Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24556 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24556 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5684/2020 R.G. proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis -controricorrente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 7581/2018 depositata il 5 novembre 2018
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 21 dicembre 2007 l’AVV_NOTAIO stipulava con lo RAGIONE_SOCIALE una convenzione volta a regolamentare le conseguenze economiche derivanti dal suo anticipato recesso dalla predetta associazione professionale.
L’accordo concluso fra le parti prevedeva la corresponsione in favore dell’COGNOME della somma forfettaria e omnicomprensiva di 3.400.000 euro a titolo di indennità di recesso, da versare in quattro rate annuali, la terza RAGIONE_SOCIALE quali in scadenza il 31 marzo 2009.
A sèguito di verifica fiscale condotta nei confronti del menzionato RAGIONE_SOCIALE e della successiva richiesta di chiarimenti e documentazione rivolta all’AVV_NOTAIO, in data 22 dicembre 2014 la Direzione Provinciale I di Roma dell’RAGIONE_SOCIALE notificava al precitato professionista un avviso di accertamento esecutivo ex art. 29, comma 1, lettera a), del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, con il quale rettificava la dichiarazione dallo stesso presentata ai fini dell’IRPEF per l’anno 2009, determinando l’imponibile evaso in un milione di euro, corrispondente all’intero ammontare della terza rata dell’indennità di recesso da lui asseritamente percepita in quell’anno; somma che veniva, conseguentemente, recuperata e sottoposta a tassazione separata, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera l), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale accoglieva il suo ricorso, sulla scorta del rilievo che, in base all’art. 13 dello statuto dell’associazione professionale, la somma prevista dall’accordo del 21 dicembre 2007 comprendeva una componente propriamente reddituale soggetta a tassazione, quantificabile in 181.857,42 euro, e un’ulteriore componente di natura patrimoniale, fiscalmente irrilevante, costituita dalla restituzione del conferimento iniziale effettuato dal professionista al momento del suo ingresso nell’associazione medesima (la cd. quota di patrimonio e di magazzino ore).
Il giudice provinciale, inoltre, stabiliva che: – di tale seconda componente, determinata in 3.218.142,58 euro, risultava
assoggettabile a imposizione, giusta il disposto dell’art. 47, comma 7, del TUIR, l’eventuale differenza fra le somme ricevute dall’RAGIONE_SOCIALE in occasione del suo recesso e il prezzo da lui pagato per l’acquisto della partecipazione al sodalizio professionale; -andava affidato all’Ufficio, se ancora nei termini, il còmpito di effettuare una simile verifica.
Entrambe le parti impugnavano la decisione di primo grado dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 7581/2018 del 5 novembre 2018, accoglieva l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE e respingeva quello incidentale dell’COGNOME; per l’effetto, rigettava l’originario ricorso del contribuente.
A fondamento della pronuncia adottata, per quanto in questa sede interessa, il collegio regionale osservava che: – era infondata l’eccezione di inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento sollevata dall’COGNOME, poichè «il destinatario della pretesa erariale aveva avuto piena conoscenza RAGIONE_SOCIALE dell’atto» e risultava dimostrato che l’Ufficio avesse «adempiuto a tutte le formalità stabilite dalla legge, a prescindere dall’effettiva ricezione del provvedimento stesso, contenute nell’art. 60, comma 4, del DPR n. 600/73, introdotto dal D.L. n. 40/2010» ; – doveva, in ogni caso, trovare applicazione il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, «dal momento che il ricorrente (avev) a ammesso di avere avuto conoscenza effettiva dell’atto tramite il ritiro del plico presso la Casa Comunale» ; -d’altro canto, la notifica si era perfezionata per l’Ufficio il 30 dicembre 2014, anteriormente alla scadenza del termine per l’accertamento fissato dall’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973; la motivazione dell’atto impositivo era «senz’altro compiuta, poiché cont (e) ne (va) in dettaglio tutti gli elementi per consentire al contribuente di comprendere che si trattava di dichiarazione infedele» ; – ai fini della soluzione della controversia doveva farsi riferimento alla
previsione recata dall’art. 47, comma 7, del TUIR, «derivando la componente reddituale, compresa nell’importo percepito dal socio uscente, da partecipazione ad uno RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE…, equipara (bile) alle società semplici di persone (non aventi natura commerciale)» ; -il reddito in oggetto, anche alla luce RAGIONE_SOCIALE indicazioni fornite dalla circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 6 -E/2006, andava tassato in capo all’RAGIONE_SOCIALE uscente secondo il principio di competenza e rientrava «a pieno titolo nella tassazione separata, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l) del richiamato TUIR, in quanto tra la data di costituzione dell’associazione e quella del recesso era trascorso più di un quinquennio» .
