Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21634 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21634 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15519/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO COGNOME presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 1187/2023 depositata il 14/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, sulla base di sette motivi, per la cassazione, della sentenza n. 1187/03/23 della CGT-2 della Campania che, in controversia relativa all’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione per imposta di registro in relazione alla rideterminazione del valore venale di un locale sito in Napoli, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto parzialmente il ricorso dei contribuenti, rideterminando il valore dell’immobile in euro 138.600,00 a fronte dell’importo di euro 185.500,00 stabilito dall’ufficio.
I giudici di appello affermavano che correttamente la CTP aveva ritenuto non fondata l’eccezione in punto di carenza di motivazione dell’atto impugnato, atteso che l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica, avendo la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale fase successiva e consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente, deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto, in base al quale la rettifica è stata operata, poiché solo nella fase contenziosa l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto. Affermavano, poi, che era condivisibile la scelta del giudice di primo grado di ridurre, nei limiti indicati, la stima effettuata dall’Ufficio alla luce dello stato ‘mediocre’ di conservazione in cui versava l’immobile in questione, che necessita di interventi manutentivi, così come emergeva dalla perizia presente in atti.
3. L’Ufficio resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i contribuenti deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 1, comma 307, legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) e 52 TUR, per avere i giudici territoriali considerato legittima la procedura utilizzata per la
rideterminazione del valore dell’immobile oggetto di compravendita tramite i valori OMI.
Con il secondo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma nn. 3 c.p.c., violazione degli artt. 1346 c.c., 7 l. 212/2000, e 3 l. 241/90 in ragione della violazione del diritto di difesa, stante la mancata produzione dei rogiti notarili assunti a comparazione ai fini della rideterminazione del valore da assumere quale base imponibile nel caso di specie.
Con il terzo motivo lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., violazione dell’ art. 113 c.p.c., per avere i giudici di appello deciso in violazione delle disposizioni che dettano l’obbligo di decidere sulla base di norme di diritto.
Con il quarto ed il quinto motivo, fra loro connessi, deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., violazione degli artt. art. 115 e 116 c.p.c., per avere la CGT-2 ritenuto legittimo il procedimento di accertamento eseguito dall’Agenzia delle entrate, incorrendo nella violazione delle disposizioni normative suddette in tema di valutazione delle prove.
Con il sesto motivo, deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 132 nn. 3 e 4 c.p.c. , per avere i giudici di appello adottato una motivazione meramente apparente.
Con il settimo motivo, lamentano , ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c. , non avendo l’ufficio comprovato il maggior valore contestato.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
Per ragioni di ordine logico va esaminato, preliminarmente, il sesto motivo con cui i ricorrenti hanno lamentato la mera apparenza della motivazione. Tale motivo è privo di fondamento alcuno.
Invero per le Sezioni Unite di questa Corte, la motivazione è solo apparente e la sentenza è nulla, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a
far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 , che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 ; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 ). Ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione».
Deve ritenersi che la sentenza, nel disattendere le censure relative alla illegittimità dell’atto impositivo in ragione della non conformità ai parametri normativi di riferimento, raggiunga il c.d. ‘minimo costituzionale’, dovendosi, da un lato, leggere le relative statuizioni in combinato disposto con le argomentazioni della pronunzia di primo grado richiamata e, per altro verso, rilevare che tutte le questioni dedotte sono state espressamente o implicitamente disattese in forza di univoche ragioni decisorie.
8. Il primo motivo ed il secondo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
8.1. Questa Corte, in tema di accertamento tributario, ha ribadito più volte che «l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Al conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l’avviso enunci il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale sede contenziosa l’onere dell’Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente (e sempre che l’impugnazione giudiziale contenga specifiche e dettagliate allegazioni al riguardo) gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per l’accertamento» (vedi Cass. n. 14426/2017; n. 565/2017; n. 11560/2016; n. 25559/2014; n. 25153/2013; n. 14027/2012 richiamate da Cass. civ. n° 26482/20). Nella specie l’atto impositivo, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, risulta adeguatamente motivato attraverso il richiamo non solo ai dati OMI -valori, quindi, non utilizzati quale unico parametro di riferimento ma anche ai valori di altri immobili similari specificati, sì da consentire l’esercizio del diritto di difesa.
