Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3412 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3412 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17403/2022 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE SALERNO, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Commissione tributaria regionale della Campania, sede di NAPOLI n. 8832/2021 depositata il 27/12/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’amministrazione comunale ha notificato al contribuente, odierno ricorrente, un avviso di accertamento con il quale richiedeva il pagamento della differenza d’imposta IMU, oltre sanzioni ed interessi, relativamente all’annualità d’imposta 2014, recuperando a tassazione gli imponibili relativi, tra gli altri, a diversi cespiti classificati come aree fabbricabili.
Il contribuente ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno, la quale ha emesso la sentenza n. 1108/2020 di rigetto del ricorso proposto dal contribuente, ritenendo che il provvedimento fosse adeguatamente motivato e che le sanzioni fossero legittime.
Tale decisione è stata impugnata dal contribuente innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania, la quale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello ritenendo: sufficiente la motivazione dell’avviso di accertamento, in quanto conteneva riferimenti precisi agli atti regolamentari e deliberativi del Comune di Salerno che stabilivano la classificazione delle aree come edificabili, i criteri per l’attribuzione degli indici di edificabilità e i relativi valori di riferimento, oltre agli identificativi catastali degli immobili, al soggetto passivo dell’imposta e al criterio di calcolo della stessa; la validità della “motivazione per relationem ” in quanto l’avviso di accertamento, pur non riportando tutti i dettagli, rimandava in modo chiaro e preciso agli atti generali del Comune, che si presumono conoscibili dal contribuente; corretta la determinazione del valore delle aree edificabili, in quanto basata sul valore venale in comune commercio stabilito dal regolamento comunale e tenendo conto dei criteri previsti dalla normativa, come la zona territoriale, l’indice di edificabilità e la destinazione d’uso. La CTR ha altresì giudicato insufficienti le prove presentate dal contribuente per contestare la valutazione del Comune, sulla base della considerazione che le fonti
OMI richiamate erano riferite a transazioni su immobili risalenti nel tempo e obliteravano quindi la trasformazione edilizia dei suoli prevista dal PUC e la radicale modifica dei valori dei suoli edificabili costituita dalla natura perequativa dello stesso PUC.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi, cui ha resistito con controricorso l’ amministrazione comunale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3, si deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212 (obbligo di motivazione degli avvisi di accertamento) in relazione con l’art. 10, comma 1 d.lg s. n. 504/92. L’avviso di accertamento IMU per l’annualità 2014 sarebbe carente di motivazione in quanto non espliciterebbe l’ iter logico-giuridico seguito dal Comune di Salerno per determinare il valore imponibile delle aree edificabili e la motivazione per relationem riferita alla delibera di Giunta n. 240 del 23/02/2007 e alla relativa relazione di stima per giustificare il valore imponibile non sarebbe sufficiente, poiché non chiarisce in che modo i valori fissati nel 2007 possano essere considerati validi anche per l’anno d’imposta 2014, in un contesto di mercato immobiliare mutato. Il ricorrente ha sottolineato, in particolare, che il principio dell’autonomia dell’obbligazione tributaria (art. 10, comma 1 d.lgs. n. 504/92) richiede che la valutazione del valore imponibile sia attualizzata per ogni anno d’imposta, mentre la semplice indicazione di valori stabiliti in un atto generale del 2007 non soddisfa tale requisito. Non sarebbero inoltre state considerate le condizioni effettive dei luoghi e altri elementi che influenzano la base imponibile, come previsto dall’art. 5, comma 5 del d.lgs. n. 502/92.
1.1. La censura è infondata.
1.2. Questa Corte ha avuto modo di chiarire, a più riprese, che ‹‹1.3. La motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica,
presidiata dall’art. 7 della legge 27 luglio 2002, n. 212, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa, sicché il corrispondente obbligo deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti adottati e delle relative risultanze, mentre le questioni attinenti all’idoneità del criterio applicato in concreto attengono al diverso piano della prova della pretesa tributaria (cfr. Cass. n. 9810 del 7/05/2014); 1.4. con particolare riguardo all’ICI (sulla base di principi applicabili anche all’IMU) l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 26431 dell’8/11/2017)’ (Cass., 28/05/2024, n.14890)››.
1.3. Nel caso di specie, tale obbligo appare ampiamente rispettato, in quanto integrato per relationem con riferimento ad atti conoscibili dal contribuente, considerato anche l’obbligo di allegazione all’avviso d’accertamento, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 7, degli atti oggetto di rinvio per relationem riguarda gli atti non conosciuti, e non altrimenti conoscibili, da parte del contribuente, laddove le delibere comunali, che atti generali per i quali è prevista una pubblicità legale, non sono soggette all’obbligo di allegazione perché la loro conoscibilità
è presunta (cfr., ex plurimis , Cass. 25/11/2022 n 34879, che adde Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755) Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755).
1.4. In particolare, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’avviso d’accertamento che fa riferimento alla delibera della giunta comunale contenente la determinazione dei valori minimi delle aree edificabili, comprensiva di quella oggetto di imposizione, deve ritenersi sufficientemente motivato in quanto richiamante un atto di contenuto generale avente valore presuntivo e da ritenersi conosciuto (o conoscibile) dal contribuent e, spettando a quest’ultimo l’onere di fornire elementi oggettivi (eventualmente anche a mezzo perizia di parte) sul minor valore dell’area edificabile rispetto a quello accertato dall’ufficio (Cass. 05/07/2017, n. 16220 (Rv. 644804 – 01)).
