Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18332 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2925/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 3664/2015, depositata il 22 giugno 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-A seguito del processo verbale di constatazione redatto il 24 novembre 2009 da ll’Agenzia delle Dogane Ufficio di Roma 1, in data 11 ottobre 2011, la Direzione Provinciale III di Roma dell’Agenzia delle entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. TK7030200836/2011 relativo all’anno d’imposta 2006. In particolare, l ‘Agenzia contestava alla società l’omessa produzione di documentazione a supporto di alcune operazioni di acquisto e vendita di autovetture. Pertanto, recuperava a tassazione ai fini IRES ed IRAP , l’importo di euro 117.850,00 a titolo di costi registrati ma non documentati; nonché importi ai fini IVA, ritenuti indebitamente detratti.
La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma.
Si costituiva in giudizio l’ Agenzia delle entrate.
Con sentenza n. 9540/13/14, depositata in data 5 maggio 2014, la Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso della società.
-Avverso tale sentenza proponeva appello la contribuente.
Resisteva con proprie controdeduzioni l’ Agenzia delle entrate.
Con sentenza n. 3644/01/05, depositata in data 22 giugno 2015, la Commissione tributaria regionale di Roma ha accolto l’appello.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso alla Corte di cassazione affidato a un unico motivo.
Resiste la contribuente con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare va esclusa l’inammissibilità della censura e dell’intero ricorso per difetto di specificità.
In tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, giustificano la cassazione della pronunzia (Cass., Sez. IV, 18 agosto 2020, n. 17224).
Nel caso di specie, la lettura della narrativa consente la comprensione dell’intera vicenda processuale e dei termini della questione portata all’attenzione di questa Corte.
-Con l’ unico motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 comma 2 n. 2 e 4, d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale, in ordine ai rilievi 4, 5 e 6 dell’avviso, reso una pronuncia carente di motivazione ovvero affetta da motivazione meramente apparente, fondata su affermazioni generiche prive di riferimenti al contenuto della documentazione e che preclude la ricostruzione dell’iter log ico seguito dai giudici di primo grado.
2.1. -Il motivo è fondato.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente
apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090; Cass., Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598; Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940).
Nel caso di specie, come si evince dalla lettura della pronuncia, la Commissione tributaria regionale non ha fornito alcuna reale motivazione riguardo ai rilievi da quattro a sei, oggetto in questa sede di censura, specificando del tutto tautologicamente che ‘ la copiosa documentazione versata in atti dalla parte appellante, sia idonea, diversamente da come ritenuto in primo cure, a dimostrare l’effettività dei pagamenti eseguiti e dunque l’effettività di costi sostenuti, portati in deduzione ed in detrazione ‘.
Si tratta, di tutta evidenza, di una mancanza di motivazione effettiva a fronte delle articolate controdeduzioni formulate in appello, testualmente riportate nel ricorso per cassazione nelle pagine da 4 a 6, che avrebbero richiesto una loro specifica valutazione (rilievo n. 4 circa la contabilizzazione nel registro IVA acquisti del fatture relative all’acquisto di autoveicoli indicati nella tabella di cui a pagina n. 6 dell’avviso di accertamento, evidenziandosi come la società non fosse stata in grado di fornire la documentazione amministrativo contabile dalla quale rilevare in modo certo, oggettivo ed univoco il pagamento dei suddetti acquisti; rilievo n. 5 sull’ emissione della fattura n. 112 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per un importo di € 19.583,33, oltre 3.916,66 di IVA per il quale la società avrebbe erroneamente registrato la fattura nel registro IVA acquisti dei beni usati, senza fornire la documentazione amministrativo-contabile dalla rilevare in modo certo, oggettivo e univoco il pagamento; rilievo n. 6 sulla contabilizzazione
nel registro IVA acquisti dei beni usati delle fatture indicate nella tabella di cui a pagina n. 7 dell’avviso di accertamento ).
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., Sez. V, 10 aprile 2024, n. 9723; Cass., Sez. V, 18 ottobre 2021, n. 28628).
3. -La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria territorialmente competente anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2025.