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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per motivazione apparente. I giudici d’appello si erano limitati a confermare la decisione di primo grado contro un’associazione sportiva, senza analizzare i motivi di ricorso. La Suprema Corte ha ribadito che ogni sentenza deve contenere un’argomentazione autonoma e comprensibile, cassando la decisione e rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione apparente: la Cassazione annulla la sentenza che si limita a confermare il primo grado

Una sentenza deve sempre spiegare in modo chiaro e comprensibile le ragioni della sua decisione. Quando questo non accade, e il giudice si limita a fare un generico riferimento alla pronuncia precedente, si cade nel vizio di motivazione apparente, che ne determina la nullità. È il principio cardine ribadito dalla Corte di Cassazione con una recente ordinanza, che ha accolto il ricorso di un’associazione sportiva contro l’Agenzia delle Entrate.

I Fatti del Caso: La Controversia tra ASD e Fisco

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un’associazione sportiva dilettantistica. L’Amministrazione Finanziaria aveva disconosciuto la natura di ente non commerciale dell’associazione, azzerando di conseguenza tutti i benefici fiscali previsti dalla legge per IRES, IRAP e IVA relativi all’anno d’imposta 2011.

L’associazione ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato respinto sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR). Proprio la sentenza d’appello è stata oggetto del successivo ricorso in Cassazione.

Il Ricorso e la questione della Motivazione Apparente

L’associazione ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra i vari motivi, la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente. Secondo la difesa, i giudici della CTR non avevano fornito un’autonoma argomentazione, ma si erano limitati a una mera e generica adesione alla sentenza di primo grado, senza esaminare e rispondere puntualmente ai motivi di appello proposti.

In sostanza, la CTR aveva affermato che non erano emersi elementi validi per “sovvertire il giudizio di I° grado” e che l’appellante non aveva “apportato elementi convincenti”, confermando la decisione precedente senza però spiegare il perché. Questo modo di argomentare, secondo il ricorrente, equivale a un’assenza di motivazione, rendendo impossibile comprendere l’iter logico seguito dal giudice e, di conseguenza, esercitare un controllo sulla sua correttezza.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato questo primo motivo di ricorso, assorbendo tutti gli altri. Gli Ermellini hanno richiamato la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui si è in presenza di una motivazione apparente quando questa, pur esistendo graficamente, “consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento”.

Una motivazione di questo tipo non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice. Nel caso specifico, la CTR si era “pedissequamente rifatta alla motivazione della sentenza della CTP, senza riprodurla e senza chiarire in alcun modo le ragioni per le quali, a fronte dei motivi di appello proposti, le stesse siano da ritenersi corrette, affidandosi ad espressioni di condivisione del tutto generiche”.

L’unico riferimento concreto fatto dalla CTR riguardava un dettaglio del rendiconto annuale dell’associazione, ma anche in questo caso, il giudice d’appello aveva omesso di spiegare la rilevanza di tale elemento ai fini della decisione. Per la Cassazione, questo comportamento integra un error in procedendo che viola una norma costituzionalmente rilevante e comporta la nullità della sentenza.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per un nuovo esame.

Questa decisione riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali non è un mero adempimento formale. Esso rappresenta una garanzia essenziale per le parti del processo, che hanno il diritto di comprendere le ragioni di una decisione per poterla, eventualmente, contestare. Un giudice non può limitarsi a dire “concordo con il giudice precedente”, ma deve farsi carico di esaminare le censure mosse dall’appellante e spiegare, con un percorso logico-giuridico autonomo e comprensibile, perché queste siano o meno fondate. In assenza di ciò, la sentenza è nulla.

Cos’è una motivazione apparente secondo la Corte di Cassazione?
È una motivazione che, pur essendo scritta, non rende percepibili le ragioni della decisione perché consiste in argomentazioni generiche, inidonee a far conoscere l’iter logico seguito dal giudice. Un esempio è la mera adesione alla sentenza di primo grado senza analizzare i motivi di appello.

Una Corte d’Appello può confermare la sentenza di primo grado senza fornire una propria autonoma motivazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sentenza d’appello che si limita a rifarsi alla motivazione della decisione di primo grado, usando espressioni di condivisione generiche e senza chiarire perché i motivi d’appello non sono fondati, è nulla per motivazione apparente.

Cosa succede se la Corte di Cassazione accerta il vizio di motivazione apparente?
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa (cioè annulla) la sentenza viziata e rinvia la causa al giudice di secondo grado, in diversa composizione, il quale dovrà procedere a un nuovo esame della controversia e formulare una decisione con una motivazione completa ed effettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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