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Motivazione apparente: Cassazione annulla la sentenza

Una società ha impugnato un accertamento fiscale per il 2014, derivante dal disconoscimento di perdite dell’anno precedente. Il giudice d’appello ha confermato l’accertamento richiamando semplicemente la sua precedente decisione sul 2013, senza analizzare i motivi del ricorso. La Corte di Cassazione ha annullato tale sentenza per motivazione apparente, affermando che il giudice deve sempre esaminare le specifiche censure delle parti. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione apparente: la Cassazione annulla e rinvia la causa al giudice tributario

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale: la necessità di una motivazione effettiva e non solo di facciata nelle sentenze. Quando un giudice si limita a richiamare un’altra decisione senza affrontare le specifiche questioni sollevate dalle parti, la sua sentenza è viziata da motivazione apparente e deve essere annullata. Questo caso riguarda una controversia fiscale nata da un accertamento a carico di una società, ma le sue implicazioni si estendono a ogni ambito del diritto.

I fatti di causa: un accertamento a catena

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata per l’imposta sui redditi (IRES) relativa all’anno 2014. L’Amministrazione Finanziaria contestava alla società di aver indebitamente utilizzato delle perdite fiscali maturate nell’anno precedente, il 2013, per ridurre il proprio reddito imponibile. In sostanza, la rettifica del 2014 era una diretta conseguenza delle contestazioni mosse per il 2013.

Il contribuente aveva impugnato l’atto impositivo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), che gli aveva dato ragione. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, aveva proposto appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR).

La decisione della CTR e il rinvio a un’altra sentenza

La Commissione Tributaria Regionale, nel decidere il caso relativo all’anno 2014, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, invece di elaborare una motivazione autonoma che rispondesse ai punti sollevati dal contribuente, il giudice d’appello si è limitato a riportare integralmente la motivazione di un’altra sua sentenza, quella relativa all’accertamento per l’anno 2013. In pratica, la CTR ha affermato che, essendo stata confermata la rettifica per il 2013, doveva di conseguenza essere confermata anche quella per il 2014, omettendo di esaminare le specifiche difese della società contro la sentenza di primo grado.

Il ricorso in Cassazione e la questione della motivazione apparente

La società ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandosi a sei motivi di contestazione. Il primo, e più importante, denunciava proprio il vizio di motivazione apparente della sentenza della CTR. Secondo la difesa del contribuente, il giudice d’appello aveva eluso il suo dovere di decidere nel merito delle questioni, limitandosi a un mero copia-incolla da un’altra pronuncia. Questo comportamento, secondo la società, integrava una violazione di legge che rendeva nulla la sentenza.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno richiamato la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui si è in presenza di una motivazione apparente quando questa, pur essendo graficamente esistente, non rende percepibili le ragioni della decisione. Una motivazione fatta di “argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento” non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice. Tale vizio, qualificabile come error in procedendo, comporta la nullità della sentenza.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che la CTR, riportando per intero la sentenza relativa all’annualità 2013, ha omesso di valutare gli specifici motivi e rilievi che la società aveva proposto contro la sentenza di primo grado. Questa tecnica motivazionale ha di fatto annullato il contraddittorio, svuotando di significato il giudizio d’appello.

La Corte ha invece rigettato il motivo relativo alla liquidazione delle spese legali, confermando il principio per cui anche quando l’Amministrazione Finanziaria è difesa da propri funzionari ha diritto al rimborso delle spese, sebbene con una riduzione forfettaria.

Le conclusioni

L’accoglimento del primo motivo ha assorbito tutti gli altri. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per un nuovo esame. Il principio di diritto che emerge è chiaro: un giudice non può sottrarsi all’obbligo di motivare compiutamente la propria decisione. Il rinvio a un’altra sentenza è ammissibile solo a determinate condizioni e non può mai tradursi in una rinuncia a esaminare e rispondere alle specifiche censure sollevate dalle parti. Una sentenza con motivazione apparente è una sentenza nulla, perché viola il diritto a un giusto processo.

Quando la motivazione di una sentenza si considera ‘apparente’?
La motivazione è apparente quando, pur essendo presente nel testo della sentenza, consiste in argomentazioni che non rendono comprensibile il percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione, impedendo di fatto un controllo sulla sua correttezza.

Un giudice d’appello può motivare la sua decisione semplicemente richiamando un’altra sentenza?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa tecnica (rinvio per relationem) non è valida se il giudice omette di esaminare e rispondere agli specifici motivi di ricorso presentati dalle parti. Deve sempre confrontarsi con le censure mosse alla sentenza di primo grado.

Se l’Agenzia delle Entrate vince una causa facendosi rappresentare da un proprio funzionario, ha diritto al pagamento delle spese legali?
Sì. Secondo un principio consolidato, alla parte pubblica assistita da propri funzionari spetta la liquidazione delle spese legali, calcolate secondo i parametri forensi ma con una riduzione del venti per cento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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