1.5. Le considerazioni sviluppate col motivo, in realtà, riguardano il diverso piano della prova e quindi dell’asserita infondatezza della pretesa, non già quello dell’allegazione e, quindi, della completezza motivazionale: ‹‹nel processo tributario, doven do distinguersi il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova, l’omessa allegazione del documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente non rileva ai fini della validità dell’avviso di accertamento se la motivazione dell’avviso, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente›› (Cass. 25/03/2024, n. 8016).
1.6. Il motivo è dunque infondato e va respinto.
2 . Con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3, si deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 2, comma
1 e 5, comma 5 del d.lgs. 504/1992, in disposizione combinata con l’art. 59, comma 1. lett. g) del d.lgs. del 15/12/1997, n. 446 e con l’art. 10, comma 1 del d.lgs. 30/12/1992 n. 504. Il ricorrente lamenta, in particolare, la mancata valutazione da parte dei giudici di merito del valore venale in comune commercio delle aree edificabili, come previsto dall’art. 5, comma 5 del d.lgs. 504/92, atteso che si sarebbe dovuto tenere in considerazione criteri specifici, come la zona territoriale di ubicazione, l’indice di edificabilità, la destinazione d’uso consentita, gli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione e i prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. L’esercizio della po testà regolamentare da parte del Comune sarebbe infine in contrasto con il principio di annualità d’imposta: l’art. 59, comma 1 lett. g) d.lgs. 446/97, pur consentendo la determinazione periodica del valore venale delle aree fabbricabili, prescriverebbe il principio di annualità d’imposta, che richiede conseguentemente la verifica e l’eventuale modifica del valore imponibile per ogni anno solare. Infine, gli elementi posti a supporto delle contestazioni non sarebbero stati adeguatamente considerati dai giudici di merito e la mancata attualizzazione del valore imponibile delle aree edificabili, basata su valori stabiliti nel 2007, violerebbe il principio di capacità contributiva, in quanto non tiene conto delle variazioni del mercato immobiliare e delle condizioni specifiche delle aree oggetto di tassazione.
2.1. Il motivo è infondato.
Diversamente da quanto scritto in ricorso, la CTR ha valutato la relazione di parte, ritenendola inattendibile, in base alle considerazioni dinanzi riassunte.
Va ribadito sul punto che le delibere con le quali il Consiglio comunale, ex art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, determina periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili hanno la finalità di limitare il potere
di accertamento dell’ente territoriale qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello indicato in dette delibere e pertanto sono fonti di presunzione, per quanto suscettibile di prova contraria (Cass. n. 17248/19); prova contraria che, nel caso in esame, il giudice d’appello ha escluso sia stata fornita, ritenendo inattendibile la perizia tecnica di parte.
2.2. La censura complessivamente proposta non riesce quindi a scardinare l’apprezzamento in fatto, contenuto nella sentenza impugnata, concernente la correttezza della valutazione delle aree fabbricabili oggetto dell’accertamento IMU, sulla base di criteri oggettivi e verificabili.
E proprio tale elemento -la esistenza cioè di una pronuncia sui criteri -costituisce il tratto differenziale dalla citata sentenza n. 18051/2021 di questa Corte, che non appare dunque congrua rispetto alla presente fattispecie: vi si legge difatti che ‘ la CTR, nonostante il rilievo dubitativo sulla inammissibilità dell’appello reso palese dall’uso del condizionale (l’appello dovrebbe addirittura dichiararsi inammissibile) ha poi rigettato il gravame, limitandosi però ad una motivazione che non si esprime in ordine alle contestazioni sul quantum esposte dalla parte, limitandosi all’affermazione del principio che l’area va considerata edificabile in base allo strumento urbanistico’, senza alcun riferimento, quindi alla delibera della giunta comunale e alla relazione di parte.
2.3. Sotto tale profilo la censura è dunque infondata.
2.4. Sotto l’altro angolo prospettico lamentato dal ricorrente, e diversamente da quanto egli propone, la periodica rivisitazione dei valori di stima non può ritenersi vincolata ad un obbligo avente cadenza annuale, pari, cioè, ad ogni periodo di imposta.
Invero, l’art. 5, c. 5, del d.lgs. 504/1992 dispone che ‘5. Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla
zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche’.
L’art. 59, comma 1, lett. g) d.lgs. 446/97 dispone a sua volta che ‘1. Con regolamento adottato a norma dell’articolo 52, i comuni possono (…) g) determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di c ontenzioso’.
2.5. In tema di IMU, la revisione periodica delle stime di valore ai fini della imposta immobiliare costituisce dunque una facoltà, e non un obbligo, rispetto a cui non è prevista una cadenza annuale di revisione, ancorché il periodo di imposta sia, indubb iamente, l’anno solare, ai sensi dell’art. 10, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504: ‘1. L’imposta è dovuta dai soggetti indicati nell’articolo 3 per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria’, la revisione periodica non è certamente ancorata a tale scadenza.
2.6. Deve quindi operarsi, da parte dell’amministrazione, una verifica periodica del valore nel caso concreto, ma certamente non con la pretesa cadenza annuale (pari cioè al periodo di imposta).
2.7. Il punto è che la CTR ha affermato la congruità nel caso di specie del valore venale, in base ai criteri omogenei di stima fissati con la delibera di giunta, e ha motivatamente escluso che il contribuente
sia riuscito a dimostrare l’inattendibilità di tali valori , con tipico apprezzamento di merito, non sindacabile in questa sede.
2.8. D’altronde è consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
2.9. Alla luce di tali ragioni il motivo non può essere accolto.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.880,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 30/01/2025.