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, eccependo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per difetto di specificità e autosufficienza.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel temine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. «In limine litis» , va osservato che il ricorso per cassazione proposto dall’AVV_NOTAIO, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE, soddisfa pienamente i requisiti di specificità e autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6) c.p.c., in quanto consente di individuare agevolmente i punti della sentenza impugnata sottoposti a censura e le ragioni per le quali viene chiesta la cassazione della pronuncia resa dalla CTR; nel contempo, in esso è trascritto o altrimenti riportato in sintesi, per le parti che interessano ai fini della decisione, il contenuto RAGIONE_SOCIALE atti richiamati, con l’indicazione della fase processuale in cui ne è avvenuta la produzione e del luogo in cui
sono reperibili.
1.1 Resta ovviamente inteso che eventuali profili di inammissibilità afferenti a uno o più dei motivi di gravame di cui consta il presente ricorso saranno rilevati in sede di scrutinio RAGIONE_SOCIALE singole doglianze.
Tanto premesso, con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, della L. n. 212 del 2000 (statuto del contribuente) e dell’art. 60, commi 1 e 4, del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si assume che avrebbe errato la CTR nel ritenere validamente eseguita la notificazione dell’avviso di accertamento ai sensi dell’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, mediante il deposito dell’atto nella casa comunale di Milano e l’affissione del relativo avviso nell’albo comunale.
2.2 A sostegno della sollevata doglianza viene dedotto quanto segue: fin dal 18 ottobre 2014 l’AVV_NOTAIO aveva trasferito il proprio domicilio fiscale a Lugano, quartiere Pregassona, in Svizzera; – la notificazione nei confronti dei contribuenti non RAGIONE_SOCIALE in Italia può essere eseguita secondo le modalità previste dalla citata norma soltanto in caso di esito negativo della precedente notifica effettuata mediante la spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’A.I.R.E.; – poiché quello notificato al contribuente era un avviso di accertamento esecutivo ex art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. 122 n. del 2010 (cd. atto impoesattivo), andava radicalmente esclusa la possibilità per l’Ufficio di avvalersi della notificazione a mezzo lettera raccomandata a.r.; – doveva comunque ritenersi invalida la notifica eseguita fin dal 22 dicembre 2014 con il rito RAGIONE_SOCIALE irreperibili assoluti di cui all’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. citato, giacchè l’esito negativo della precedente notificazione a mezzo lettera raccomandata non poteva essere conosciuto dall’RAGIONE_SOCIALE prima del 30 dicembre
2014, data in cui l’ufficio postale svizzero aveva attestato il mancato ritiro del piego spedito all’AVV_NOTAIO al suo nuovo domicilio fiscale estero, come ricavabile dal timbro apposto sul relativo avviso di ricevimento.
Con il secondo motivo, pure formulato a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c. e dell’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010.
3.1 Viene rimproverato alla Commissione di secondo grado di aver riconosciuto operante nella concreta fattispecie il principio della sanatoria dei vizi di notificazione per raggiungimento dello scopo, sancito dall’art. 156, ultimo comma, c.p.c., da ritenersi invece inapplicabile nell’ipotesi in cui l’atto notificato sia un avviso di accertamento cd. impoesattivo, esplicante tre diverse funzioni:
(a)quella di atto impositivo;
(b)quella di titolo esecutivo;
(c)quella di precetto.
3.2 Si sostiene che il menzionato principio potrebbe essere tuttalpiù ritenuto applicabile limitatamente alla prima RAGIONE_SOCIALE predette funzioni, ma non anche rispetto alle altre due.
