Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16104 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16104 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 10/06/2024
Tarsu Tia Tares Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22653/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 549, depositata il 1 marzo 2017, della Commissione tributaria regionale della Toscana;
Udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 30 aprile 2024, dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udit o l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del quarto motivo di ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 549, depositata il 1 marzo 2017, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, così confermando il decisum di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione alla Tares dovuta dal contribuente per l’anno 2013.
1.1 -Il giudice del gravame ha rilevato che il gravame andava rigettato «avendo il giudice di prime cure ragionevolmente ancorato la corresponsione dell’imposta ad un minimo di effettivo utilizzo del servizio ad essa collegato. Minimo che difettava nel caso di specie.».
-Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
Hinc et hinde sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 113 cod. proc. civ. assumendo il ricorrente che -nei termini in cui la gravata pronuncia aveva confermato la decisione di prime -la sentenza era stata resa secondo equità e senz’alcuna considerazione delle disposizioni normative che specificamente
conformano l’esercizio del potere impositivo ( d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 14, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214);
1.2 -col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 14, commi 3 e 8, cit., sull’assunto che venendo in considerazione un esercizio alberghiero per il quale l’autorizzazione era stata rilasciata in via permanente -il ritenere che l’obbligazione tributaria dovesse parametrarsi ad un «minimo di effettivo utilizzo del servizio ad essa collegato» costituiva manifesta violazione delle disposizioni relative all’identificazione del presupposto di imposta ( occupazione o detenzione a qualsiasi titolo di «locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani») e della sua commisurazione (secondo «tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria.»); né, a detti fini, poteva rilevare la mera decisione unilaterale del contribuente di non avvalersi del servizio comunale;
1.3 -il terzo motivo reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 14, commi 9 e 11, cit., al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, artt. 2, 3 e 6, ed al regolamento Tares comunale (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 69 del 31 luglio 2013), art. 16;
assume, in sintesi, il ricorrente che alcuna disposizione di disciplina del tributo poteva legittimarne la dovutezza in relazione ad una soglia di «minimo … effettivo utilizzo » dell’unità immobiliare detenuta, la commisurazione del tributo correlandosi alle prescrizioni poste dal regolamento sul metodo cd. normalizzato (d.P.R. n. 158 del 1999, cit.) e la stessa riduzione tariffaria prevista in regolamento comunale per l’uso stagionale (art. 16, cit.) implicando, per l’appunto, un’apertura dell’esercizio non superiore a «183 giorni l’anno solare» qual comprovata «da licenza o atto assentivo rilasciato dai competenti
organi per l’esercizio de ll’a ttività o da dichiarazione rilasciata dal titolare di pubbliche autorità.», condizioni, queste, delle quali il contribuente non aveva offerto alcun riscontro probatorio;
1.4 -col quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. deducendo che la gravata sentenza non esponeva le ragioni di fatto e di diritto della decisione e, per di più, recava contraddittori rilievi, all’un tempo affermando e negando la sussistenza di «un minimo di effettivo utilizzo » correlato alla detenzione dell’esercizio alberghiero.
-Occorre premettere che è destituita di fondamento l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata (in rito) dal controricorrente in quanto:
come statuito dalle Sezioni Unite della Corte, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte (Cass. Sez. U., 3 novembre 2011, n. 22726);
la stessa omessa menzione, nel ricorso per cassazione, del deposito degli atti e dei documenti di cui all’art. 369, comma 1, nn. 2
e 3, cod. proc. civ. ovvero della avvenuta richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio non determina l’improcedibilità del ricorso stesso, potendo questa conseguire soltanto ad una deficienza di carattere sostanziale consistente nella effettiva mancanza degli atti indi spensabili ai fini della decisione nell’incarto processuale e nell’indispensabilità del loro esame ai fini della decisione (Cass., 11 giugno 2021, n. 16605; Cass., 17 novembre 1999, n. 12753).
Va soggiunto che -venendo in considerazione censure di violazione di legge -la produzione documentale rilevante si risolve, nella fattispecie, nella stessa gravata sentenza che, come si dirà, non consente alcun motivato esame delle stesse censure di violazione di legge.
-Tanto premesso, il quarto motivo di ricorso -dal cui esame consegue l’assorbimento dei residui motivi è fondato e va accolto.
3.1 -Secondo un consolidato orientamento interpretativo della Corte, la sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice, così come nella fattispecie, si sia limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass., 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., 21 settembre 2017,
n. 22022; Cass. Sez. U., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232).
3.2 -Nella fattispecie, il giudice del gravame – senza dar conto né delle ragioni poste a fondamento delle statuizioni rese dal giudice di prime cure né degli stessi motivi di appello proposti – ha risolto la lite contestata sulla base del rilievo che il giudice di prime cure aveva «ragionevolmente ancorato la corresponsione dell’imposta ad un minimo di effettivo utilizzo del servizio ad essa collegato. Minimo che difettava nel caso di specie.», così che si è ellitticamente rappresentato «un minimo di effettivo utilizzo del servizio», qual correlato all’imposizione tributaria , in completa anomia dei relativi referenti giuridici e fattuali, tanto che la pronuncia preclude ogni motivato controllo di legittimità sulle stesse articolate censure di violazione di legge.
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, procederà al motivato riesame delle questioni devolutegli dalle parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2024.