Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14731 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5128/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA-MILANO n. 4553/2018 depositata il 26/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe emerge che, a seguito RAGIONE_SOCIALE risultanze dell’attività di Polizia Giudiziaria svolta nell’ambito del procedimento penale n. R.G.N.R. 1491/2011 mod. 21 presso la Procura della Repubblica di Milano nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME ed altri per reati ex artt. 2 e 8 D.Lgs. n. 74 del 2000, l’Ufficio procedeva al controllo di varie società e all’emissione di numerosi atti impositivi.
Con riferimento al COGNOME, l’Ufficio emetteva, tra gli altri, l’atto di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, oggetto del presente giudizio, per IRPEF, relativamente agli anni dal 2008 al 2012, per aver detenuto all’estero, in Paesi cd. a fiscalità privilegiata, i proventi personali conseguenti all’attività della pluralità di società coinvolte nella frode in violazione del monitoraggio fiscale.
Il COGNOME proponeva ricorso chiedendo l’annullamento dell’atto di contestazione per violazione del contraddittorio ex art. 12 st. contr., difetto di motivazione in violazione dell’art. 7 st. contr. e violazione dell’onere della prova ex art. 2697 cod. civ.
L’adita CTP di Milano con la sentenza n. 1293/35/2016 accoglieva il ricorso, annullando l’atto di contestazione.
Avverso la sentenza della CTP produceva appello l’Ufficio.
S i costituiva il COGNOME depositando atto di controdeduzioni e proponendo a sua volta appello incidentale.
La CTR della Lombardia, con la sentenza n. 4553/20/18 in epigrafe, rigettava l’appello dell’Ufficio, assorbendo quello incidentale del COGNOME, ritenendo che l’atto dell’Ufficio fosse inconferente rispetto al contenuto della sentenza di primo grado.
In particolare, nella lunga ed articolata motivazione, la CTR:
-rilevava che il COGNOME, insieme al COGNOME, aveva ideato un complesso meccanismo di società ‘off shore’ finalizzato a sterilizzare fiscalmente in Italia i proventi dell’attività di consulenza di quest’ultimo, occultandoli
all’estero, secondo lo schema ricostruito nel procedimento penale conclusosi con sentenza di patteggiamento passata in giudicato nei confronti di entrambi;
sintetizzava lo schema di cui si tratta, evidenziando il ruolo RAGIONE_SOCIALE società cartiere e di quelle operative, le quali ultime evadevano le imposte sui redditi e l’IVA mediante l’esposizione di costi fittizi;
-specificava che, a termini della sentenza penale, ‘i proventi illeciti erano poi ripartiti fra gli ideatori e beneficiari della frode, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella misura rispettivamente dell’80% e del·20%’, dando detta sentenza altresì atto che il COGNOME ‘ha tempestivamente assolto il debito tributario, risarcendo il danno con riferimento ai titoli di reato in contestazione idonei a produrre un danno tributario immediato e diretto, e ha prestato acquiescenza agli avvisi di accertamento notificatigli, inerenti le società operative di primo livello’, con la precisione, tuttavia, ‘che ‘non rilevano in questa sede eventuali ulteriori addebiti che l’RAGIONE_SOCIALE ritenga accertati a carico dei medesimi imputati, e per i quali siano stati notificati corrispondenti avvisi, ma che non rientrano nel quadro dei fatti qui penalmente significativi”;
-puntualizzava che ‘l’Ufficio aveva comunque proceduto, in relazione alle varie annualità, all’emissione di una serie di avvisi di accertamento con cui richiedeva ai soci RAGIONE_SOCIALE società e al COGNOME NOME nella sua qualità di amministratore di fatto il pagamento RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte IRPEF e IRAP, sanzioni e interessi, conseguenti al maggior reddito accertabile e al maggior valore della produzione netta; di avvisi di accertamento di responsabilità, quale socio occulto RAGIONE_SOCIALE società cancellate, per il recupero del 20% di imposte e sanzioni non più
richiedibili alle società estinte; al recupero dell’IVA portata in detrazione relativa alle fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, e all’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni; all’emissione di atti di contestazione, riferibili alle varie società, con cui gli irrogava la sanzione del 25% di cui all’art. 8, co. 3, L. 44/2012 e sanzioni per violazioni in materia di monitoraggio fiscale; e ancora, avvisi di accertamento, ai fini IRFEF e ai· fini dell’imposta sostitutiva, di maggior imponibile.