3.3 In ogni caso, ostava alla sanatoria la circostanza che l’COGNOME fosse casualmente venuto a conoscenza dell’atto soltanto il 26 febbraio 2015, dopo il già avvenuto decorso del termine decadenziale stabilito per l’accertamento, spirato il 31 dicembre 2013.
Con il terzo mezzo, parimenti introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è dedotta la falsa applicazione dell’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973.
4.1 Si critica l’impugnata decisione per avere il giudice regionale erroneamente statuito che la notificazione dell’avviso di accertamento si era perfezionata fin dal 30 dicembre 2014, e quindi anteriormente alla scadenza del termine di cui all’art. 43, comma 1,
del D.P.R. n. 600 del 1973, pur apparendo evidente che la stessa era stata eseguita in base a un e che il vizio da cui risultava affetta non poteva essere sanato per raggiungimento dello scopo.
Con il quarto motivo, ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., è prospettata la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 7 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
5.1 Si imputa alla CTR di aver , costituito dal difetto di motivazione dell’avviso di accertamento in discorso.
Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è contestata l’omessa pronuncia del giudice di secondo grado sull’eccezione del contribuente intesa a far valere l’esistenza di un giudicato endoprocessuale asseritamente formatosi su alcuni punti della sentenza di primo grado non specificamente impugnati con l’atto di appello dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con il sesto e il settimo mezzo, entrambi formulati a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la nullità dell’impugnata sentenza per e per .
7.1 Si ascrive alla Commissione di secondo grado di aver apoditticamente definito condivisibili le argomentazioni poste a base del gravame erariale, senza minimamente indicare le ragioni del proprio convincimento.
7.2 Viene, altresì, messo in risalto che il giudice a quo sarebbe incorso in una palese e insanabile contraddizione, essendo pervenuto a conclusioni incoerenti rispetto alla premessa dalla quale era partito, ovvero quella secondo cui la sola componente reddituale compresa nell’indennità di recesso risultava «tassa (bile) in capo al socio uscente secondo il principio di competenza» .
7.3 Lo sviluppo logico del ragionamento da essa condotto avrebbe, infatti, dovuto indurre la CTR ad affermare che la suddetta componente reddituale andava sottoposta a imposizione nell’anno 2007, in cui, per effetto della stipula dell’accordo intercorso fra l’RAGIONE_SOCIALE e lo RAGIONE_SOCIALE, era sorto in capo al contribuente il diritto alla percezione del corrispondente importo monetario.
7.4 Per contro, il collegio regionale ha inspiegabilmente deciso di confermare «in toto» l’atto impositivo, con il quale l’Ufficio aveva applicato il principio di cassa, in luogo di quello di competenza, e ripreso a tassazione l’intero importo della terza rata dell’indennità, senza distinguere la sua componente reddituale da quella di natura patrimoniale, fiscalmente irrilevante.
Con l’ottavo motivo, inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 7 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
8.1 Si addebita alla CTR di aver omesso di pronunciare sui motivi di appello incidentale proposti dal contribuente con i quali erano state contestate all’Ufficio: (a)l’errata determinazione dell’aliquota media d’imposta, RAGIONE_SOCIALE interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni; (b)la non corretta applicazione del metodo di accertamento analitico, stante l’illegittimo disconoscimento della deducibilità di costi per un ammontare complessivo di 4.645,23 euro.
8.2 Viene comunque contestata la correttezza della decisione resa dal giudice d’appello, perché adottata in violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 17, comma 1, lettera l), e 21, comma 1, del TUIR, 1, comma 2, del D. Lgs. n. 471 del 1997, 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997, 10, comma 2 della L. n. 212 del 2000, 38 e 39 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Per ragioni di comodità espositiva conviene procedere allo scrutinio RAGIONE_SOCIALE censure innanzi riassunte seguendo l’impostazione adottata dalla parte ricorrente, la quale, peraltro, appare rispettosa
dell’ordine logico RAGIONE_SOCIALE questioni, considerato che le doglianze mosse con i primi tre motivi, ove accolte, potrebbero condurre già in questa sede (non risultando, all’uopo, necessari ulteriori accertamenti di fatto) alla declaratoria di illegittimità e al conseguente annullamento dell’atto impositivo impugnato, mentre quelle poste a base dei restanti motivi afferiscono a pretesi vizi di nullità della sentenza gravata suscettibili di comportarne la cassazione con rinvio.
