Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 151 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 151 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30819/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 1525/2019 depositata il 13/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 1525/01/19, depositata il 13 marzo 2019 e non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della sentenza di primo grado ed in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, rigettava l’impugnazione avanzata dal la contribuente avverso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per la determinazione di un nuovo classamento e rendita catastale dell’unità immobiliare, adibita a struttura sanitaria, ubicata in Roma, INDIRIZZO, T-1-2-3-4- S1, foglio 456, particella 38, subalterno 502.
I giudici di appello rilevavano, in particolare, che l’avviso era da ritenere legittimo in quanto l’Ufficio aveva correttamente eseguito il classamento dell’unità immobiliare oggetto di contenzioso e l’atto impositivo conteneva tutti gli elementi previsti dalla normRAGIONE_SOCIALE vigente.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi illustrati con successiva memoria, la RAGIONE_SOCIALE, già costituitasi con atto di intervento nel giudizio di appello e subentrata all’appellata RAGIONE_SOCIALE.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma , n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 53 e 1, comma 2, d.lgs. n. 546/92 e art. 342 c.p.c., per avere i giudici di appello accolto il gravame dell’Ufficio, pur in difetto di motivi specifici di impugnazione .
Con il secondo motivo deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/92 e 115 c.p.c., per avere la C.T.R accolto l’appello dell’Ufficio non tenendo conto dell’effetto vincolante
correlato all’omessa contestazione dell’eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza degli elementi e dei valori di confronto posti a giustificazione dell’atto impositivo. Rileva che, in sede di gravame, la parte contribuente aveva eccepito la mancata contestazione in primo grado da parte dell’Ufficio, dell’eccezione di illegittimità dell’atto impositivo per mancanza degli elementi e dei valori di confronto posti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrate Territorio a giustificazione dell’atto impositivo, rilevando che l’Ufficio non aveva in alcun modo contestato il ragionamento comparatistico proposto dalla società e finalizzato a minare l’attendibilità dell’atto impositivo ed a smentirne le ragioni poste a base della sua motivazione, dato quello della non contestazione – da cui non poteva prescindersi.
Con il terzo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , per non avere i giudici di secondo grado esaminato e deciso circa l’eccezione di erroneità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione.
Con il quarto deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. nonché del comb. disp degli artt. 7, comma 1, l. n. 212/2000 e 3, legge n. 241/1990, per avere i giudici di appello accolto il gravame dell’Ufficio non tenendo conto che l’atto impositivo era privo di adeguata motivazione, profilo questo oggetto di specifica eccezione da parte della contribuente accolta dai primi giudici. In particolare, lamenta che le lacune di detto atto apparivano evidenti, non essendo stato considerato che la stima dell’Ufficio era stata operata senza indicare gli elementi comuni agli immobili similari e senza indicare gli immobili medesimi, sulla base di un generico criterio comparativo e sulla scorta di stime non trascritte e neppure alleg ate all’atto impositivo .
Con il quinto motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c. , per avere la C.T.R. accolto
l’appello dell’Ufficio pur in assenza di elementi probatori idonei a fondare la pretesa impositiva.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
Il primo motivo è infondato. Va osservato che il ricorso alla commissione tributaria di secondo grado ha, al pari dell’appello, effetto devolutivo, con la conseguenza che il giudice del gravame risulta investito, sia pure nell’ambito del capo di decisione oggetto di censura, del riesame di tutte le questioni da questo stesso capo implicate e, quindi, della rinnovazione del relativo giudizio. Pertanto, qualora il ricorrente lamenti l’erroneità di una determinata statuizione con esclusivo riguardo ad uno degli argomenti svolti dal primo giudice, la mancata formulazione di critiche in ordine ad ulteriori argomenti, nonostante l’autonoma idoneità di questi ultimi a sorreggere detta statuizione, non implica inammissibilità del gravame, a differenza di quanto si verifica con riguardo ai mezzi di impugnazione limitata, come il ricorso per Cassazione, ma o è del tutto irrilevante – se concernente ragioni giuridiche – o è liberamente apprezzabile dal giudice, ai sensi dell’art. 116 c. p. c. – ove si tratti di ragioni di fatto -, in occasione del rinnovato giudizio che gli si richiede. (Cass. 25608/2021). Nel presente caso poiché il gravame era diretto a ottenere la riforma della sentenza di primo grado con conferma dell’atto impositivo, tale domanda ha prodotto adeguatamente l’effetto devolutivo tipico dell’appello, teso a riottenere un completo nuovo esame dei fatti di causa da parte del secondo giudice.
Il secondo motivo non coglie nel segno. Contrariamente a quanto dedotto da parte contribuente, nella specie non è configurabile alcuna ‘non contestazione’ posto che nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei
motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impugnato (Cass. n. 16984/2023), sicchè deve escludersi recisamente che il profilo dedotto -relativo all’illegittimità dell’avviso di accertamento pe r mancanza degli elementi e dei valori di confronto posti a giustificazione dell’atto impositivo potesse essere ritenuto non contestato.
8. Il terzo ed il quarto motivo -da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi -sono privi di pregio. I giudici di appello hanno espressamente considerato il motivo di appello concernente l’asserita carenza motivazionale dell’avviso e l’hanno accolto, con argomentazioni immuni da censure ritenendo, a loro volta, che l’avviso fosse congruamente motivato perché contenente tutti gli elementi essenziali volti a porre la contribuente in condizione di rendersi edotta dei presupposti del classamento e della maggiore rendita, in effetti contestati in sede giudiziale. In secondo luogo, il motivo di ricorso in esame reitera l’eccezione di carente motivazione dell’avviso originariamente formulata senza considerare che quest’ultimo interveniva all’esito di una procedura DOCFA attivata dalla parte privata, così da rendersi applicabile il fermo indirizzo interpretativo di legittimità secondo il quale (Cass.n.31809/18 ed innumerevoli altre): ‘in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del
contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso’. Analogamente si è affermato in Cass.n. 12777/18, il principio secondo cui: ‘in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso’ .
8.1. Ora, nella concretezza del caso emerge dalla stessa narrRAGIONE_SOCIALE della ricorrente che la maggiore rendita venne dall’ufficio attribuita all’esito di una rideterminazione estimRAGIONE_SOCIALE degli stessi elementi di fatto emergenti dalla DOCFA, senza concreta immutazione o contestazione circa lo stato dei luoghi così come descritto dalla richiedente l’aggiornamento catastale, con la precisazione che correttamente i giudici di appello, quanto al valore, hanno evidenziato che ‘il classamento in categoria D/4 rendita €. 52.496,00 era già in atti dalla data del 17/01/2006, oggetto di un precedente collaudo, a seguito di variazione DOCFA presentato dalla parte in data 17/01/2005 prot. NUMERO_DOCUMENTO, e mai contestato dalla stessa parte’, elemento questo ce rtamente idoneo a ridurre gli oneri motivazionali dell’ufficio che , nella specie, devono ritenersi certamente rispettati. In ragione di tali considerazioni non sussiste la dedotta violazione di legge mentre appare evidente che la censura in esame mira, nella sostanza, ad una rivalutazione del merito (adeguatezza del valore del bene) non consentita in questa sede (v.
Cass. n. 14980/2020; Cass. n. 3005/2021), spettando al giudice di legittimità solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quelle compete in via esclusiva l’individuazione RAGIONE_SOCIALE fonti del proprio convincimento, la verifica della loro attendibilità e concludenza e di scegliere tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (Cass. 13.01.2020, n. 331; S.U. 27.12.2019, n. 34476).
Il quinto motivo è inammissibile.
9.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. n. 17313/2020). Nel caso in esame non è ravvisabile una siffatta violazione in quanto la C.T.R., sulla scorta degli elementi fattuali allegati, ha ritenuto congrua la st ima dell’ufficio ed infondati gli elementi di segno opposto offerti da parte contribuente.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
10.1. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell’ufficio controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater ,
d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico dell’ente ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data