Indi, ‘ venendo all’esame della controversia negli stretti termini definiti dal contenuto dell’atto impositivo’, la CTR,
– riassumeva la sentenza innanzi a sé appellata, nella quale, ‘dopo aver richiamato che nella sentenza ex art 444 c.p.p. di applicazione della pena si dà atto ‘che il risarcimento del danno in favore dell’erario o pagamento del debito tributario deve intendersi integrale ed esaustivo nel presente procedimento penale, avuto riguardo alle singole violazioni fiscali come enunciate in imputazione’, motivandosi l’accoglimento del ricorso alla stregua della considerazione ‘che nella sentenza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. nei confronti di COGNOME NOME, oltre che il delitto di associazione per delinquere finalizzato agli illeciti tributari, sono state ricomprese le imputazioni relative ai delitti tributari-fine consumati sia nell’ambito RAGIONE_SOCIALE società operative sia nell’ambito RAGIONE_SOCIALE società filtro ed in relazione a siffatte complessive imputazioni il GIP ha riconosciuto l’avvenuto pagamento del debito tributario . Alla luce RAGIONE_SOCIALE suesposte considerazioni in ordine alla corretta determinazione dell’entità del debito tributario e dell’avvenuto ristoro dello stesso intervenuto in sede penale l’atto emesso nei confronti di COGNOME NOME oggetto del presente ricorso risulta illegittimo in quanto non congruamente
motivato in ordine alla determinazione di ulteriori debiti tributari a carico del ricorrente conseguenti a redditi aggiuntivi percepiti quale persona fisica in conseguenza dell’attività RAGIONE_SOCIALE società di capitali coinvolte a vario livello nel meccanismo fraudolento non legittimandosi altresì, per l’effetto, l’applicazione di correlative sanzioni tributarie”;
-riassumeva l’appello dell’Ufficio, rilevando che questo ‘ha sostenuto la manifesta illogicità e contraddittorietà . L’Ufficio lamenta come da un lato i primi giudici rilevino che le contestazioni tributarie si legano agli esiti del procedimento penale che ha portato al riconoscimento da parte di COGNOME NOME del proprio ruolo di amministratore di fatto e beneficiario dei proventi illeciti incassati dalle società, e come dall’altro pongano in dubbio il medesimo ruolo di beneficiario ultimo di detti introiti illeciti in capo allo stesso. Lamenta anche come i primi giudici insinuino in modo generico la presumibile eccessività del carico tributario’.
Fatte tali premesse, la CTR, quindi, così concludeva:
L’appello deve essere rigettato.
Non è infatti chi non veda come i motivi siano del tutto inconferenti.
L’Ufficio propone invero argomenti estranei al punto della motivazione della sentenza concernente la risolutiva ritenuta inesistenza di pretese tributarie ultronee rispetto all’ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte evase e poi pagate con l’acquiescenza agli accertamenti emessi a carico RAGIONE_SOCIALE società operative, limitandosi al riguardo alla mera, generica affermazione che le maggiori imposte evase sono ‘ovviamente diverse da quelle già definite per acquiescenza da controparte”, le quali con l’attività di accertamento sono state implementate del corredo sanzionatorio secondo legge,
e che ciascun provvedimento oggetto d’impugnazione spiega le ragioni della singola ripresa tributaria.
Deve invece osservarsi che, come rilevato nella sentenza impugnata, nella sentenza di patteggiamento (emessa, si legge, con l’accordo del Pubblico Ministero e avuto riguardo, per la particolare perspicuità e pertinenza, tra gli altri atti, alle relazioni e comunicazioni dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) ‘sono state ricomprese le imputazioni relative ai delitti tributari-fine consumati sia nell’ambito RAGIONE_SOCIALE società operative sia nell’ambito RAGIONE_SOCIALE società filtro e in relazione a siffatte complessive imputazioni il GIP ha riconosciuto l’avvenuto pagamento del debito tributario”, e nella sentenza impugnata è espressamente escluso che sia legittimata altresì, per l’effetto, l’applicazione di correlative sanzioni tributarie.
D’altra parte le argomentazioni dei primi giudici si presentano adeguatamente sviluppate e coerenti con le risultanze processuali che evidenziano come l’atto di contestazione si fondi proprio sui redditi di capitale derivanti dalle società e per le annualità ricomprese nel procedimento penale conclusosi con la citata sentenza di patteggiamento, come del resto mostra di riconoscere lo stesso Ufficio che nelle premesse dell’avviso lo riferisce alla frode fiscale di cui al procedimento penale n. RG.N.R. 1491/2011, rimanendo poi nell’atto di appello del tutto silente in ordine alla possibilità, pur formulata dai primi giudici, di addebiti ulteriori conseguenti a redditi aggiuntivi percepiti quale persona fisica in conseguenza dell’attività RAGIONE_SOCIALE società di capitali coinvolte a vario livello nel meccanismo fraudolento e all’applicazione di correlative sanzioni tributarie.
