LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione tributaria regionale che confermava il diritto di un contribuente a un rimborso IRPEF. Il motivo dell’annullamento risiede nella motivazione apparente del giudice d’appello, il quale si era limitato a definire la decisione di primo grado come ‘pienamente condivisibile’ senza analizzare criticamente le censure mosse dall’Agenzia delle Entrate. La Corte ha ribadito che la motivazione ‘per relationem’ è valida solo se il giudice dimostra di aver autonomamente valutato il caso e risposto specificamente ai motivi d’appello. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione apparente: quando una sentenza è nulla?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 15978/2024 offre un importante chiarimento sul vizio di motivazione apparente, un difetto che può portare alla nullità di una sentenza. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando una decisione di secondo grado perché il giudice si era limitato a confermare la sentenza precedente senza un’analisi critica e specifica dei motivi d’appello. Questo caso sottolinea un principio fondamentale del nostro ordinamento: ogni decisione giurisdizionale deve essere sorretta da un ragionamento comprensibile e completo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un contribuente di ottenere il rimborso di una maggiore imposta IRPEF versata su una prestazione in forma capitale, ricevuta da un fondo pensione aziendale al momento della cessazione del rapporto di lavoro. A fronte del silenzio-rifiuto dell’amministrazione finanziaria, il contribuente aveva adito la Commissione Tributaria Provinciale, che ne aveva accolto le ragioni.

L’Agenzia delle Entrate aveva impugnato tale decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima, tuttavia, aveva respinto l’appello con una motivazione estremamente sintetica, affermando che la sentenza di primo grado fosse ‘pienamente condivisibile’ e che dalla documentazione prodotta emergesse ‘chiaramente’ la fondatezza della pretesa del contribuente. Insoddisfatta, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte sulla motivazione apparente

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso dell’Agenzia, incentrato sulla nullità della sentenza per omessa/apparente motivazione. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo graficamente esistente, non permette di comprendere il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione.

La Tecnica della Motivazione ‘per Relationem’

La Corte ha specificato che il ricorso alla motivazione per relationem (cioè per rinvio a un altro atto, come la sentenza di primo grado) è legittimo, ma a condizioni precise. Non basta affermare di condividere la decisione precedente. Il giudice d’appello ha l’obbligo di dimostrare di aver effettuato un’autonoma valutazione critica e, soprattutto, di aver esaminato e risposto in modo puntuale ai motivi di impugnazione proposti.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale si era limitata a formule generiche e apodittiche, senza dare conto delle censure specifiche mosse dall’Agenzia. Tale approccio, secondo la Cassazione, non consente di verificare se il giudice d’appello abbia effettivamente considerato le argomentazioni della parte appellante, violando così il diritto a una decisione motivata.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la laconicità della motivazione della sentenza impugnata impedisce di appurare se alla condivisione della decisione di primo grado si sia giunti attraverso un vero esame delle censure. Il giudice di appello non può sottrarsi al suo dovere di esplicitare le ragioni della conferma, soprattutto quando vengono sollevati specifici motivi di gravame. Affermazioni generiche come ‘pienamente condivisibile’ o ‘emerge chiaramente’ svuotano di contenuto l’obbligo di motivazione, rendendola, di fatto, solo apparente e, quindi, nulla. L’accoglimento di questo primo motivo ha determinato l’assorbimento del secondo, relativo all’omesso esame di un fatto decisivo (un accordo sindacale sull’incrocio contributivo), che non è stato quindi analizzato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito per i giudici di merito sull’importanza di redigere motivazioni complete ed esaustive. Per le parti in causa, conferma il diritto a ottenere una risposta giurisdizionale che non sia solo un formale atto di adesione a una decisione precedente, ma il risultato di un’analisi ponderata e critica di tutte le argomentazioni difensive. La Corte di Cassazione ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, che dovrà riesaminare l’appello dell’Agenzia delle Entrate, questa volta fornendo una motivazione che rispetti i canoni di chiarezza e completezza richiesti dalla legge.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Una motivazione è considerata ‘apparente’, e quindi causa di nullità della sentenza, quando, pur essendo presente nel testo, non rende percepibile il fondamento della decisione. Ciò accade se contiene argomentazioni generiche, tautologiche o inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice.

È valido per un giudice d’appello motivare una sentenza semplicemente confermando quella di primo grado?
Sì, è una tecnica valida (detta ‘motivazione per relationem’), ma a condizione che il giudice d’appello dimostri di aver compiuto un’autonoma valutazione critica della decisione impugnata e, soprattutto, che espliciti le ragioni della conferma rispondendo in modo specifico ai motivi di appello proposti.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione accoglie un ricorso e cassa la sentenza?
In questo caso, la Corte ha ‘cassato con rinvio’. Ciò significa che ha annullato la sentenza della Commissione tributaria regionale e ha ordinato che il processo d’appello sia celebrato nuovamente davanti alla stessa Commissione, ma con un collegio di giudici diverso, che dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati