Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23516 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23516 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’ AVV_NOTAIO, che ha indicato recapito EMAIL, avendo la società dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 951, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, il 15.12.2015, e pubblicata il 24.5.2016;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
OGGETTO: Ires ed Iva 2003 – Avviso di accertamento – Costi ritenuti non deducibili – Giudizio di rinvio.
Fatti di causa
L’RAGIONE_SOCIALE, a seguito di verifica fiscale terminata con la redazione di Processo Verbale di Costatazione, notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con riferimento all’anno 2003, contestando con unico rilievo la indeducibilità dei costi che la società affermava di aver sostenuto in relazione ad una prestazione di consulenza fornita da NOME COGNOME, dipendente di società estera partecipata, ‘che secondo l’Ufficio dissimulava un indebito pagamento’ (ric., p. 2).
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, censurando che gli oneri contestati risultavano deducibili. La CTP riteneva fondate le contestazioni della contribuente, e pertanto annullava l’avviso di accertamento.
Avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio spiegava appello l’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno. La CTR rigettava il gravame dell’RAGIONE_SOCIALE, confermando la decisione adottata dalla CTP.
L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia sfavorevole conseguita dalla CTR. Il Giudice di legittimità accoglieva il ricorso e cassava con rinvio la decisione impugnata.
La società riassumeva il giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, sempre domandando l’annullamento dell’avviso di accertamento. La CTR accoglieva l’impugnazione ed annullava l’atto impositivo.
L’Ente impositore ha proposto nuovo ricorso per cassazione, avverso la seconda decisione adottata dal giudice dell’appello, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso la contribuente.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., e dell’art. 62 del D.Lgs n. 546 del 1992, per non avere il giudice del rinvio assolto al compito che gli era stato demandato, statuendo nuovamente l’annullamento dell’atto impositivo, ma pronunciandosi con una motivazione meramente apparente, che non tiene in considerazione il contenuto della decisione del Giudice di legittimità.
Mediante il secondo strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria censura la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione dell’art. 36, primo comma, nn. 2 e 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice dell’appello annullato l’atto impositivo senza neppure esaminare le contestazioni proposte, esprimendosi con una motivazione puramente apparente.
I motivi di ricorso presentano ragioni di connessione, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di sintesi e di chiarezza espositiva. Sembra opportuno ribadire che, con l’unico rilievo (controric., p. 2), l’Amministrazione finanziaria ha contestato la deducibilità dei costi attinenti ad una consulenza relativa ai modelli di orologio maggiormente adatti al mercato americano, che la società afferma essere stata commissionata a NOME COGNOME, dipendente di società estera partecipata, il quale l’avrebbe regolarmente svolta e fatturata, ed è stato retribuito con bonifico. L’Ente impositore contesta però l’imputazione del pagamento, che trae origine da un complesso rapporto articolato su più contratti stipulati dalle parti.
La controricorrente ha replicato affermando anche l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria secondo cui il giudice dell’appello non si sarebbe
adeguato ai principi di diritto indicati dalla Suprema Corte, mentre in realtà quest’ultima, nel disporre il rinvio, non ha espresso ‘uno schema logico a cui il giudice di rinvio avrebbe dovuto attenersi’ (controric., p. 7). In realtà questa Corte regolatrice si è espressa con chiarezza nella decisione impugnata, e la CTR ha trascurato le ben comprensibili indicazioni somministratele.
4.1. Osservava questa Corte regolatrice che la prima decisione della CTR si rivelava inadeguata. Ha chiarito infatti come costituisca ‘ ius receptum che il vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censurabile in sede di legittimità, sussiste qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga l’obliterazione di elementi che avrebbero potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (di recente, ad ulteriore conferma dell’orientamento consolidato, S.U. n. 24148 del 25/10/2013). Nel caso di specie – a fronte del fatto decisivo, nell’accezione rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituito dalla prova (incombente sulla Società) che l’operazione, oggetto di rilievo, fosse reale e non fittizia (ovvero costo non inerente come, al contrario, ritenuto con l’atto impugnato) – la sentenza impugnata è sostanzialmente basata sulle argomentazioni che la fattura, relativa al costo ritenuto non inerente, era stata pagata e che gli elementi addotti dall’Ufficio a sostegno della fittizietà dell’operazione “provassero troppo” atteso che le parti contraenti non avevano alcun motivo di prevedere necessariamente una retribuzione di 180.000 in favore del RAGIONE_SOCIALE, accollandone una parte alla RAGIONE_SOCIALE Laddove avessero voluto far ricadere parte del costo dell’operato del RAGIONE_SOCIALE sulla società italiana era sufficiente prevedere una retribuzione di
150.000 a carico della società americana e poi stipulare il contratto di consulenza senza esporsi alle illazioni dell’Ufficio.
La motivazione, così argomentata, si risolve in una petizione di principio di insufficiente contenuto argomentativo, laddove non tiene conto degli elementi fattuali, considerati nel loro complesso, portati dall’Ufficio (quali, a seguito dell’acquisizione di pacchetto azionario della RAGIONE_SOCIALE, la stipula di contratti “parasociali” ed, in particolare del c.d. Master Agreement) al fine di ritenere il costo in esame non deducibile perché fittiziamente creato e che, ove congruamente valutati, avrebbero potuto, in tesi, condurre ad una diversa soluzione della controversia alla luce del principio pacifico per cui grava sul contribuente l’onere della prova dei fatti che danno luogo a oneri o costi deducibili’ (Cass. sez. V, 30.7.2014, n. 17301).
4.1.1. In sostanza questa Corte aveva evidenziato come la prospettazione offerta dal contribuente, basata sul pagamento della fattura per la prestazione professionale, apparisse insufficiente, a fronte di una pluralità di elementi offerti dall’Amministrazione finanziaria che però il giudice dell’appello non aveva adeguatamente valutato, né singolarmente né complessivamente.
4.2. A fronte di queste chiare indicazioni fornite dal giudice del rinvio, la CTR non solo ha motivato la propria decisione, quasi per intero, proponendo il proprio giudizio in relazione a quattro rilievi non contestati nell’accertamento per cui è causa (attinenti a diverso anno d’imposta, il 2002), ma non ha rinnovato il giudizio sul rilievo che è oggetto di questo giudizio tenendo conto RAGIONE_SOCIALE considerazioni proposte dal giudice del rinvio.
La CTR, infatti, si limita a scrivere che ‘Quanto agli altri due rilievi Questa Commissione ritiene che nell’Atto di Appello dell’Ufficio non si riscontrino motivi che possano far propendere in una rivisitazione in merito ed in diritto della sentenza di primo grado’ (sent. CTR, p. 3), e basta.
Il giudice dell’appello, pertanto, non ha rinnovato, e questo era il suo compito, il giudizio sulla fondatezza dell’unico rilievo, risultando insufficiente la mera produzione della fattura relativa alla prestazione che assume di aver ricevuto la società, e non esaminando specificamente, ciascuno e nel loro complesso, gli elementi offerti dall’Amministrazione finanziaria, ma ha anche ritenuto di poter motivare la propria scelta limitandosi ad operare un acritico riferimento alla pronuncia di primo grado, che non ha avuto cura di riprodurre neppure in sintesi, senza evidenziare il preteso fondamento di quella decisione anche in considerazione di quanto statuito da questa Corte nel disporre il giudizio di rinvio.
4.3. La motivazione proposta dal giudice dell’appello risulta allora meramente apparente, ed il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria deve in conseguenza essere accolto, cassandosi la decisione impugnata con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, sezione staccata di Livorno, perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE , cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, sezione staccata di Livorno perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 20.6.2024.