Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5459 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10429/2023 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME COGNOME Serena , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Messina, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL ), giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL );
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia il 27 ottobre 2022, n. 9058/10/2022;
CATASTO ACCERTAMENTO MOTIVAZIONE PROCEDURA DOCFA
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia il 27 ottobre 2022, n. 9058/10/2022, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento catastale n. ME0110547/2013 – atto n. ME0041766/2016 del 16 aprile 2016, in relazione ad immobili dei quali ella era proprietaria, e precisamente in relazione ad immobile ubicato in Messina alla INDIRIZZO e censito in catasto con la particella 112 sub. 47 del folio 225, con la rettifica della classe 10^ nella classe 13^ e della rendita dalla misura di € 3.565,10 alla misura di € 5.619,57 , nonché in relazione ad immobili ubicati in Messina alla INDIRIZZO e censiti con le particelle 62, 63 e 64 del folio 228, con la rettifica per tutti della classe 2^ nella classe 3^ e delle rendite, per il primo, dalla misura di € 3.041,93 a lla misura di € 3.744,31, per il secondo, dalla misura di € 3.522,24 a lla misura di € 4.118,74 e per il terzo, dalla misura di € 3.682,34 a lla misura di € 4.680,39 , all’esito di procedura DOCFA dell’anno 2016 (in virtù di denuncia di variazione del 24 maggio 2012, prot. n. ME0124574), in sede rescindente, ha revocato -su istanza della medesima – la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Sicilia il 4 aprile 2022, n. 2847/03/2022, e, in sede rescissoria, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Messina il 21 dicembre 2017, n.
7603/11/2017, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure
che aveva accolto il ricorso originario della contribuente ed aveva annullato l’atto impositivo – sul rilievo che l’avviso di accertamento catastale fosse stato adeguatamente motivato.
L ‘Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’atto impositivo fosse munito di adeguata motivazione.
Secondo la ricorrente: « Nel caso di specie, come accertato in punto probatorio dalla Corte di Giustizia di I Grado, ed oggetto di ampia disamina nelle controdeduzioni depositate dal contribuente in appello (inizialmente, come ricordato, non valutate) ai fini motivazionali l’Agenz ia ha fatto riferimento a clausole di stile, senza alcuna indicazione idonea a suffragare i valori da questa attribuiti per mezzo della rettifica. I riferimenti catastali degli immobili comparati sono del tutto erronei: come specificato da questa difesa, infatti, si tratta di immobili con diverse metrature, diversi vani, diversi servizi e soprattutto diverse condizioni suscettibili di determinare profonde differenze tra gli immobili oggetto della comparazione, mentre, di contro, il contribuente ha fornito documentazione utile alla corretta determinazione dei valori immobiliari ».
1.1 Il predetto motivo è infondato.
1.2 Ora, i n tema di estimo catastale, l’obbligo di motivazione a carico dell’amministrazione finanziaria si atteggia diversamente, a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente. La costituzione di nuovi immobili avvenuta per edificazione urbana o per una variazione nello stato degli immobili urbani, che influisce sul classamento o sulla consistenza (fusione o frazionamento, cambio di destinazione, nuova distribuzione degli spazi interni, ecc.) deve essere dichiarata in catasto. La dichiarazione, a carico degli intestatari dell’immobile, avviene con la presentazione all’Agenzia del Territorio (con decorrenza dall’1 dicembre 2012, in virtù dell’art. 23 -quater del d.l. 6 luglio 2012, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all’Agenzia delle Entrate) competente di un atto di aggiornamento predisposto da un professionista tecnico abilitato (architetti, dottori agronomi e forestali, geometri, ingegneri, periti agrari e periti edili), attivando la procedura cd. DOCFA. A fronte di tali dichiarazioni l’ufficio può quindi effettuare i dovuti controlli e attivare eventuali rettifiche d’ufficio, che vanno notificate ai soggetti intestatari.
1.3 Nell’ipotesi in cui l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, questa Corte ha più volte ribadito che, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura DOCFA , l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa
valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., Sez. 6^-5, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6^-5, 23 febbraio 2021, n. 4807; Cass., Sez. 5^, 24 febbraio 2021, n. 4955; Cass., Sez. Trib., 4 settembre 2023, n. 25682; Cass., Sez. Trib., 19 settembre 2024, n. 25144).
1.4 L’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia quando l’Agenzia del Territorio (ora, l’Agenzia delle Entrate) muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione; costituisce, infatti, altro orientamento consolidato quello secondo cui, in tema di estimo catastale, quando procede all’attribuzione d’ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio (ora, l’Agenzia delle Entrate), a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, deve specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloc a l’unità immobiliare; l’Agenzia del Territorio (ora, l’Agenzia delle Entrate) dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e nel secondo caso l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla
microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano; tali specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonché per impedire all’amministrazione finanziaria, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 25 luglio 2012, n. 13174; Cass., Sez. 6^-5, 14 novembre 2012, n. 19949; Cass., Sez. 5^, 20 settembre 2013, n. 21532; Cass., Sez. 5^, 30 luglio 2014, n. 17328; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34603; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2020, n. 6867; Cass., Sez. 6^-5, 23 novembre 2021, nn. 36217 e 36218; Cass., Sez. Trib., 21 dicembre 2022, n. 37371; Cass., Trib., 11 agosto 2023, n. 24586; Cass., Sez. Trib., 19 settembre 2024, n. 25144; Cass., Sez. Trib., 26 novembre 2024, n. 30448).
1.5 Il legislatore è intervenuto più volte in materia, nel tentativo di realizzare una riforma del catasto che consentisse di eliminare, o quanto meno di contenere, le sperequazioni impositive derivanti dallo squilibrio, per alcuni immobili, tra i valori catastali riferiti ad anni risalenti e i valori di mercato attuali, accresciuti notevolmente dalla collocazione in un mutato sistema economicoculturale dell’assetto urbano; sono stati, dunque, previsti dei meccanismi che consentissero di effettuare, in presenza di specifici presupposti e condizioni, degli interventi correttivi di portata generalizzata, sollecitando in tal modo l’amministrazione finanziaria a procedere a delle verifiche c.d. massive.
In relazione al contenuto minimo della motivazione di tali atti di riclassamento, di immobili quindi già muniti di rendita catastale, ma oggetto di rettifica per iniziativa dell’amministrazione finanziaria, questa Corte ha posto i seguenti principi:
a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;
b) se la variazione è stata effettuata ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;
c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi dell’art. 3, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 13 novembre 2012, n. 19820; Cass., Sez. 6^-5, 8 marzo 2013, n. 5784; Cass., Sez. 6^-5, 6 maggio 2013, n. 10489; Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2015, n. 697; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34603; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2020, n. 6867; Cass., Sez. 6^-5, 23 novembre 2021, nn. 36217 e 36218; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2022, n.
37371; Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2023, n. 24586; Cass., Sez. 5^, 19 settembre 2024, n. 25144; Cass., Sez. Trib., 26 novembre 2024, n. 30448).
1.6 Giova anche evidenziare che la motivazione dell’atto di ‘riclassamento’ non può essere integrata dall’amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (Cass., Sez. 6^-5, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2018, n. 25450), né il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.
1.7 La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, affermato che l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum debeatur ; detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 26 marzo 2014, n. 7056; Cass., Sez. 5^, 9 luglio 2014, n. 15633; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2014, n. 22003; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34603; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2020, n. 6867; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28819; Cass., Sez. 6^-5, 23 novembre 2021, nn.
36217 e 36218; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2022, n. 37371; Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2023, n. 33135).
1.8 Del tutto diverso è il caso dell’accertamento operato all’esito di procedura DOCFA, in cui il contribuente presenta , ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.m. 19 aprile 1994, n. 701, dichiarazione « per l’accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione, di cui all’art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1949, n. 1142 », ovvero dichiarazione « di variazione dello stato dei beni, di cui all’art. 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall’art. 2 del decreto legislativo 8 aprile 1948, n. 514 ».
