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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Cassazione ha annullato una sentenza tributaria per motivazione apparente. La corte d’appello aveva confermato l’annullamento di un accertamento catastale senza spiegare le ragioni della sua decisione, limitandosi a un generico rinvio alla sentenza di primo grado. Il caso riguardava l’inclusione di un impianto fotovoltaico nel calcolo della rendita catastale.

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Pubblicato il 26 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione apparente: perché la Cassazione può annullare una sentenza

Una sentenza deve sempre spiegare in modo chiaro e comprensibile perché il giudice ha deciso in un certo modo. Quando questa spiegazione manca o è solo di facciata, si parla di motivazione apparente, un vizio grave che può portare all’annullamento della decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un esempio pratico di questo principio in ambito tributario, analizzando il caso di un accertamento catastale relativo a un impianto di depurazione.

I fatti di causa: l’accertamento catastale e il ricorso

La vicenda ha origine dalla rettifica del valore catastale di un depuratore per il trattamento di rifiuti liquidi. La società contribuente, a seguito di una nuova normativa sugli impianti “imbullonati”, aveva presentato una dichiarazione DOCFA per rideterminare la rendita catastale del proprio immobile, escludendo dal calcolo alcuni macchinari.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, emetteva un avviso di accertamento con cui rettificava la rendita proposta, aumentandola notevolmente. La ragione principale dell’aumento era l’inclusione, nel calcolo del valore, del lastrico solare su cui era montato un impianto fotovoltaico.

La società impugnava l’atto e sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che quella Regionale (CTR) le davano ragione, annullando l’accertamento. Secondo i giudici di merito, l’atto dell’Agenzia non era sufficientemente motivato. L’Amministrazione finanziaria, ritenendo errata la sentenza d’appello, proponeva quindi ricorso in Cassazione.

La questione della motivazione apparente in Cassazione

Davanti alla Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate ha lamentato la nullità della sentenza d’appello per violazione di legge. In particolare, ha sostenuto che la decisione della CTR fosse viziata da motivazione apparente. Secondo l’Agenzia, i giudici di secondo grado non avevano esposto in modo adeguato il processo logico-giuridico che li aveva portati a confermare la decisione di primo grado, limitandosi a una generica affermazione senza entrare nel merito delle questioni sollevate nell’appello.

le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, ritenendo fondato il motivo relativo alla motivazione apparente. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: una motivazione è “apparente” quando, pur essendo presente graficamente nel testo della sentenza, non rende percepibili le ragioni della decisione. Questo accade quando le argomentazioni sono “obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento”, impedendo così un effettivo controllo sulla logicità e correttezza del ragionamento del giudice.

Nel caso specifico, la CTR si era limitata ad affermare che l’appello dell’Agenzia era infondato e che la sentenza di primo grado andava confermata in toto. Tuttavia, la sentenza di primo grado aveva analizzato unicamente l’eccezione sul difetto di motivazione dell’avviso di accertamento. La CTR, confermando in blocco, non aveva esaminato la questione specifica sollevata dall’Agenzia, ovvero la legittimità dell’inclusione del valore del lastrico solare con impianto fotovoltaico nella stima della rendita. Di fatto, tutta la motivazione della sentenza d’appello ruotava attorno all’obbligo di motivazione dell’atto fiscale, senza mai affrontare il cuore della controversia. Questo comportamento, secondo la Cassazione, integra il vizio di motivazione apparente.

le conclusioni

In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione, per un nuovo esame. La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo: il giudice d’appello non può limitarsi a una conferma acritica e generica della sentenza di primo grado. Deve, al contrario, farsi carico di esaminare i motivi di impugnazione e fornire una propria, autonoma e comprensibile motivazione che dia conto delle ragioni per cui ha ritenuto di confermare o riformare la precedente decisione. Una motivazione che non assolve a questa funzione è solo apparente e, come tale, invalida.

Quando la motivazione di una sentenza si definisce “apparente”?
Si definisce apparente quando, pur essendo graficamente esistente, consiste in argomentazioni inidonee a far conoscere il percorso logico seguito dal giudice per formare il proprio convincimento, non consentendo così un effettivo controllo sulla logicità del suo ragionamento.

È sufficiente che un giudice d’appello confermi la sentenza di primo grado senza aggiungere altre motivazioni?
No. Secondo la Corte, il giudice d’appello non può limitarsi ad affermare genericamente che l’appello è infondato e a confermare la sentenza precedente in toto. Deve analizzare i motivi specifici dell’appello e fornire una propria motivazione che spieghi le ragioni della conferma, altrimenti la sentenza è viziata da motivazione apparente.

Qual è la conseguenza di una sentenza con motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità della sentenza. In questo caso, la Corte di Cassazione ha cassato (annullato) la sentenza impugnata e ha rinviato la causa a un’altra sezione del giudice di secondo grado per un nuovo esame della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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