Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22937 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22937 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 27604 del ruolo generale dell’anno 201 6, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-ricorrente-
Oggetto: Tributi
MOTIVAZIONE APPARENTE
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore pro tempore ;
-intimati – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 610/02/2016, depositata in data 20 aprile 2016, non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1. L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Liguria, previa riunione, aveva respinto l’appello principale proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , nonché quello incidentale della società avverso la sentenza n. 269/01/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Genova che, previa riunione, aveva accolto parzialmente i ricorsi proposti dalla suddetta società, svolgente attività di gestione di una sala Bingo, avverso: 1) atti di recupero di crediti Iva, per gli anni 2005-2008, ritenuti fittizi utilizzati per indebite compensazioni di debiti erariali (in particolare, nei confronti de ll’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato per il prelievo sulle cartelle Bingo) ;2) avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio, per gli anni 2005 -2009, aveva ricostruito induttivamente maggiori ricavi ai fini Ires, Irap e Iva, disconoscendo i costi dedotti /detratti in relazione alle fatture ritenute oggettivamente inesistenti dalle quali erano scaturiti i crediti fittizi utilizzati in compensazione.
2. In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) andava confermato l’orientamento della medesima Commissione – espresso nella sentenza, sez. IV. n. 816 del 2014 -secondo cui effettivamente l’Ufficio aveva effettuato un illegittimo doppio recupero Iva; 2) i costi erano stati riconosciuti
dalla sentenza di primo grado -con una motivazione condivisa- proprio con riguardo alla loro oggettiva attendibilità in quanto sufficientemente documentati.
Sono rimasti intimati RAGIONE_SOCIALE nonchè il Fallimento della società contribuente.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/92, per avere la CTR ritenuto nel rigettare l’appello principale dell’Ufficio – con motivazione omessa o apparente, che:1) come già statuito da una precedente sentenza della medesima Commissione (n. 816/2014) concretavano una duplicazione di imposizione gli atti di recupero dei crediti Iva fittizi utilizzati in compensazione di debiti nei confronti dei Monopoli di Stato conseguenti all’acquisto delle cartelle Bingo e gli avvisi di accertamento con i quali erano stati recuperati i costi detratti ai fini Iva (e dedotti ai fini delle imposte dirette) in relazione alle fatture oggettivamente inesistenti dalle quali erano scaturiti i medesimi crediti Iva utilizzati in compensazione; 2) andavano riconosciuti a favore della società ulteriori costi deducibili ai fini Ires e Irap avuto riguardocome affermato dalla condivisa sentenza di primo grado- alla loro oggettiva attendibilità ‘in quanto sufficientemente documentati’ ; in particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR -a fronte di un atto di appello dell’Ufficio con il quale era stata aggredita specificamente la sentenza di prime cure, deducendo sotto il primo profilo (1) l’insus sistenza di una duplicazione di imposizione per diversità degli importi portati in detrazione nelle dichiarazioni Iva rispetto a quelli esposti in compensazione nei modelli F24, per diversità dell’azione di recupero delle compensazioni indebite rispetto al l’azione di recupero degli imponibili evasi e per eventuale rilievo della duplicazione di imposta al momento della riscossione- si sarebbe limitata a richiamare una precedente sentenza della medesima Commissione (n. 816/2014), sebbene concernente altra società e annualità parzialmente non coincidenti, nonché impugnata dinanzi alla Corte di cassazione (con il RG n. 6217/15), completamente pretermettendo gli argomenti
specificamente dedotti dall’Amministrazione a sostegno della propria impugnazione ; peraltro, a fronte dell’atto di gravame con il quale l’Ufficio aveva dedotto con riguardo al secondo profilo (2) l’inattendibilità della contabilità dei costi per espressa ammissione dello stesso legale rappresentante in quanto relativi a fatture oggettivamente inesistenti , nonché l’avvenuto riconoscimento da parte dell’Ufficio dei costi documentati (quali quelli per il personale), la CTR avrebbe riconosciuto la deducibilità di ulteriori costi, ai fini Ires e Irap, con una motivazione meramente per relationem alla sentenza di primo grado senza argomentare alcunché in ordine ai motivi di censura spiegati al riguardo nell’atto di appello.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2733 e 2735 c.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto deducibili ulteriori costi da parte della società contribuente sebbene il legale rappresentante di quest’ultima avesse ammesso in sede di verifica la fittizietà degli stessi (‘ relativamente ai costi inseriti nelle dichiarazioni presentate per gli anni 2005-2007, vi confermo che non corrispondono agli effettivi costi sostenuti e contabilizzati in quanto trattasi di meri dati contabili da me inseriti in dichiarazione per fare emergere dei crediti Iva ‘) con conseguente piena prova delle dette dichiarazioni ai sensi degli artt. 2733 e 2735 c.c.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 421, della legge n. 311 del 2004, 39, comma 2, e 67 del DPR n. 600/73, 55 del DPR n. 633/72 per avere la CTRnell’affermare la sussistenza di una duplicazione di imposizione – ritenuto che l’azione di recupero delle compensazioni indebite si ponesse in rapporto di incompatibilità con l’azione ordinaria di recupero degli imponibili evasi (nella specie, fondata sul disconoscimento di costi in relazione alle fatture oggettivamente inesistenti da cui erano scaturiti i crediti utilizzati in compensazione) sebbene si trattasse di distinte attività dell’Amministrazione non
incompatibili tra loro, potendo peraltro la violazione del divieto di doppia imposizione essere riscontrata solo a livello di riscossione.
4.Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
Come precisato da questa Corte, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. sez. 5, n. 24005 del 2024; Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105). Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).
5.1. Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato (Sez. U, Sentenza n. 642 del 16/01/2015;Sez. 5, Sentenza n. 9334 del 08/05/
2015; v. Cass sez. 5 n. Sez. 5 – , Ordinanza n. 29028 del 06/10/2022).
5.2.Ciò posto, quanto al motivo di appello con cui l’Ufficio aveva aggredito puntualmente la statuizione del giudice di prime cure circa l’asserita sussistenza di una duplicazione di imposizione con riguardo agli atti di recupero dei crediti Iva fittizi utilizzati in compensazione di debiti nei confronti dei Monopoli di Stato conseguenti all’acquisto delle cartelle Bingo e agli avvisi di accertamento con i quali erano stati recuperati i costi detratti ai fini Iva (e dedotti ai fini delle imposte dirette) in relazione alle fatture oggettivamente inesistenti dalle quali erano scaturiti i medesimi crediti Iva utilizzati in compensazione ( ‘ la paventata duplicazione di imposta non sussiste, in ogni caso, in concreto attesa la sistematica evasione di imposta in fase di riscossione perpetrata dalla RAGIONE_SOCIALE‘ ‘ né in via astratta nè in via concreta il recupero Iva operato con gli avvisi di accertamento coincide con l’infrazione sanzionata e gli importi recuperati a tassazione con gli atti di recupero crediti.. ciò emerge in concreto da un semplice raffronto degli importi recuperati con le due tipologie di atti ; … non sussiste duplicazione tra le due tipologie di atti in quanto con l’atto di recupero di credito l’Ufficio agisce per salvaguardare il gettito recuperando importi mai incamerati dall’Erario, dall’altro lato, l’Agenzia delle entrate, con l’avviso di accer tamento, agisce sulla dichiarazione dei redditi ossia sui dati dichiarati annullando e rettificando gli elementi passivi fittizi indicati dalla parte ‘v. pag. 10 e segg. del ricorso ), la CTR si è limitata apoditticamente ad affermare ‘ Questa Commissione (sez. IV, 8.5.2014 n. 816) sulla questione ha assunto un orientamento che va confermato nel senso che effettivamente l’Ufficio ha effettuato un non legittimo doppio recupero dell’Iva ‘. Invero, la condivisione sul punto della precedente sentenza della medesima Commissione attraverso un mero richiamo alla stessa , senza neanche riprodurne il contenuto, e in mancanza dei necessari sviluppi argomentativi in rapporto al motivo di gravame, neanche
menzionato nella parte relativa allo svolgimento del processo, rende non percepibili le ragioni della decisione e l’iter logico seguito dalla CTR per la formazione del proprio convincimento.
5.3. Ugualmente con riguardo al motivo di appello dell’Ufficio con il quale era stata aggredita la statuizione della CTP in ordine al riconoscimento degli ulteriori costi deducibili ai fini Ires e Irap (‘ i verificatori riconoscevano tra i costi ammessi solo quelli risultanti dal Mod. 770 e relativi al costo del personale in quanto è lo stesso COGNOME ad avere ammesso e verbalizzato di avere indicato in dichiarazione costi non veritieri solo per fare emergere crediti da utilizzare in compensazione. La semplice produzione di fatture passive diversamente da quanto statuito dai primi giudici non poteva condurre tout court al riconoscimento dei costi in esse indicati particolarmente nel caso di specie caratterizzato da un disegno fraudatorio posto in essere proprio al fine di gonfiare i costi ‘ , v. pag. 17 del ricorso), la CTR si limitata apoditticamente ad affermare ‘ i costi sono stati riconosciuti dalla sentenza appellata con motivazione qui condivisae dunque respingendo l’appello sul capo di sentenza relativo -proprio con riguardo alla loro oggettiva attendibilità in quanto sufficientemente documentati ‘. Invero, non può essere considerata “motivazione” la mera adesione acritica da parte del giudice alla sentenza di primo grado, dovendo il giudice fornire, anche sinteticamente, le ragioni per le quali le altrui tesi sono seguite, sussistendo in caso contrario la nullità della sentenza per carenza di motivazione. La sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata “per relationem” ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice si si sia
limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame ( Sez. 1, Sentenza n. 14786 del 19/07/2016;S ez. 1 – , Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019).
5.4. Nella specie, la CTR ha condiviso la sentenza di primo grado attraverso la riproduzione, sul punto, del contenuto della stessa, senza peraltro esprimere, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della detta pronuncia in relazione al motivo di gravame proposto, neanche riprodotto nella parte relativa allo svolgimento del processo.
6.In conclusione, va accolto il primo motivo, assorbiti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 26 giugno 2025