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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

Una società impugna un avviso di accertamento per la tassa rifiuti. La Corte d’Appello respinge le sue doglianze con una motivazione generica. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ritenendola viziata da ‘motivazione apparente’, in quanto il giudice di secondo grado non ha esaminato nel merito le specifiche questioni sollevate (come la natura dei rifiuti e la superficie tassabile), limitandosi ad affermazioni di principio. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: La Sentenza è Nulla se il Giudice non Spiega Perché

Il diritto a una decisione giusta passa anche attraverso il diritto a capire perché quella decisione è stata presa. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: una sentenza è nulla se la sua giustificazione è solo di facciata. Analizziamo il caso per comprendere il concetto di motivazione apparente e le sue importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Una Controversia sulla Tassa Rifiuti

La vicenda nasce dall’impugnazione, da parte di una società, di un avviso di accertamento relativo alla tassa sui rifiuti per diverse annualità. La società contribuente sollevava specifiche contestazioni, tra cui la natura dei rifiuti prodotti (speciali e non urbani) e l’errata determinazione della superficie tassabile.

Il ricorso veniva parzialmente accolto in primo grado, ma la decisione era ribaltata in appello. I giudici di secondo grado, infatti, respingevano le ragioni della società affermando che le sue contestazioni erano ‘generiche e del tutto indimostrate’ e che il calcolo dell’imposta era corretto. Una conclusione netta, ma priva di un’analisi dettagliata delle prove e delle argomentazioni portate dalla contribuente.

Il Ricorso in Cassazione e la Contestazione sulla Motivazione Apparente

Contro la sentenza d’appello, la società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i vari motivi, proprio la carenza e l’apparenza della motivazione. In sostanza, si contestava al collegio d’appello di non aver realmente esaminato le questioni di fatto e di diritto sottoposte al suo giudizio. Il provvedimento si limitava a un’affermazione di principio, senza spiegare perché le prove fornite non fossero valide o perché i calcoli del Comune fossero corretti.

Questo vizio, noto come motivazione apparente, si verifica quando la sentenza, pur contenendo una parte dedicata alle ‘motivazioni’, la redige in modo talmente generico, astratto o stereotipato da non permettere di comprendere l’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione. È una motivazione che esiste sulla carta, ma è vuota di contenuto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri. Secondo gli Ermellini, la sentenza impugnata era ‘del tutto apodittica’. Essa si era limitata ad affermare la genericità delle contestazioni della contribuente e la correttezza del calcolo dell’imposta senza, tuttavia, esaminare le specifiche questioni poste.

Più precisamente, la Corte ha rilevato che i giudici d’appello non avevano effettuato alcun accertamento o ricostruzione dei fatti cruciali, come:

* La tipologia di rifiuti effettivamente prodotti nei locali dell’azienda.
* L’effettiva estensione della superficie da tassare.
* L’esistenza o meno di una precedente denuncia da parte della società.

La sentenza d’appello, quindi, non consentiva di comprendere in alcun modo le ragioni della decisione. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: ricorre il vizio di motivazione apparente quando il provvedimento, ‘benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice’.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame.

Questa ordinanza è un monito importante: il dovere di motivazione non è un mero adempimento formale, ma un presidio fondamentale del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del principio del giusto processo (art. 111 Cost.). Un giudice non può liquidare le argomentazioni di una parte con formule di stile o affermazioni generiche. Deve entrare nel merito delle questioni, analizzare le prove, confutare le tesi e spiegare in modo chiaro e comprensibile perché ha deciso in un certo modo. Una decisione priva di un solido e percepibile fondamento logico-giuridico è, a tutti gli effetti, una non-decisione e, come tale, deve essere annullata.

Quando una motivazione di una sentenza si definisce ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo presente nel testo della sentenza, è formulata in modo così generico, astratto, contraddittorio o stereotipato da non rendere comprensibile il percorso logico e giuridico seguito dal giudice per arrivare alla decisione. In pratica, è una motivazione vuota di contenuto effettivo.

Qual è la conseguenza di una sentenza con motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità della sentenza. Come stabilito dalla Corte di Cassazione in questo caso, un provvedimento viziato da motivazione apparente deve essere annullato (‘cassato’) e il processo deve tornare al giudice del grado precedente per essere deciso nuovamente.

Perché il giudice d’appello ha sbagliato in questo caso specifico?
Il giudice d’appello ha sbagliato perché ha respinto le contestazioni della società contribuente definendole ‘generiche e indimostrate’ senza però analizzare le specifiche questioni di fatto e di diritto sollevate. Non ha effettuato alcuna ricostruzione dei fatti (es. sul tipo di rifiuti o sulla superficie) né ha fornito una specifica argomentazione giuridica, limitandosi a un’affermazione apodittica che ha reso la sua motivazione meramente apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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