Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24541 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24541 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15773/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con elezione di domicilio digitale presso l’indirizzo EMAIL EMAIL e domicilio fisico presso il suo Studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata e difesa dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della CAMPANIA n. 3414/2023 depositata il 26/05/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di incorporante della società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), ricorre, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n.3414/19/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in forza della quale veniva rigettato l’appello proposto da parte della contribuente avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’impugnazione avverso l’avviso di accertamento n. 6866 del 7 luglio 2020 e l’avviso di accertamento n. 6076 del 7 luglio 2020; avvisi con i quali era stato contestato alla società l’insufficiente versamento dell’imposta IMU, rispettivamente per l’anno 2015, per l’importo di euro 354.179,00 oltre sanzioni e interessi (e così per un importo complessivo di euro 466.007,00) e per l’anno 2016, per l’importo sempre di euro 354.179,00 oltre sanzioni e interessi (e così per un importo complessivo di euro 464.987,00) con atto notificato dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese tra RAGIONE_SOCIALE (mandataria) e RAGIONE_SOCIALE (mandante), in virtù del contratto di appalto per l’affidamento in concessione del servizio di gestione, liquidazione, accertamento e riscossione RAGIONE_SOCIALE entrate comunali ICI e Tosap sottoscritto con il Comune di Giugliano in Campania;
RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria del Comune in questione, resiste con controricorso;
il P.G. ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso parte contribuente deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992 e disapplicazione, ove occorra, dell’art. 6 del Regolamento IMU del Comune di Giugliano del 30/07/2015;
1.1. assume che la sentenza impugnata sarebbe erronea dal momento che C.T.R. aveva legittimato l’utilizzo di un criterio di determinazione del ‘valore venale in comune commercio’ , per un verso, non previsto dall’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992 e, per altro verso, statico ed immutabile, non suscettibile cioè di più valutazioni anche successive nel tempo, in contrasto, ancora una volta, con l’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992, che implica al contrario una potenziale differenziazione per ciascun periodo di imposta, tanto da risultare insuscettibile di rilevare con effetto di giudicato su annualità successive. Osserva che il criterio adottato dal Comune non poteva essere ritenuto legittimo alla luce della previsione di cui all’art. 6 del Regolamento IMU adottato in data 30.07.2015, secondo cui «stante che la base imponibile dell’area fabbricabile è determinata ai sensi del comma 5 del precedente articolo 5, il valore venale è quello risultante da atto pubblico fino a quando la Giunta Comunale non delibererà i valori venali per l’anno di riferimento», non potendo l’ente impositore adottare criteri diversi da quelli di cui al citato art. 5, comma 5, ma solo deliberare in ordine ai valori venali dei terreni edificabili;
con il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 1, comma 162, legge n. 296/2006, dell’art. 7, comma 1, legge n. 212/2000 e dell’art. 3, legge n. 241/1990 in combinato disposto con l’art. 5, co. 5, d.lgs. n. 504/1992;
2.1. deduce che la sentenza impugnata sia illegittima per avere la C.T.R. ritenuto l’atto originariamente impugnato congruamente motivato, nonostante esso fosse privo della rigorosa esplicitazione
RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui l’Ente, disattendendo il valore imponibile dichiarato dalla società contribuente, aveva attribuito un diverso valore imponibile alle aree edificabili in sua proprietà; non essendo a tal fine sufficiente il mero riferimento all’ ‘ atto di assegnazione in conto liquidazione ‘ idoneo a realizzare una valutazione effettuata in base ai molteplici parametri previsti dall’art. 5, co. 5, del d.lgs. n. 504/92;
con il terzo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992 e dell’art. 2697 c.c.;
3.1. assume che la sentenza impugnata sia illegittima poiché il collegio giudicante -affermando che la prova potesse consistere nel mero ed apodittico riferimento al valore risultante dall’atto di assegnazione del 2007 -aveva finito per sollevare l’Ufficio dal preciso onere probatorio su di ess o ricadente circa l’incidenza dei parametri normativi indicati dall’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992 sul valore accertato, così avallando, pertanto, l’arbitraria rettifica del valore imponibile dichiarato dalla contribuente; come se fosse quest’ultima, in caso di opposizione alla pretesa dell’Ufficio, il soggetto onerato di fornire la prova del giusto valore imponibile dei terreni in contestazione al primo gennaio dell’anno di imposizione; 4. con il quarto motivo lamenta, ex art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nullità della sentenza ai sensi degli artt. 112 e 132, secondo comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992 nonché 24 e 111 Cost., per motivazione apparente, in relazione agli elementi rilevanti ai fini della determinazione del valore venale dei terreni al 1° gennaio degli anni interessati;
4.1. assume che la sentenza impugnata sia da ritenere illegittima poiché si è trincerata dietro affermazioni totalmente generiche ed apodittiche e, quindi, inidonee di per sé a configurare una motivazione idonea a soddisfare i requisiti minimi costituzionali, il
tutto omettendo completamente di esaminare le circostanziate deduzioni difensive, ivi compresa la perizia di stima depositata in giudizio, relative alla confutazione del valore attribuito dall’Ente ai terreni edificabili e alla sua non rispondenza ai criteri normativi previsti dall’art. 5, co. 5, d.lgs. n. 504/1992;