9.1 Il primo motivo è infondato e in parte inammissibile.
9.2 Dalla lettura dell’impugnata decisione si ricava che:
-la notificazione dell’avviso di accertamento per cui è causa era stata eseguita ai sensi dell’art. 60, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente a sèguito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate dal D.L. n. 40 del 2010, convertito in L. n. 73 del 2010;
-l’RAGIONE_SOCIALE aveva dato prova «di aver adempiuto a tutte le formalità stabilite dalla legge» ;
-«la notifica si e (ra) perfezionata (il) 30.12.14 per l’Ufficio, cioè otto giorni dopo l’affissione dell’avviso all’Albo» .
9.3 La norma richiamata dalla CTR così recita:
«Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non RAGIONE_SOCIALE è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’RAGIONE_SOCIALE all’estero o a quello della sede RAGIONE_SOCIALE estera risultante dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui
al primo comma, lettera e)».
La lettera e) del comma 1, richiamata dall’ultimo periodo del comma 4, dispone, a sua volta, che «quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione».
9.4 Alla stregua di quanto precede, deve escludersi la sussistenza della denunciata falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di legge invocate dal ricorrente, essendo stato accertato in fatto dal collegio regionale che la notificazione secondo il rito RAGIONE_SOCIALE irreperibili assoluti di cui al comma 1, lettera e), dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 era stata preceduta da quella effettuata dall’Ufficio, con esito negativo, mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera del contribuente rilevato dai registri dell’A.I.R.E., ai sensi del comma 4 del medesimo articolo.
9.5 Né può fondatamente obiettarsi che la notificazione nelle forme previste da quest’ultima disposizione avrebbe dovuto essere preceduta dall’esperimento di ricerche finalizzate ad accertare se il destinatario fosse definitivamente irreperibile.
9.6 È pur vero che, in tema di notificazione RAGIONE_SOCIALE atti impositivi, questa Corte ha costantemente affermato che l’ufficiale giudiziario o il messo notificatore, prima di procedere secondo le modalità semplificate previste dall’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, deve svolgere presso il Comune del domicilio fiscale del destinatario ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente ossia che lo stesso non abbia più l’abitazione né l’ufficio o l’azienda in detto Comune -, in quanto, qualora dovesse risultare una situazione di irreperibilità solo relativa (ricorrente in
caso di temporanea assenza del contribuente dal suo domicilio fiscale e di impossibilità di consegnare l’atto per mancanza, incapacità o rifiuto di persone legittimate alla ricezione: cfr. Cass. n. 2884/2017, Cass. n. 17807/2016, Cass. n. 24260/2014), la notificazione andrebbe, invece, eseguita nell’osservanza RAGIONE_SOCIALE più rigorose disposizioni dettate dall’art. 140 c.p.c. (cfr. Cass. n. 33378/2023, Cass. n. 21522/2022).
9.7 Sennonchè, il surriferito indirizzo giurisprudenziale non si attaglia alle notificazioni eseguite ai sensi dell’art. 60, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, essendo evidente come, nei riguardi di un contribuente residente all’estero e iscritto nei registri dell’A.I.R.E., di nessuna utilità si rivelerebbe l’esperimento di ricerche presso il Comune del suo ultimo domicilio fiscale italiano, al fine di verificare se eventualmente egli abbia mutato l’indirizzo nell’àmbito di quello stesso Comune (cfr. Cass. n. 7994/2023, Cass. n. 25430/2022, Cass n. 2997/2022).
9.8 D’altronde, anche a voler ipotizzare che nel caso di specie eventuali ricerche andassero effettuate in luogo diverso (ad esempio, presso la sede del Consolato italiano), non si vede quale concreto pregiudizio sarebbe potuto derivato al contribuente dall’omissione di un simile adempimento, non avendo l’AVV_NOTAIO mai posto in dubbio che l’indirizzo dove era stata tentata la consegna della raccomandata con avviso di ricevimento (INDIRIZZO ) corrispondesse a quello della sua residenza estera risultante dai registri summenzionati e che nessun mutamento fosse nel frattempo intervenuto.
9.9 Privo di pregio è poi l’assunto secondo cui la notificazione dell’avviso di accertamento cd. impoesattivo non potrebbe essere eseguita a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
9.10 Come, infatti, è stato chiarito da questa Corte in una recente pronuncia (cfr. Cass. n. 12626/2024), alla quale si intende prestare adesione, «l’istituto della sanatoria dei vizi della notificazione in
conseguenza del raggiungimento dello scopo riceve applicazione generalizzata anche nella materia tributaria, pertanto con riferimento alla notificazione dell’avviso di accertamento, atto impositivo, della cartella di pagamento, atto esattivo, ed anche dell’avviso di accertamento esecutivo, cd. atto impoesattivo» .
9.11 Laddove, infine, mira a dimostrare che alla notificazione ex art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973 non si potesse validamente procedere fin dal 22 dicembre 2014, in ragione del fatto che soltanto in data 30 dicembre 2014 sarebbe stato attestato dall’ufficio postale di Lugano l’esito negativo della precedente notifica eseguita mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, il motivo in disamina si appalesa inammissibile, risolvendosi nella non consentita richiesta di una rivalutazione dell’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze documentali operato dalla CTR, la quale, come si è visto, ha accertato che l’Amministrazione Finanziaria era riuscita a «dimostra (re) di avere adempiuto a tutte le formalità stabilite dalla legge… contenute nell’art. 60, comma 4, del DPR n. 600/73, introdotto dal D.L. n. 40/2010» (norma prevedente che le disposizioni di cui al comma 1, lettera e] trovano, per l’appunto, applicazione «in caso di esito negativo della notificazione» prevista dallo stesso comma 4).
10. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di interesse.
10.1 Esso, infatti, investe un’alternativa «ratio decidendi» svolta dal giudice d’appello, il quale, ferma l’accertata validità della notificazione dell’atto impositivo, ha rilevato, in aggiunta, che eventuali vizi della stessa erano comunque da ritenersi sanati per raggiungimento dello scopo, «dal momento che il ricorrente (avev) a ammesso di avere avuto conoscenza effettiva dell’atto tramite il ritiro del plico presso la Casa Comunale…» .
10.2 Nel descritto contesto, va qui ribadita la «regula iuris» secondo la quale, ove la sentenza sia basata su una pluralità di
ragioni, fra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure rivolte contro una RAGIONE_SOCIALE «rationes decidendi» rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, quelle relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto l’eventuale accoglimento di queste ultime non potrebbe comunque condurre alla cassazione della pronuncia impugnata (cfr. Cass. n. 5102/2024, Cass. n. 13002/2022, Cass. n. 26460/2018, Cass. n. 4809/2017).
11. Il terzo mezzo rimane anch’esso travolto dal rigetto del primo, in quanto, a fronte dell’insuperato accertamento compiuto dalla CTR in ordine alla validità della notificazione dell’atto impositivo e al suo intervenuto perfezionamento in data 30 dicembre 2014 ottavo giorno successivo all’affissione dell’avviso di deposito ex art. 140 c.p.c. nell’albo del Comune di Milano, ultimo domicilio fiscale italiano del contribuente-, deve escludersi la dedotta inosservanza del termine ordinario per l’accertamento stabilito dall’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile «ratione temporis» , il quale veniva a scadere il 31 dicembre 2014, essendosi, nella fattispecie in esame, in presenza della rettifica di una dichiarazione presentata nell’anno 2010.
Il quarto motivo è privo di pregio.
12.1 Premesso che la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., risolvendosi nella denuncia di un «error in procedendo» , deve essere correttamente inquadrata nel paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., va osservato che la mancata pronuncia su una censura contenuta nell’atto di appello non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’impugnazione.
12.2 Ne discende che, qualora il vizio sia prospettato come
violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, il motivo è da dichiarare inammissibile (cfr. Cass. n. 16154/2024, Cass. n. 20605/2023, Cass. n. 14140/2021, Cass. n. 6835/2017).