In tale ipotesi, come si è detto, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati amministrativo -censuari (categoria, classe, consistenza, superficie e rendita), all’esito della verifica fattane d’ufficio, qualora gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra dati proposti e dati attribuiti derivi da una valutazione tecnica degli immobili. Per cui, i dati forniti dal contribuente non sono disattesi, ma soltanto riesaminati e rivalutati dall’amministrazione finanziaria con riferimento all’attribuzione della categoria, della classe, della consistenza e della rendita del fabbricato; per cui, è possibile (e, il più delle volte, accade) che la eventuale difformità tra la classificazione denunciata dal contribuente e la classificazione accertata dall’amministrazione finanziaria nell’ambito della procedura DOCFA derivi da una diversità di valutazione, qualificazione o inquadramento dei medesimi elementi di fatto (descrizioni,
misure, grafici e planimetrie), che vengono elaborati sulla base dei criteri tecnici fissati dalla disciplina regolamentare in materia catastale; il che esime, comunque, l’amministrazione finanziaria dall’onere di formulare una motivazione più particolareggiata per l’atto di riclassamento con specifico riguardo alle discrepanze emerse all’esito dell’accertamento rispetto alla proposta del contribuente (Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2021, n. 3104; Cass., Sez. 6^-5, 1 febbraio 2022, n. 3017).
La fattispecie in disanima è chiaramente riconducibile alla prima ipotesi, giacché i dati forniti dalla contribuente non sono stati disattesi, ma soltanto rivalutati dall’amministrazione finanziaria con riferimento all’attribuzione della classe e della rendita degli immobili; per cui, è possibile (e, il più delle volte, accade) che la eventuale difformità tra la classificazione denunciata dal contribuente e la classificazione accertata dall’amministrazione finanziaria nell’ambito della procedura DOCFA derivi da una diversità di valutazione, qualificazione o inquadramento dei medesimi elementi di fatto (descrizioni, misure, grafici e planimetrie), che vengono elaborati sulla base dei criteri tecnici fissati dalla disciplina regolamentare in materia catastale; il che esime, comunque, l’amministrazione finanziaria dall’onere di formulare una motivazione più particolareggiata per l’atto di riclassamento con specifico riguardo alle discrepanze emerse all’esito dell’accertamento rispetto alla proposta del contribuente (Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2021, n. 3104).
1.9 Nella specie, è pacifico che la rettifica catastale è stata originata da procedura DOCFA su denuncia di variazione per ‘ fusione-diversa distribuzione degli spazi interni ‘ su iniziativa della contribuente. Ne discende che la sentenza impugnata si
è uniformata ai principi enunciati, con l’affermazione che: « Passando, quindi, al riesame dell’atto di appello dell’Agenzia delle Entrate e delle Controdeduzioni del Contribuente, la Suprema Corte in tema di motivazione degli atti di classamento ed attribuzione di rendita catastale conseguenti a procedura Docfa, con un indirizzo ormai consolidatosi, ha affermato (cfr. Cass. Sent. N. 997/2018) che: “qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dall’art. 2 del d. I. n. 16 del 1993, convertito in I. n. 75 del 1993, e dal d. m. n. 701 del 1994 (cd. Procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati”; là dove, in caso contrario – e cioè nell’ipotesi in cui la discrasia non derivi dalla stima del bene ma dalla divergente valutazione degli elementi dì fatto indicati dal contribuente -“la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso” (da ultimo, Cass. ord.12497/16). Si tratta di orientamento che si pone in linea con quanto stabilito da Cass. 23237/14, la quale (richiamando Cass. ord.3394/14) ha affermato che: “in ipotesi di classamento di un fabbricato mediante la procedura Docfa, l’atto con cui l’amministrazione disattende le indicazioni date dal contribuente deve contenere un’adeguata -ancorché sommaria – motivazione, che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria, affermando, appunto,
che l’Ufficio non può ‘limitarsi a comunicare il classamento che ritiene adeguato, ma deve anche fornire un qualche elemento che spieghi perché la proposta avanzata dal contribuente con la Dofca viene disattesa”‘. Nel caso di specie, come correttamente rilevato dall’Ufficio, con l’avviso di accertamento originariamente impugnato è stata rettificata soltanto la classe, quale elemento non fattuale ma esclusivamente reddituale, indicante cioè (ai sensi dell’art. 9 R.D.L. n. 652/1939) ‘la rendita lorda media o rdinaria ritraibile’ dall’unità immobiliare in oggetto, per cui l’atto deve considerarsi sufficientemente motivato ». Difatti, la peculiare natura della procedura disciplinata dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701, escludeva la necessità di una motivazione dettagliata in ordine allo scostamento dalla proposta della contribuente.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la infondatezza del motivo dedotto, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 4.500,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio