Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8839 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8839 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13724/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , COGNOME NOME e COGNOME NOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del l’ AVV_NOTAIO che tutti li rappresenta e difende;
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 7431/9/2016, depositata il 25 novembre 2016, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
Registro Invim Accertamento
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 20 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; uditi, per i ricorrenti, l’AVV_NOTAIO COGNOME e, per l’ RAGIONE_SOCIALE , l’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 7431/9/2016, depositata il 25 novembre 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto, per quanto ritenuto di ragione, l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso la decisione di prime cure che aveva diversamente disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte di registro e ipocatastali emesso dall’RAGIONE_SOCIALE dietro rettifica (in € 1.800.000,00) del valore dichiarato (in € 1.220.096,00) di un terreno edificabile (sito nel Comune di Marino), oggetto di compravendita in data 6 novembre 2009.
1.1 -Il giudice del gravame ha ritenuto che:
-l’atto impositivo risultava compiutamente motivato atteso che era stato fondato su di una perizia che «pur non allegando le dichiarazioni di congruità relative agli immobili da cui sono stati tratti gli elementi di confronto » recava l’indicazione degli «e stremi degli stessi consentendo al contribuente di effettuare le comparazioni necessarie.»;
risultando che la rettifica di valore -fondata sulla valutazione «di immobili aventi caratteristiche similari», e rapportata al periodo 2006/2009 -si era risolta nella rideterminazione di detto valore in ragione di € 600,00 al mc e che i contribuenti avevano prodotto, a comparazione, una compravendita (del 30 maggio 2006) -che esponeva un valore unitario a mc pari ad € 394,80 ed un accordo
concluso in accertamento per adesione (dal quale emergeva un valore unitario a mc di € 350,00), l’appello doveva trovare accoglimento dietro rideterminazione del valore unitario in questione in ragione di € 500,00 al mc.
– RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, ed hanno depositato memoria.
L’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo i ricorrenti che il giudice del gravame aveva pronunciato sull’eccepito difetto di motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione «senza alcuna richiesta in tale ambito svolta dall’Ufficio» né aveva «scrutinato» i motivi di appello volti ad evidenziare «momenti critici della sentenza di prime cure» circa la rettif ica di valore operata dall’RAGIONE_SOCIALE;
1.2 -col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 113, 116 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., deducendo, in sintesi, che il giudice del gravame aveva definito la lite contestata -in punto di rettifica di valore -sulla base di una motivazione apparente, per di più inesistente ed illogica, e di una valutazione illegittimamente improntata al giudizio equitativo;
1.3 -il terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, ed al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 51 e 52, comma 2-bis, deducendo i ricorrenti che, nella fattispecie, l’avviso di rettifica e
liquidazione non esprimeva un’adeguata motivazione in quanto non vi risultavano allegati gli atti utilizzati a titolo comparativo e siccome rimasti inespressi gli indici posti a base della valutazione estimativa, «pur essendo l’area edificabile in parte, m a inutilizzabile nei fatti per difetto di servizi e di favorevole accessibilità»;
1.4 -col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano omesso esame «di punti decisivi e controversi» con riferimento al «fatto storico (diverso valore attribuito al bene dal contribuente, a mezzo di consulenza di parte …)», risultando fondata la stima tecnica dell’RAGIONE_SOCIALE «su dati virtuali ed irreali … », e su di una (inconferente) valutazione sintetico comparativa correlata ad «immobili siti in Comuni diversi, in zone distanti ed urbanisticamente diverse», e la gravata pronuncia su di una (anodina) valutazione di mediazione (tra valori) «senza alcuna circostanziata od almeno abbozzata motivazione»;
1.5 -il quinto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., deducendo i ricorrenti che il giudice del gravame aveva compensato le spese di lite «senza estendere espressamente la disposta compensazione al grado precorso» senza indicarne i motivi fondativi e, ad ogni modo, «senza dar corso … ad una ripartizione virtuale del grado di soccombenza».
-Il ricorso -che pur prospetta profili di inammissibilità – è, nel suo complesso, destituito di fondamento, e va senz’altro disatteso.
-In relazione al primo motivo va rilevato che le questioni controverse tra le parti -qual riconducibili alle eccezioni articolate in giudizio dalle parti ricorrenti -sono state (tutte) compiutamente esaminate dal giudice del gravame che, come anticipato, ha escluso il difetto di motivazione dell’att o impositivo epperò ne ha rideterminato
il contenuto impositivo con riferimento alla operata rettifica di valore del bene compravenduto.
Non sussiste, dunque, alcun vizio di omessa pronuncia -che non può prospettarsi con le singole argomentazioni, e deduzioni, svolte in giudizio a fondamento di un’eccezione né, del resto, risultando indicate dalle stesse odierne ricorrenti le eccezioni sulle quali il giudice del gravame avrebbe omesso di pronunciare.
4. -Quanto, ora, al secondo motivo, le Sezioni unite della Corte hanno statuito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è quindi ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di
talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
Come, allora, reso esplicito dai relativi contenuti, sopra ripercorsi, la motivazione della gravata sentenza dà, in effetti, pienamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che sono state poste a fondamento del decisum , e della specifica valutazione RAGIONE_SOCIALE stesse.
4.1 -La valutazione che, poi, è stata compiuta in punto di rideterminazione del valore del bene oggetto di imposizione non può essere affatto ascritta alla formulazione di un giudizio equitativo e atteso che il giudice del gravame ha compiutamente articolato i dati fattuali di riferimento (valutazioni del bene alla stregua del valore unitario a mc) sulla cui base è pervenuto alla (ora contestata) conclusione estimativa.
Un siffatto accertamento, come la Corte ha ripetutamente rimarcato, non è riconducibile ad una decisione della causa secondo la cosiddetta equità sostitutiva – che, consentita nei soli casi previsti dalla legge, attiene al piano RAGIONE_SOCIALE regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia ed attribuisce al giudice il potere di prescindere nella fattispecie dal diritto positivo -così che non è ipotizzabile la violazione dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ. e, rientrando il suddetto apprezzamento nei generali poteri conferiti al giudice dagli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., la relativa pronuncia, rimessa alla sua prudente discrezionalità, è suscettibile di controllo, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo della carenza od inadeguatezza della corrispondente motivazione (Cass., 19 giugno 2020, n. 12021; Cass., 21 dicembre
2015, n. 25707; Cass., 24 febbraio 2010, n. 4442; Cass., 21 novembre 2005, n. 24520).
5. -In relazione, ora, al difetto di motivazione dell’atto impositivo, che risulta ascritto al contenuto del terzo motivo di ricorso, occorre premettere che la censura si risolve in una (mera) riproposizione di deduzioni difensive connotate da anomia di riferimenti al relativo contenuto, deduzioni che non danno alcun conto dell’effettivo contenuto motivazionale oggetto di contestazione e che, pertanto, nemmeno mettono la Corte nella condizione di poter verificare il denunciato deficit di motivazione; come, difatti, la Corte ha ripetutamente rimarcato, la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde , ex plurimis , Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786).
Per di più, in tema di motivazione dell’avviso di rettifica, la Corte ha statuito che – assolvendo la motivazione dell’atto alla funzione di delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e, al contempo, di consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente – l’obbligo in questione deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale la rettifica è stata operata, laddove (solo) nella eventuale fase contenziosa viene in considerazione l’onere dell’Amministrazione di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto, fase, questa, nella quale il contribuente ha la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (v. già Cass. Sez. U., 26 ottobre 1988, n.
5783, cui adde , Cass., 8 agosto 2022, n. 24449; Cass., 26 gennaio 2018, n. 1961; Cass., 6 giugno 2016, n. 11560; Cass., 25 marzo 2011, n. 6914; Cass., 1 dicembre 2006, n. 25624; Cass., 12 maggio 2003, n. 7231; Cass., 19 ottobre 2001, n. 12774; Cass., 8 marzo 2001, n. 3419; Cass., 25 luglio 1997, n. 6958; Cass. Sez. U., 4 gennaio 1993, n. 8; Cass. Sez. U., 21 dicembre 1990, n. 12141).
E, più specificamente, si è rimarcato che deve considerarsi adeguatamente motivato l’atto impositivo i cui dati rinvengano, così come nella fattispecie, da una stima effettuata dall’UTE (v. Cass., 3 dicembre 2014, n. 25559; Cass., 25 marzo 2011, n. 6928).
6. -Il quarto motivo, come anticipato, deve ritenersi inammissibile nella misura in cui -risolvendosi in un generico, ed indistinto, rinvio ad una stima di parte qual (in tesi) rilevante ai fini di una corretta determinazione del valore bene oggetto di imposizione -non individua il fatto storico – che, se esaminato, avrebbe dovuto fondare una conclusione diversa da quella cui il giudice del gravame è pervenuto e si risolve in una (mera) riproposizione di argomenti probatori che fuoriescono dai limiti del sindacato della Corte.
Come statuito dalle Sezioni Unite della Corte, difatti, la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che l’omesso esame di elementi istruttori – e, a maggior ragione, di tesi difensive o argomenti probatori – non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde , ex
plurimis , Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881).
Laddove il fatto storico rilevante risiedeva, nella fattispecie, piuttosto che, come si assume, nel « … (diverso valore attribuito al bene dal contribuente, a mezzo di consulenza di parte …) … » – nei dati fattuali che, per l’appunto, deponevano per una siffatta conclusione probatoria.
7. -Nemmeno il quinto motivo di ricorso può trovare accoglimento in quanto il giudice del gravame ha espressamente correlato la compensazione RAGIONE_SOCIALE «spese di lite» al «parziale accoglimento della domanda »; ov’è, dunque, inequivoco – in ragione dei riferimenti operati alla «domanda» (piuttosto che ai motivi di appello), ed alla «lite» (piuttosto che al giudizio di appello) -che (così) il giudice del gravame ha disciplinato le spese in relazione all’esito complessivo del giudizio e, dunque, compensando le spese del doppio grado.
In disparte che lo stesso criterio di valutazione posto a fondamento della rideterminazione della base imponibile del tributo esponeva un valore mediano tra quelli controversi tra le parti, è, poi, del tutto evidente che la statuizione sulle spese è stata specificamente motivata. In tema di spese processuali si è, quindi, rilevato che il sindacato della Corte Suprema di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass., 19 novembre 2021, n. 35616; Cass., 17 ottobre 2017, n. 24502; Cass., 31 marzo 2017, n. 8421; Cass., 19 giugno 2013, n. 15317).
-Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono in solido la soccombenza di parti ricorrenti nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento in solido, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2023.