12.3 A prescindere da ciò, deve in ogni caso escludersi la sussistenza della lamentata inosservanza del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, avendo la Commissione regionale statuito sulla doglianza del contribuente riguardante il preteso difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato.
12.4 Si legge, al riguardo, nella sentenza gravata che «la motivazione dell’avviso di accertamento è senz’altro compiuta, poiché contiene in dettaglio tutti gli elementi per consentire al contribuente di comprendere che si trattava di dichiarazione infedele» .
12.5 Né il ricorrente ha contestato la decisione resa sul punto dal giudice di secondo grado sotto il profilo dell’apparenza motivazionale, dovendo, peraltro, tenersi presente che in sede di legittimità è intrinsecamente contraddittoria la contestuale denuncia dei vizi di omessa pronuncia e omessa motivazione, poichè il primo implica una totale mancanza del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce nella violazione dell’art. 112 c.p.c., mentre il secondo presuppone che la questione sia stata esaminata dal giudice, ma dallo stesso risolta senza alcuna motivazione o con motivazione apparente, perplessa o gravemente contraddittoria, e va fatto valere ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. (norma che nel processo tributario trova il suo corrispondente nell’art. 36, comma 2, n. 4] del D. Lgs. n. 546 del 1992: cfr., sull’argomento, Cass. n. 4001/2024, Cass. n. 32957/2023, Cass. n. 25855/2022, Cass. n. 1539/2018).
13. Il quinto motivo è infondato.
13.1 Richiamate le considerazioni svolte nei sottoparagrafi 12.1 e 12.2, giova ricordare che il mancato esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile con riferimento alle sole domande ed eccezioni di merito, ma può dare luogo a un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’ art. 112 c.p.c., se e in quanto si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (cfr. Cass. n. 16289/2024, Cass. n. 11042/2021, Cass. n. 28694/2019, Cass. n. 26234/2017, Cass. n. 321/2016).
13.2 Sotto questo aspetto, il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 329, comma 2, c.p.c., deducendo che la sentenza di primo grado non sarebbe stata specificamente impugnata dall’Ufficio nelle parti in cui aveva statuito che: (1)era stata offerta idonea prova della natura patrimoniale di dall’COGNOME in occasione del suo recesso dallo RAGIONE_SOCIALE ; (2)nell’indennità di recesso era confluita la restituzione di quanto il professionista aveva versato al predetto RAGIONE_SOCIALE ; (3)i forniti dal contribuente non erano stati contestati dall’Amministrazione Finanziaria.
13.3 La lagnanza è inconsistente, in quanto il giudicato interno non si determina sul fatto, bensì su una statuizione minima della sentenza costituita dalla sequenza logica fatto-norma-effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’àmbito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo a uno soltanto RAGIONE_SOCIALE elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (cfr. Cass. n. 30728/2022, Cass. n.
12346/2021, Cass. n. 10760/2019, Cass. n. 12202/2017).
13.4 Orbene, dallo stesso ricorso per cassazione (pagg. 22-23) risulta che con l’atto di appello l’RAGIONE_SOCIALE aveva insistito nel sostenere dell’atto impositivo impugnato, così rimettendo in discussione gli accertamenti di fatto compiuti dal primo giudice in ordine alle questioni risolte in senso favorevole al contribuente ed evitando che sul punto si formasse il giudicato interno.
13.5 Del resto, non va dimenticato che nel processo tributario l’onere di impugnazione specifica stabilito dall’art. 53, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, norma speciale rispetto all’art. 342, comma 1, c.p.c., è da ritenere assolto ove l’Amministrazione Finanziaria, in contrapposizione alle argomentazioni svolte dalla sentenza gravata, si limiti a ribadire in appello le stesse ragioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotte in primo grado, in quanto da essa considerate idonee a dimostrare la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato (cfr. Cass. n. 5122/2024, Cass. n. 10673/2022, Cass. n. 17758/2019, Cass. n. 28390/2018).
14. Il sesto e il settimo motivo possono essere scrutinati insieme perché intimamente connessi, in quanto entrambi volti a denunciare la nullità della sentenza per grave difetto motivazionale.
14.1 Essi sono fondati.
14.2 Deve rammentarsi che, a sèguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai da ritenere ristretto alla sola verifica dell’inosservanza del cd. «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c., norma che nel processo tributario trova il suo corrispondente nell’art. 36,
comma 2, n. 4), del D. Lgs. n. 546 del 1992- di «mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili» e di motivazione «perplessa od incomprensibile» o «apparente», esclusa qualunque rilevanza del suo semplice difetto di «sufficienza».
Per produrre il descritto effetto invalidante l’anomalia motivazionale deve emergere dal testo della sentenza medesima, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis , Cass. n. 20598/2023, Cass. n. 20329/2023, Cass. n. 3799/2023, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022, Cass. Sez. Un. n. 32000/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 24395/2020, Cass. Sez. Un. n. 23746/2020, Cass. n. 12241/2020, Cass. Sez. Un. n. 17564/2019, Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. Sez. Un. 8053/2014).
14.3 In particolare, si definisce «apparente» la motivazione che, sebbene riconoscibile sotto il profilo materiale e grafico come parte del documento contenente il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, risultando obiettivamente inidonea a far conoscere l’iter logico seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2767/2023, Cass. n. 6758/2022, Cass. n. 13977/2019, Cass. Sez. Un. n. 22232/2016, Cass. Sez. Un. n. 16599/2016).
14.4 Chiarito quanto sopra, dalla stessa lettura della sentenza qui in esame (pag. 2) si ricava che la CTP di Roma, in parziale accoglimento del ricorso proposto dall’COGNOME, aveva statuito che: (1)l’indennità di recesso a lui dovuta dallo RAGIONE_SOCIALE in virtù dell’accordo del 21 dicembre 2007, determinata in complessivi 3.400.000 euro, dovesse ritenersi assoggettabile a imposizione per la sola parte avente natura reddituale; (2)tale componente reddituale non potesse superare il limite di 181.857,42 euro, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 13 dello statuto dell’associazione
professionale; (3)qualora il relativo termine non fosse ancòra spirato, l’Ufficio avrebbe dovuto accertare se una quota del residuo importo di 3.218.142,58 euro (pari alla differenza fra 3.400.000 e 181.857,42 euro) costituisse utile da partecipazione tassabile ai sensi dell’art. 47, comma 7, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
14.5 In riforma della decisione di prime cure, la CTR ha confermato integralmente l’atto impositivo impugnato, sulla scorta dei seguenti rilievi: «Nel caso in questione, concernente l’IRPEF 2009, non è applicabile l’art. 20 bis del DPR n. 917/1986, introdotto dal Decreto Leg.vo n. 247 del 19.11.05, bensì occorre far riferimento all’art. 47, comma 7, del TUIR, derivando la componente reddituale, compresa nell’importo percepito dal socio uscente, da partecipazione ad uno RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; questo va equiparato alle società semplici di persone (non aventi natura commerciale), mentre il reddito imputabile ai singoli partecipanti non può essere qualificato reddito di impresa (art. 5, comma 3, lett. c) TUIR) e va tassato in capo al socio uscente secondo il principio di competenza che sottende alla determinazione del reddito (circolare RAGIONE_SOCIALE entrate n. 6/2006). È dunque evidente che la somma recuperata a tassazione ha natura di ‘indennità di recesso’, rientrando a pieno titolo nella tassazione separata, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l) del richiamato TUIR, in quanto tra la data di costituzione dell’associazione e quella del recesso era trascorso più di un quinquennio. Dalle argomentazioni innanzi esposte consegue che l’appello incidentale del contribuente non merita accoglimento, mentre sono da condividersi le ragioni contenute nell’appello principale» .
14.6 La motivazione della sentenza si risolve in una sequenza di enunciati apodittici, fra loro slegati e privi di ogni concreto riferimento alle censure rivolte da ambo le parti alla pronuncia di primo grado, oltre che, in taluni punti, palesemente illogici e insanabilmente contraddittori.