Avverso la superiore sentenza della CTR propone ricorso l’Ufficio con un motivo; resiste il contribuente con controricorso.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per nullità della sentenza impugnata, ‘viziata da motivazione perplessa e/o apparente’. Ad avviso dell’Ufficio ricorrente, tale motivazione, ‘seppur graficamente esistente, non dà contezza né dell”iter’ logico-giuridico seguito né tantomeno RAGIONE_SOCIALE prove o degli elementi che il Collegio ha inteso valutare’. La sentenza impugnata, ‘anziché pronunciarsi sulla corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE norme che presiedono la tassazione RAGIONE_SOCIALE disponibilità finanziarie presenti su conti correnti esteri, ha affrontato il diverso problema relativo all’avvenuta dimostrazione della distribuzione di utili extra-bilancio che esulava dalla materia del contendere’.
Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso, a differenza di quanto eccepito in controricorso, non è tardivo.
Invero, l’eccezione del contribuente secondo cui, nella specie, non troverebbe applicazione la sospensione dei termini di cui all’art. 6, comma 11, d.l. n. 119 del 2018, conv con mod. dalla l. n. 136 del 2018, invocata dall’Ufficio, perché ‘l’Ente impositore non deve decidere se avvalersi della definizione della lite e pertanto non può beneficiare della sospensione dei termini di impugnazione e di riassunzione’, è destituita di fondamento. Stante la ‘littera legis’ (‘Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019′), detta sospensione è prevista ‘sic et simpliciter’, in termini generali ed incondizionati, senza cioè essere agganciata ad uno ‘spatium deliberandi’ in favore della parte privata per decidere se avvalersi o meno del condono.
Ciò detto, può passarsi alla disamina del motivo.
Esso è fondato e merita accoglimento.
L’atto di contestazione in esame, per pacifica, in quanto concorde, ricostruzione di entrambe le parti in causa, ha riguardo (come d’altronde emerge dalla motivazione dello stesso fotoriprodotta nel corpo del motivo a fini di autosufficienza) a violazioni commesse dal contribuente riguardo alla detenzione all’estero, anche per il tramite della moglie, in difetto della compilazione del quadro RW RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi, di cospicue somme depositate su conti accesi in Paesi cd. a fiscalità privilegiata e successivamente, per certuni ammontari, rimpatriate mediante un duplice scudo fiscale, l’uno attivato dal contribuente e l’altro, più rilevante, dalla moglie.
A fronte di ciò, come correttamente rilevato nel motivo, la motivazione della sentenza impugnata circa l’indimostrata, dall’Ufficio, sussistenza di materia imponibile ulteriore rispetto alle imposte evase dalle società, segnatamente operative, partecipanti alla frode, attenendo in buona sostanza al profilo della distribuzione di utili extrabilancio, non coglie il ‘thema’ della contestazione svolta nei confronti del contribuente. Il quale ultimo, in effetti, nel controricorso, significativamente si difende in relazione a detto ‘thema’, sostenendo come, per le disponibilità scudate dal contribuente, costui abbia offerto la prova della lecita detenzione ‘ante’ 2003, anno di inizio della frode, e, per le disponibilità scudate dalla moglie, l’Ufficio abbia emesso, in favore di quest’ultima, atto di annullamento in autotutela del corrispondente atto di contestazione.
Orbene, la CTR, nella sentenza impugnata, si è soffermata esclusivamente sull’argomentazione che l’Ufficio ha sostenuto nell’atto d’appello a specifica confutazione di quanto ritenuto dalla CTP, onde corroborare la decisione, in punto di insussistenza per così dire ‘a monte’ di un profitto ulteriore da attività illecita; in tal guisa, tuttavia, la CTR ha omesso di considerare che quella dell’Ufficio era una mera argomentazione volta ad illustrare una
violazione, pur attribuibile ed attribuita al contribuente, tuttavia diversa dall’imputazione al medesimo di tale profitto. Quest’ultima imputazione, di cui soltanto si verte nel presente giudizio, riguarda invero il fatto in sé della disponibilità estera, in capo al contribuente, di attività non dichiarate, che l’Ufficio (solo) esplicativamente assume derivare dalla frode. Il riferimento alla frode, che ha assorbito l’intero sviluppo motivazionale della sentenza impugnata, è tuttavia un elemento solo contingentemente correlato alla disponibilità estera di attività non dichiarate, la quale viene in linea di conto di per se stessa, a prescindere dalla fonte RAGIONE_SOCIALE attività stesse.
Ne consegue che, in accoglimento del motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio affinché il giudice di merito proceda a nuovo esame, nel corso del quale potranno trovar spazio anche le difese del contribuente, riproposte in controricorso. All’esito, detto giudice procederà altresì alla definitiva regolazione tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese, comprese quelle del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria della Lombardia per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 5 dicembre 2023.