Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17598 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17598 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
Oggetto: Omessa presentazione della dichiarazione -Art. 2, comma 7, d.P.R. n. 322/1998 Fatture per operazioni inesistenti – Motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9280/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale ha indicato l’indirizzo pec EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 1511/07/2018, depositata in data 26 settembre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione presentava la dichiarazione modello Unico SC/2011 ed IVA per l’anno 2010 in data 27.06.2012, ovvero oltre il termine di 90 giorni consentito dall’art. 2, comma 7, d.P.R. n. 322/1998. Riportava, quindi, nella dichiarazione per l’anno 2011, trasmessa il 25.09.2012, diversi crediti, tra i quali quello IVA per Euro 51.212,00.
Veniva, poi, sottoposta a verifica fiscale, culminata nel PVC redatto il 29.04.2015; sulla scorta di tale PVC l’Ufficio emetteva l ‘avviso di accertamento n. T 7X030200670/2015, nel quale venivano sollevati rilievi in relazione a 6 fatture, ritenute oggettivamente inesistenti; l’Agenzia delle entrate rideterminava il reddito d’impresa in Euro 231.097,00 ai fini IRES, il valore della produzione in Euro 624.533,00 ai fini IRAP, e d il volume d’affari in Euro 130.000,00 ai fini IVA, per l’anno 20 10.
La società impugnava l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Verbania deducendo: a) la violazione dell’art. 12, comma 7, l. 212/2000, per non avere l’Ufficio indicato, nell’avviso di accertamento, i motivi per i quali aveva ritenuto irrilevanti le giustificazioni fornite in sede di memoria; b) l’illegittimità dell’accertamento, fondato su presunzion i prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
La CTP rigettava il ricorso, ritenendo, nella specie, legittimo il ricorso alle presunzioni ‘semplicissime’, in quanto la contabilità era stata tenuta in modo non corretto ed i documenti non conservati in modo adeguato; né vi era stata violazione dell’art. 12, comma 7, dello statuto del contribuente, poiché nell’atto impugnato si era dato ampio riscontro alle argomentazioni sostenute dalla società.
Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale del Piemonte confermava la sentenza gravata.
Contro la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a tre motivi. Resiste l’Ufficio con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 18/06/2025.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma prima, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per difetto di motivazione in violazione degli artt.61 e 36, comma 2 n.4 d.lgs. 546/1992; violazione dell’art.132 c.p.c. ». Deduce, in particolare, che la decisione sia fondata su ‘congetture e supposizioni’ (pag. 18 del ricorso). Con riferimento alla documentazione depositata dalla società, la CTR non avrebbe tenuto conto dei motivi di gravame, avendo condiviso i rilievi esposti nel pvc e le conseguenti conclusioni dell’Ufficio (pag. 19).
Il motivo è fondato.
1.1. Sul punto, giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal
giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.; Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuare il ragionamento e di riconoscerlo come giustificazione del decisum (da ultimo, Cass. 28/01/2025, n. 1986).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
1.2. Nella specie, la CTR ha rigettato le eccezioni proposte dall’appellante società sulla base di mere congetture (‘risulta impossibile’, ‘difficile credere’, ‘si può ipotizzare’, ‘non è credibile’) , senza dare minima spiegazione dell’iter logico giuridico seguito per confermare la decisione di prime cure.
Inoltre, la motivazione è, almeno sotto il profilo di cui al numero 1., redatta avendo come metro di riferimento il PVC e
l’avviso di accertamento, non già la decisione della CTP (ed i motivi di gravame proposti); la CTR, infatti, afferma che ‘la documentazione è stata ampiamente analizzata e i rilievi esposti in pvc hanno giustificato ampiamente le conclusioni a cui è pervenuto l’ufficio che questa Commissione condivide. Eccezione respinta’ (pag. 7 della sentenza).
La motivazione, sebbene graficamente esistente, è, quindi, meramente apparente in quanto sorretta da affermazioni apodittiche (‘eccezione respinta’) o meramente congetturali e probabilistiche.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento degli altri due, con i quali viene denunciata, rispettivamente, la «violazione e falsa applicazione degli artt.38 e 41 D.P.R. n.600/1973, e art.55 D.P.R. 633/1972» e la «violazione e falsa applicazione dell’art.12 comma 7 l. 212/2000» .
In definitiva, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri due, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 giugno 2025.