5. con il quinto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5 cit. sotto il profilo della congruità del valore attribuito all’immobile , assumendo che il capo della sentenza censurato nel precedente motivo di ricorso sarebbe, in una diversa ma concorrente prospettiva, illegittimo per violazione e falsa applicazione della norma in questione, per avere i giudici di appello, nel motivare la sentenza in punto congruità del valore attribuito all’immobile, omesso del tutto di prendere in considerazione i parametri previsti dall’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/92, per valorizzare invece circostanze del tutto estranee ai suddetti parametri legali, quali la mera previsione della costruzione di migliaia di appartamenti, l’asserita irrilevanza sul valore dell’area della revoca RAGIONE_SOCIALE autorizzazioni amministrative originariamente concesse e il contenuto della delibera adottata in data 24/03/2022, cioè successivamente alla avvenuta notifica degli avvisi di accertamento;
il ricorso può trovare accoglimento nei limiti appresso specificati;
il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi, sono da ritenere privi di fondamento;
7.1. tali censure, che attengono ad un asserito vizio motivazionale dell’atto impugnato, sono prive di pregio sulla scorta del consolidato orientamento, secondo cui in tema di imposta comunale sugli immobili ( così per l’IMU ), l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale
esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva. (Sez. 5 – , Ordinanza n. 26431 del 08/11/2017, Rv. 646218 – 01) nonchè Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571). Occorre, pure, precisare che in tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza. (Sez. 5 – , Sentenza n. 29968 del 19/11/2019, Rv. 655917 -01 e molte altre);
7.2. nel caso in esame l’atto impugnato non può ritenersi viziato poichè privo di adeguata motivazione -profilo disatteso dai giudici di merito – in quanto, in seno allo stesso, si fa riferimento al ‘parziale pagamento aree fabbricabili fg. 55 part. 273-276-3295-3298 valore attribuito da assegnazione conto liquidazione del 19/12/07 rep. 121848/28879 AVV_NOTAIO». Risulta evidente, pertanto, che l’avviso de quo è sufficientemente motivato ‘ per relationem ‘ con riferimento ad un atto notarile specificato negli estremi e di cui la contribuente era pienamente a conoscenza, essendone stata parte. Sotto altro profilo, va osservato che più che una questione di violazione dell’art. 5 , comma 5, del d.lgs. n. 504/1992, la contribuente pone, fondamentalmente, il tema della congruità estimativa dell’area, con la conseguenza che le censure formulate,
in relazione all’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., non colgono nel segno;
anche il terzo motivo è privo di fondamento;
8.1. non sussiste, sotto il profilo prospettato, la lamentata violazione di legge in quanto non vi è stata alcuna esenzione né inversione dell’onere probatorio a carico dell’ente impositore, ma il convincimento da parte dei giudici di merito di un esauriente assolvimento di tale onere in ordine alla quantificazione del valore dell’area tramite il richiamo ad un precedente e specifico atto;
il quarto ed il quinto motivo -i quali possono essere trattati unitariamente in quanto attengono a profili fra loro correlati -sono da ritenere fondati;
9.1. ad avviso del Collegio i giudici territoriali nell’ affermare che: ‘ il valore dell’area oggetto degli avvisi impugnati, ancorché risalente nel tempo, non può dirsi incongruo rispetto alle annualità in contestazione. Come si è accennato detto valore era stato attribuito ad un’area agricola in epoca di gran lunga antecedente al la stipula con il Comune RAGIONE_SOCIALE convenzioni edificatorie. In secondo luogo, si trattava di un’area particolarmente estesa che aveva portato a prevedere costruzione di fabbricati con migliaia di appartamenti per oltre tremila nuovi abitanti, con la concreta prospettiva di un enorme incremento di valore. Le successive vicende amministrative che avevano condotto l’Amministrazione a revocare le già concesse autorizzazioni con l’inizio di un contenzioso amministrativo che ancora prosegue non incide sulla vocazione edificatoria dell’area e sul valore della stessa. La perizia di parte non si confronta con tali elementi di fatto non fornendo alcuna spiegazione della ragione per cui la valutazione del 2007 dovrebbe essere modificata al ribasso ‘, richiamando, al fine di suffragare la tesi della correttezza dell’operato dell’ente impositore, una deliberazione comunale del 2022 e, quindi, di gran lunga successiva al periodo impositivo in questione, hanno finito per adottare, sul punto, una motivazione in contrasto con il
disposto di cui all’ art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992 e, comunque, gravemente carente o meramente apparente;
9.2 costituisce orientamento consolidato di questa Corte che l’ipotesi di motivazione apparente ricorre allorché essa, pur graficamente e, quindi, materialmente esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, non consentendo, in tal modo, alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, lasciando all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. . Nella specie, l’apparenza della motivazione si caratterizza per la completa assenza di ogni adeguata considerazione circa i plurimi rilievi mossi dalla contribuente ai fini della verifica della conformità della stima ai criteri dettati dall’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992 (si tratta degli elementi riportati, ai fini dell’autosufficienza, nel ricorso per cassazione alle pagg. 38 e segg. riguardanti, fra l’altro: costi e preclusioni amministrative, mancata approvazione del progetto definitivo PUA, consulenza tecnica di parte su valore al 2015, rispetto al 2007, con relative produzioni
documentali). Orbene i giudici territoriali non danno conto, in alcun modo, di questi elementi idonei, almeno in astratto, ad incidere sul valore venale, anche in rapporto ai non pochi anni trascorsi dal 2007 al 2015, formulando considerazioni del tutto generiche ed apodittiche, il che vale a rendere, per quanto sopra esposto, la sentenza viziata;
10. conseguentemente, in accoglimento del quarto e del quinto motivo, rigettati i primi tre, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda in questione sulla scorta RAGIONE_SOCIALE considerazioni sopra formulate, procedendo anche alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese di questo giudizio;
P.Q.M.
accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data