14.7 Invero:
-si premette che «non è applicabile l’art. 20 -bis del DPR n. 917/1986» (rubricato «Redditi dei soci RAGIONE_SOCIALE società personali in caso di recesso, esclusione, riduzione del capitale e liquidazione»), ma sùbito dopo si soggiunge che «occorre fare riferimento all’art. 47, comma 7, del TUIR» , norma espressamente richiamata dallo stesso art. 20bis («Ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli eredi, di cui all’articolo 17, comma 1, lettera l], si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 47, comma 7, indipendentemente dall’applicabilità della tassazione separata»);
-si afferma che la norma di riferimento è da individuare nel menzionato art. 47, comma 7, del TUIR, secondo cui costituiscono utili da partecipazione le somme ricevute dai soci in caso di recesso «per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALE azioni o quote annullate»; eppure, non viene affatto spiegato perché, diversamente da quanto statuito dal primo giudice, la terza rata debba essere ripresa a tassazione nella sua integralità, la qual cosa condurrebbe, in applicazione del medesimo criterio, a ritenere assoggettabile a imposizione l’intero importo dell’indennità di recesso;
-dapprima si sostiene che il reddito in parola andava «tassato in capo al socio uscente secondo il principio di competenza» , e quindi nel periodo d’imposta in cui era maturato il credito (ovvero nel 2007, anno nel quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva esercitato il recesso dall’associazione professionale, acquisendo il diritto alla corresponsione della relativa indennità); poi, però, in modo del tutto incoerente, si perviene alla conclusione di confermare «in toto» l’impugnato avviso di accertamento con il quale era stata fatta applicazione dell’opposto principio di cassa, avendo l’Ufficio recuperato a tassazione somme asseritamente percepite dal
contribuente nell’anno 2009;
-si sottolinea che «la somma recuperata a tassazione … rientra a pieno titolo nella tassazione separata di cui all’art. 17, comma 1, lett. l), del… TUIR» , a mente del quale l’imposta si applica separatamente sui «redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci RAGIONE_SOCIALE società indicate nell’art. 5 nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale o agli eredi in caso di morte del socio (…), se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso o dell’esclusione, la deliberazione di riduzione del capitale, la morte del socio o l’inizio della liquidazione è superiore a 5 anni»; tuttavia, non si chiarisce minimamente per quale ragione la componente reddituale tassabile sia stata considerata pari all’intero importo della terza rata dell’indennità di recesso, ammontante a un milione di euro, quando invece il primo giudice, in dichiarata applicazione della formula matematica contemplata dall’art. 13 dello statuto dell’associazione professionale, aveva quantificato detta componente nella misura di 181.857,42 euro su un totale di 3.400.000 euro, riservando all’Ufficio, ove ancora nei termini, il còmpito di verificare se nella residua somma di 3.218.142,58 euro fossero compresi eventuali utili da partecipazione ex art. 47, comma 7, del TUIR.
14.8 Le evidenziate gravi carenze motivazionali non consentono alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice di merito, caratterizzato da un percorso argomentativo oscuro e insondabile e a tratti intrinsecamente e manifestamente contraddittorio.
14.9 L’impugnata sentenza risulta, pertanto, affetta da nullità, essendo corredata di una motivazione che si colloca al di sotto del «minimo costituzionale».
L’ottavo motivo, con il quale viene anche denunciata la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 17, comma
1, lettera l] e 21, comma 1, del TUIR, 1, comma 2, del D. Lgs. n. 471 del 1997, 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997, 10, comma 2, della L. n. 212 del 2000, 38 e 39 del D.P.R. n. 600 del 1973), rimane assorbito dall’accoglimento dei due precedenti, riguardando questioni che dovranno essere all’occorrenza riesaminate in sede di rinvio, in caso di accertata legittimità, quantomeno parziale, della pretesa impositiva erariale.
Tirando le fila del discorso fin qui condotto, vanno respinti i primi cinque motivi di ricorso e accolti il sesto e il settimo, con assorbimento dell’ottavo.
16.1 Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza gravata, nei limiti precisati, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia fornendo congrua motivazione e uniformandosi a quanto statuito con la presente decisione.
16.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto e il settimo motivo di ricorso, assorbito l’ottavo, respinti i restanti; cassa l’impugnata sentenza, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione