Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18984 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18984 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5351/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa ex lege l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4722/2017 depositata il 26/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE presentava cinque D.o.c.f.a. per l’accorpamento di alcuni subalterni di un immobile di sua proprietà, individuando le rendite catastali nella sommatoria dei valori emergenti dal catasto edilizio urbano. L’Agenzia delle entrate, con cinque diversi avvisi di accertamento, rettificava le dichiarazioni della contribuente, aumentando le rendite catastali di circa il 30% e modificando anche le categorie e le classi catastali.
La società impugnava gli avvisi di accertamento catastali in quanto carenti degli elementi necessari a comprendere le ragioni e la pretesa dell’ufficio.
I giudici di primo grado, con sentenza numero 7843 del 2016, riuniti i ricorsi, li respingevano, ritenendo che gli atti rettificativi della rendita contenevano gli elementi necessari per individuare la pretesa fondata sui dati ed elementi conosciuti dal contribuente.
Sull’appello della società contribuente, la Corte distrettuale rigettava l’impugnazione ritenendo che la doglianza relativa alle illegittimità della rettifica delle rendite catastali costituisse domanda nuova non formulata in primo grado.
La società ricorre per la Cassazione della sentenza indicata in epigrafe sulla base di tre motivi, illustrati con memorie successive.
Replica con controricorso l’amministrazione finanziaria
MOTIVI DI DIRITTO
La prima censura, introdotta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., deduce la violazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546/1992 concernente il divieto di domande nuove in appello; per avere la Corte territoriale erroneamente dichiarato inammissibile il secondo motivo d’appello avente ad oggetto l’incongruenza delle nuove rendite attribuite ai cespiti, reputandola domanda proposta per la prima volta in sede di impugnazione.
Si assume che, in realtà, la doglianza era stata proposta in via subordinata alla censura relativa alla carenza motivazionale degli
avvisi già nel primo grado di giudizio, affermando che peraltro l’ufficio si era difeso anche nel merito delle rendite rettificate.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 111, comma 6, Cost, 112 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/1992, per omessa o apparente motivazione della sentenza impugnata, per avere il decidente motivato il rigetto del gravame solo con riferimento ad uno dei cinque avvisi di accertamento, mentre con riferimento agli atti catastali relativi ai subalterni nn. 26, 27, 595, 596, 597, 598 e 599 la Corte distrettuale non ha esplicato le ragioni logicogiuridiche che l’hanno indotta a ritenere l’adeguatezza motivazionale degli avvisi opposti, finendo la contribuente per contestare il riferimento dei valori al biennio 1988-1989.
3.Il terzo motivo di impugnazione deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000 in relazione alla motivazione degli avvisi impugnati; si assume che l’ufficio finanziario doveva dimostrare il maggior valore dei fabbricati, per poi aggiungere che i valori catastali sono stati individuati in quelli di stima di unità immobiliari destinati ad uffici (cat. A/10) diversa dalla categoria catastale D/8 concernente i fabbricati costruiti per esigenze di attività commerciale e non suscettibile di diversa destinazione; grandi negozi, centri commerciali. Insistendo infine sulla inadeguatezza motivazionale degli avvisi, contrariamente a quanto statuito dai giudici regionali, in quanto l’Ufficio modificando il classamento e la categoria catastale avrebbe dovuto offrire una esplicita motivazione della rettifica del classamento e fornire elementi comparativi per l’attribuzione della diversa categoria catastale, che invece non sono stati individuati negli avvisi opposti.
4.Ragioni di pregiudizialità logico-giuridica suggeriscono di derogare all’ordine di prospettazione dei motivi in ricorso, esaminando in via prioritaria il secondo motivo per la diretta attinenza alla motivazione della sentenza, essendo assorbente il suo eventuale accoglimento rispetto alle altre censure.
5.In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
5.1.Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono motivazione meramente apparente,
del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. Un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata). Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 14927 del 2017).
5.2.In tale grave forma di vizio non incorre, dunque, la sentenza impugnata laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello incentrati sulla adeguatezza motivazionale degli avvisi di accertamento catastale, hanno ampiamente motivato sulla congruità del contenuto motivazionale degli avvisi impugnati, contenenti le ragioni poste a fondamento della modifica della categoria, i criteri di stima adottati per l’attribuzione delle nuove rendite, le superfici tassate e l’erronea classificazione dell’autorimessa di 2487 mq, non inquadrabile nella cat. C/6 (piccole autorimesse); l’avviso, inoltre, individua l’aumento della
classe di alcuni cespiti sulla base di metodologie comparative in conformità alle disposizioni normative.
6.Il primo motivo è infondato.
6.1. Dalla lettura dei ricorsi di primo grado emerge con tutta evidenza che le uniche domande formulate concernevano la motivazione degli avvisi e la violazione del termine di dodici mesi per la notifica della rettifica della rendita catastale, mentre non sono state rappresentate critiche ai criteri di stima né alla rappresentazione dello stato dei luoghi. Correttamente, dunque, i giudici regionali hanno dichiarato l’inammissibilità delle domande proposte per la prima volta in sede di impugnazione.
6.2.Trattandosi di domanda nuova inerente un profilo di illegittimità autonomo e distinto da quelli allegati in primo grado (Cass. 16/01/2023, n. 1078, Cass., 23/09/2020, n. 19929), essa non poteva essere proposta nel secondo grado di giudizio, pena la violazione della preclusione «propria del sistema delle impugnazioni e della conservazione degli atti, nonché della stabilizzazione degli effetti degli atti amministrativi, nelle parti non oggetto di impugnazione giurisdizionale» (Cass. 21 gennaio 2024, n. 2199). Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934). Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi, quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in
essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010; Cass. 26/09/2019, n. 24040; Cass., sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199).
Il terzo motivo è destituito di fondamento.
7.1. Come emerge anche dal testo della sentenza impugnata, gli atti impositivi in contestazione rivengono da dichiarazione di variazione (ex artt. 20 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, nel testo novellato dall’art. 2 del d.lgs. 8 aprile 1948, n. 514, e 56 del d.P.R. primo dicembre 1949, n. 1142), che è stata presentata secondo la procedura (c.d. ‘DOCFA’) disciplinata dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701. Come è noto, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura ‘DOCFA’, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2014, n. 23237; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 6^, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2019, n. 25006; Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, n. 17016; Cass., Sez. 5^, 2 febbraio 2021, n. 2247; Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2021, nn. 3104, 3106 e 3107; Cass., Sez. 6^5, 15 marzo 2021, n. 7210; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n.
41179; Cass., Sez. 5^, 7 aprile 2022, n. 11281; Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2023, nn. 31032 e 31073; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2024, n. 9127).
7.2.La fattispecie in disanima è chiaramente riconducibile alla prima ipotesi, giacché i dati forniti dalla contribuente non sono stati disattesi, ma soltanto rivalutati dall’amministrazione finanziaria con riferimento all’attribuzione della diversa categoria al fabbricato; per cui, è possibile (e, il più delle volte, accade) che la eventuale difformità tra la classificazione denunciata dal contribuente e la classificazione accertata dall’amministrazione finanziaria nell’ambito della procedura ‘DOCFA’ derivi da una diversità di valutazione, qualificazione o inquadramento dei medesimi elementi di fatto (descrizioni, misure, grafici e planimetrie), che vengono elaborati sulla base dei criteri tecnici fissati dalla disciplina regolamentare in materia catastale; il che esime, comunque, l’amministrazione finanziaria dall’onere di formulare una motivazione più particolareggiata per l’atto di riclassamento con specifico riguardo alle discrepanze emerse all’esito dell’accertamento rispetto alla proposta del contribuente (Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2021, n. 3104; Cass. n. 29754/2024).
7.3.Nel caso di specie, secondo l’accertamento fattone dal giudice di appello, l’avviso di accertamento con rettifica di classamento riveniente da procedura ‘DOCFA’ contiene tutti gli elementi descrittivi e valutativi, idonei a porre in grado la contribuente di adeguatamente ed immediatamente percepire i presupposti di fatto e le ragioni di diritto della pretesa; si legge, infatti, nella motivazione della sentenza impugnata, che « l’atto contiene tutti gli elementi idonei a rappresentare l’iter motivazionale che ha portato alla decisione dell’amministrazione finanziaria… si dà atto della situazione catastale proposta con la dichiarazione docfa del 2 gennaio 2012 e di quella ravvisata in quanto centri commerciali… nella motivazione del provvedimento si i indica il criterio della stima
diretta sulla base degli elementi economici e quantitativi riportati nella allegata dichiarazione sintetica di cui allegato 1… si spiega il conteggio del valore finale e si comunica che l’unità immobiliare di riferimento era quella del fl. 760 n. 52. Dello stesso tenore sono gli avvisi che si riferiscono agli altri subalterni ciascuno corredato da allegato esplicativo e chiaramente descritti al fine di inquadrarli nella categoria C/6. Per le altre unità C/2, magazzini e locali deposito, è stata confermata la categoria ed aumentata la classe in base alle metodologie comparative».
Segue il rigetto del ricorso.
Le spese del presente giudizio seguono il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal consorzio che liquida in euro 4.305,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di cassazione del 24.06. 2025
Il Presidente NOME COGNOME