra le variazioni in aumento era stata inclusa la posta di £. 209.288.154, quale “quota di riserva da ammortamento anticipato relativo a cespiti eliminati nel 1993”, che a sua volta includerebbe l’importo di £. 76.415.351 relativo a cespiti per i quali l’ammortamento civilistico, eccedente l’ammortamento fiscale, era già stato ripreso a tassazione negli anni 1991 e 1992. Nonostante i diversi solleciti, l’Amministrazione Finanziaria non aveva provveduto al rimborso della somma suddetta.
La CTP di Sassari, con sentenza n. 193/01/10, accoglieva il ricorso della società, osservando che non era necessaria la presentazione della dichiarazione rettificativa da parte della ricorrente allo scopo di correggere un errore materiale, che aveva determinato il versamento di maggiori imposte IRPEG e ILOR; errore che poteva essere ovviato con la presentazione dell’istanza di rimborso ex art. 38 del DPR n. 602/73. La CTP riteneva, inoltre, “inutile” la produzione di documentazione probatoria richiesta dall’Ufficio, ritenendo invece che quest’ultimo avrebbe dovuto verificare se l’errore materiale compiuto dalla Banca in sede di dichiarazione era compatibile con il meccanismo degli “ammortamenti anticipati”.
Appellava l’ Ufficio, insistendo sia sulla preliminare tardività della rettifica della dichiarazione dei redditi, che avrebbe dovuto essere emendata nei termini di legge, sia sulla carenza probatoria dei presupposti oggettivi del rimborso, di cui parte contribuente era onerata vantando il riconoscimento di un diritto nei confronti del Fisco. In particolare, insisteva nel rilevare che la domanda di rimborso, presentata in data 10/11/1995, non era accoglibile,
atteso che il Banco di Sardegna avrebbe dovuto dimostrare, con valida documentazione probatoria, la sussistenza del diritto al rimborso delle somme richieste a titolo di IRPEG ed ILOR.
La CTR della Sardegna – Sezione staccata di Sassari -con sentenza n. 362/2020 depositata il 29/09/2020 rigettava l’appello dell’ Ufficio.
Avverso tale decisione ricorreva per cassazione, con unico motivo, l’Agenzia delle entrate e resisteva la società contribuente.
In relazione a questo giudizio era formulata dal Consigliere delegato proposta di definizione accelerata della controversia ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
L’Amministrazione ricorrente presentava allora istanza di trattazione del ricorso.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME depositava quindi requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Infine, n elle more dell’adunanza fissata per la data odierna, la controricorrente depositava memoria illustrativa ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 36 del D.Lgs . 546/92 in combinato disposto con l’art. 132 n.4 c.p.c . , dell’art. 118 disp . att. c.p.c.
1.1. Deduce la ricorrente che la sentenza impugnata è soltanto apparentemente motivata circa l’accoglimento della tesi del contribuente, in quanto richiama genericamente una non meglio precisata documentazione che parte avversa avrebbe prodotto sia nella fase amministrativa, in allegato alla istanza di rimborso, sia in sede giudiziaria, in allegato al ricorso introduttivo del giudizio e che sarebbe idonea, di per sé, a dimostrare l’esistenza del diritto di rimborso.
1.2. Così pronunciando, sostiene l’Agenzia, la CTR dimostra di non aver esaminato gli atti di causa, affermando in maniera del tutto generica e con argomentazioni del tutto astratte il diritto al rimborso dell’imposta richiesta dall’istituto bancario, senza indicare di quale documentazione si tratti, perché sia idonea a confutare le ragioni del rigetto dell’ufficio, e senza spiegare il motivo per cui detti atti possiedano quella valenza probatoria sufficiente per il riconoscimento del diritto alla restituzione della maggiore imposta versata.
1.3. Nella specie la CTR ha motivato il rigetto dell’appello affermando:
«Del pari infondata appare l’ulteriore eccezione dell’Ufficio circa l’omessa produzione di documentazione probatoria; sul punto si osserva che la società ricorrente, oltre ad aver fatto riferimento alla documentazione in possesso dell’Ufficio già in fase di istanza di rimborso, ha comunque assolto tale onere depositando presso la CTP di Sassari idonea documentazione probatoria, riferita alle diverse fattispecie che hanno determinato la richiesta di rimborso per cui è causa».
Il ricorso è fondato.
2.1. Il riesame dell’apprezzamento probatorio operato in sede di merito, dunque, è sottratto al giudizio di legittimità, a meno che esso non si presenti intrinsecamente implausibile tanto da risultare meramente apparente (…) pertanto chi censura non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, nel vigore del novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (Cass., n. 15771 del 2019).
2.2. Si premette che la deduzione del vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., IV, n. 8718/2005, Cass. V, n. 5583/2011).
2.3. Pertanto, come affermato da giurisprudenza costante di questa Corte, (Cass. VI-5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
2.4. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
2.5. Questa Corte ritiene che nel processo tributario la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica.
2.6. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
Più specificamente, nel caso in esame, la sentenza in scrutinio non valuta criticamente la motivazione della sentenza di primo grado che fa propria; quindi, il ricorso è fondato sia con riferimento a quanto si assume in tema di motivazione per relationem alla sentenza di primo grado (non vengono esplicitati i motivi addotti dall’Amministrazione) sia per l’assoluta genericità del riferimento all’idoneità della documentazione prodotta (v. tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977; Cass. sez. lav. 14 febbraio 2020, n. 3819; v. anche Cass. n. 18619/2023 e n. 18621/2023, relative ad analoghe controversie tra le medesime parti).
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna -Sezione Staccata di Sassari affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna -Sezione Staccata di Sassari affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20/05/2025.