Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20378 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20378 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22686/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, in INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME , elettivamente domiciliato in Roma, in INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, n. 379/4/21, pronunciata il 5.11.2020, depositata il giorno 1 febbraio 2021;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 23 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso del 5 marzo 2015, NOME COGNOME, commerciante di abbigliamento, impugnò previa infruttuosa procedura di adesione, l’avviso di accertamento per il 2009, notificatogli il 13 ottobre 2014 e scaturito dal raffronto della dichiarazione con la documentazione esibita in esito al questionario inviato alla parte dopo la segnalazione di anomalie fiscali, relative ad incoerenze nella gestione del magazzino.
Nella sostanza si verificò l’esistenza di anomalie, per i due anni di riferimento, che comportarono l’accertamento, in base alle quali la composizione RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali come dichiarata nello studio di settore compilato dalla parte (merci acquistate per l’80% nell’anno in esame -rigo D52 -per il 15% in quello precedente -rigo D53 -e per il 5% due anni prima -rigo D54) doveva essere rivista alla luce della documentazione prodotta, con emersione di vendite in nero di merce del costo di Euro 69.169,35, e conseguenti maggiori ricavi per euro 152.864,26, risultanti dall’applicazione del ricarico medio previsto dallo studio di settore (121% ben più favorevole del ricarico del 555% dichiarato dalla parte e ritenuto incoerente dall’Ufficio).
Si determinò così un maggiore reddito di euro 89.694.00 su cui si liquidarono imposte, interessi e sanzioni.
Il giudice di prime cure accolse il ricorso del contribuente e la decisione venne impugnata dall’agenzia che appellandola evidenziò l’inconferenza degli assunti del primo giudice fondati su ‘meri dati emersi dalla dichiarazione e dalla compilazione dello studio’ e ribadì ‘l’enormità di un ricarico del 555% estremamente lontano da quello medio del settore (121%), risultante dal raffronto tra il costo del venuto di E 37.626,00 e i ricavi di E 245.440,00 come pure l’anomalia
RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali per E 320.511,00 che coprivano per intero gli acquisti dell’anno’.
2.Il giudice di seconde cure confermò la decisione affermando che ‘le anomalie riscontrate dall’ufficio accertante, si basano unicamente su un’anomalia di calcolo del costo del venduto, tenuto conto della percentuale media di ricarico dello studio di settore, che ha portato l’ufficio a constatare rimanenze finali inferiori a quelle dichiarate e che lo ha portato a sottoporre a tassazione una quota di merce considerata venduta nell’anno (pag. 7 dell’avviso di accertamento). Queste considerazioni, nonché il relativo calcolo, oltre ad essere oltremodo astrusi e complicati non si basano su prove certe e concordanti. Tra la documentazione prodotta dal ricorrente in sede di accertamento con adesione vi era l’inventario RAGIONE_SOCIALE merci al 31/12/200. La documentazione non è stata presa in considerazione. Solo attraverso un’analisi RAGIONE_SOCIALE merci rimanenti al 21/12/2009 comparandola con gli acquisti, le vendite e le rimanenze degli anni successivi nonché con un controllo materiale del magazzino, l’ufficio avrebbe potuto dimostrare quanto dichiarato e non provato nell’avviso di accertamento’.
3.Ricorre l’RAGIONE_SOCIALE avverso la prefata decisione con 2 motivi. Il contribuente resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.) per essere nulla la sentenza per motivazione apparente atteso che i calcoli dell’agenzia sarebbero ‘oltremodo astrusi e complicati’.
2.Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 39, comma 1, lett. C, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697, 2709 e 2727 c.c.
3.I motivi sono entrambi fondati e stante l’intima connessione possono essere trattati congiuntamente.
Ricorre, invero, il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. n. 6758 del 2022; Cass. n. 13977 del 2019).
La motivazione è peraltro apparente, in quanto carente del giudizio di fatto, quando è basata su una affermazione generale e astratta, con totale obliterazione RAGIONE_SOCIALE circostanze del caso concreto e dunque inidoneità ai fini della comprensione della ratio decidendi (Cass. n. 4166 del 2024).
Nella specie il giudice di merito ha affermato in modo del tutto generico, anche alla luce RAGIONE_SOCIALE specifiche osservazioni dell’RAGIONE_SOCIALE che ‘queste considerazioni, nonché il relativo calcolo, oltre ad essere oltremodo astrusi e complicati non si basano su prove certe e concordanti. Tra la documentazione prodotta dal ricorrente in sede di accertamento con adesione vi era l’inventario RAGIONE_SOCIALE merci al 31/12/200. La documentazione non è stata presa in considerazione. Solo attraverso un’analisi RAGIONE_SOCIALE merci rimanenti al 21/12/2009 comparandola con gli acquisti, le vendite e le rimanenze degli anni successivi nonché con un controllo materiale del magazzino, l’ufficio avrebbe potuto dimostrare quanto dichiarato e non provato nell’avviso di accertamento’.
La sentenza impugnata non rispetta, in conclusione, il cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., alla luce RAGIONE_SOCIALE
generiche affermazioni in essa contenute così non rendendosi comprensibile l’iter logico argomentativo del giudice di merito.
Sotto altro profilo infine la sentenza invertendo l’onere della prova, ponendolo a carico dell’RAGIONE_SOCIALE, è incorsa nella violazione dell’art. 2697 c.c. atteso che in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) la prova grava sul contribuente (Cass. n.34996 del 2022).
Ne consegue l’accoglimento del ricorso con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria della Calabria anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024