Atteso che, come accertato dai giudici territoriali, l’avviso risulta sufficientemente motivato con indicazione del criterio astratto e degli elementi valutativi, appare evidente che le parti ricorrenti, nella sostanza, finiscono per contestare non un vero e proprio difetto di ‘motivazione’ dell’atto impositivo quanto piuttosto la carenza di adeguati elementi di ‘prova’ ai fini della rettifica del valore , aspetto del tutto diverso. Del resto, a fronte della ricostruzione dei giudici di merito circa la adegu atezza della motivazione dell’atto impositivo , la
contestazione relativa alla mancata produzione dei rogiti in comparazione, in sé, non coglie in alcun modo nel segno.
9. Anche il terzo motivo è infondato posto che non risponde al vero che i giudici territoriali avrebbero giudicato secondo equità, ove si rilevi che risulta pacifico che gli stessi abbiano valutato la adeguatezza dell’atto impositivo , prendendo in esame gli elementi di prova acquisiti, ivi compresa la richiamata perizia di parte.
10. Privi di fondamento alcuno sono, anche, i motivi quarto e quinto i quali possono essere esaminati unitariamente in quanto fra loro logicamente connessi.
10.1. Sul piano dei principi occorre rilevare che questa Corte ha ribadito ed ulteriormente precisato che in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo, ipotesi questa diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene, invece, alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto. Il tutto, peraltro, a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza (cfr. Cass, Sez. III, 26 aprile 2022, n. 12971).
Ed ancora, sempre in relazione alla previsione dell’art. 115 cod. proc. civ., è stato chiarito che «per dedurre la sua violazione ‘è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in
contraddizione con la prescrizione della norma’, ossia che abbia ‘giudicato o contraddicendo espressamente la regola, dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio’, mentre ‘detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre», trattandosi di attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (v. Cass. n. 11892 del 10/06/2016)’» (così, Cass., Sez. T., 4 giugno 2019, n. 15195 e, nello stesso senso, Cass., Sez. II, 7 gennaio 2019, n. 1229 e Cass., Sez. T, 23 settembre 2019, n. 27983, nonché Cass., Sez. U. civ., 30 settembre 2020, n. 20867, Cass., Sez. VI-I, 23 novembre 2022, n. 34472 ed ancora Cass., Sez. III, 22 marzo 2022, n. 9225, che richiama Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598 e Cass., Sez. VIII, 23 ottobre 2018, n. 26769 del 2018, nonché Cass., Sez. VI/T, 25 gennaio 2022, n. 2242, che richiama pure Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28894; Cass., Sez. 6^-5, 28 ottobre 2021, n. 30535).
10.2. Ebbene, nella fattispecie in esame, deve riconoscersi che il Giudice regionale non ha violato le predette disposizioni in quanto nel pervenire alle proprie conclusioni ha operato, nell’ambito dei poteri di propria competenza, una compiuta valutazione dei complessivi dati istruttori, ritenendo non decisivi gli (ulteriori) elementi di segno contrario indicati dai contribuenti.
11. Il settimo motivo è privo di fondamento alcuno.
I ricorrenti, in modo del tutto generico ed eccentrico, lamentano la violazione dell’art. 2697 c.c. senza osservare le condizioni poste da questa Corte per la prospettazione della censura. Occorre infatti ribadire -come già a suo tempo evidenziato da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016, in motivazione espressa, sebbene non massimata
sul punto, il cui principio di diritto è costantemente ribadito (ex multis, Cass. n. 26769 del 2018) -che in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.
Con tale censura i contribuenti mirano, sostanzialmente, ad una valutazione probatoria contraria e differente rispetto a quella operata dai giudici di merito che hanno, peraltro, anche ridotto quanto stimato dall’Ufficio .
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’Ufficio nella somma di euro 2.200,00 oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione