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Momento impositivo permuta: quando si pagano le tasse?

La Corte di Cassazione affronta il tema del momento impositivo in una permuta immobiliare tra un terreno e appartamenti da costruire. La controversia nasce da un pagamento aggiuntivo per una porzione di immobile venuta a esistenza in un anno successivo a quello del contratto principale. La Corte ha stabilito che il giudice di merito ha errato nel non considerare il fatto decisivo della reale venuta ad esistenza del bene, che determina il corretto momento impositivo della permuta. La sentenza è stata cassata con rinvio per un nuovo esame dei fatti.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Momento impositivo permuta: quando si pagano le tasse su beni futuri?

Determinare il corretto momento impositivo di una permuta immobiliare, specialmente quando l’oggetto dello scambio è un bene non ancora esistente, è una questione cruciale che può generare complessi contenziosi con il Fisco. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione fornisce chiarimenti fondamentali, sottolineando come la venuta ad esistenza materiale del bene sia un fatto decisivo che il giudice non può ignorare per stabilire l’anno di competenza fiscale dei ricavi.

I Fatti di Causa: La Permuta Immobiliare e l’Accertamento Fiscale

Una società a responsabilità limitata, operante nel settore edile, aveva stipulato un contratto di permuta: in cambio della proprietà di un terreno, si impegnava a realizzare e trasferire due appartamenti ai cedenti. Successivamente, veniva pattuito un corrispettivo aggiuntivo di 15.000 euro per l’acquisto di una superficie ulteriore, la cui realizzazione e consegna avveniva due anni dopo la stipula del contratto principale.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, riteneva che l’intero importo, compreso il conguaglio di 15.000 euro incassato nel 2006, dovesse essere tassato nell’anno 2004, ovvero l’anno di stipula dell’atto notarile. Secondo l’Ufficio, l’effetto traslativo si era perfezionato in quel momento, rendendo irrilevante la successiva realizzazione e consegna della porzione immobiliare aggiuntiva. Di conseguenza, venivano emessi avvisi di accertamento sia nei confronti della società, per maggiori ricavi non dichiarati ai fini IVA e IRES, sia nei confronti del suo socio unico, per la presunta distribuzione di maggiori utili.

Il Percorso Giudiziario e l’Errore della Commissione Tributaria Regionale

I contribuenti impugnavano gli atti, ottenendo un accoglimento parziale in primo grado. In appello, tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) riformava la decisione, dando piena ragione all’Agenzia delle Entrate. La CTR riteneva che tutti i corrispettivi, inclusi quelli fatturati nel 2006, dovessero essere imputati fiscalmente al 2004, anno in cui si era perfezionato l’effetto traslativo del contratto principale. Nel fare ciò, la CTR ometteva di esaminare un fatto storico che i contribuenti avevano evidenziato come decisivo: la porzione immobiliare aggiuntiva, oggetto del pagamento di 15.000 euro, era venuta a esistenza materialmente e giuridicamente solo nel 2006.

L’importanza del Momento Impositivo nella Permuta secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha accolto i motivi di ricorso dei contribuenti, cassando la sentenza della CTR. Il cuore della decisione risiede nell’errata applicazione delle norme che regolano il momento impositivo della permuta, in particolare quando questa ha per oggetto beni futuri.

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: nelle cessioni di beni, il momento impositivo ai fini IVA (e, per competenza, ai fini delle imposte dirette) si verifica al momento della stipulazione dell’atto se il bene è già esistente. Tuttavia, se l’oggetto della cessione è un bene futuro, come un immobile da costruire, l’effetto traslativo della proprietà e, di conseguenza, il momento impositivo, si realizzano solo quando il bene viene ad esistenza.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha censurato la sentenza della CTR per “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”. I giudici di merito, pur menzionando la consegna dell’immobile nel 2006, non hanno indagato né valutato se la porzione aggiuntiva fosse un bene autonomo venuto a esistenza solo in quell’anno. Si sono limitati a considerare il pagamento come una semplice “differenza” legata al contratto originario, senza verificare se si trattasse di un corrispettivo per un bene distinto, la cui cessione si era perfezionata solo nel 2006.

Secondo la Corte, la CTR avrebbe dovuto accertare in fatto se e quando la porzione aggiuntiva era stata realizzata. Questo accertamento era indispensabile per applicare correttamente l’art. 6 del D.P.R. 633/72 (legge IVA) e l’art. 109 del TUIR (imposte sui redditi), i quali legano la rilevanza fiscale dell’operazione al suo perfezionamento giuridico, che per i beni futuri coincide con la loro venuta a esistenza.

La Corte ha inoltre rigettato gli altri motivi di ricorso, tra cui quello sulla presunta motivazione apparente della sentenza e quello sulla presunzione di distribuzione degli utili al socio unico di società a ristretta base proprietaria, confermando su quest’ultimo punto il consolidato orientamento giurisprudenziale.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce che, in una controversia sul corretto momento impositivo di una permuta di beni futuri, il giudice tributario ha l’obbligo di esaminare concretamente quando il bene è stato realizzato e completato. Ignorare tale accertamento fattuale costituisce un vizio della sentenza. La causa è stata quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio: la tassazione deve seguire la realtà giuridica e materiale dell’operazione, imputando i ricavi all’anno in cui il bene ceduto è effettivamente venuto a esistenza.

Quando sorge l’obbligo di pagare le tasse in una permuta che ha per oggetto un immobile da costruire?
L’obbligo fiscale, sia ai fini IVA che delle imposte dirette, sorge non al momento della firma del contratto, ma nel momento in cui l’immobile viene ad esistenza, cioè quando è completato.

Può un giudice ignorare le prove relative al momento in cui un bene è stato costruito per decidere l’anno di tassazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’omesso esame del fatto storico consistente nella venuta ad esistenza del bene in un determinato anno costituisce un vizio della sentenza, in quanto è un elemento decisivo per stabilire il corretto momento impositivo.

Nelle società con pochi soci, gli utili non dichiarati si presumono automaticamente distribuiti ai soci?
Sì. La Corte conferma il principio secondo cui, in caso di società a ristretta base societaria (o con un socio unico), i maggiori ricavi accertati si presumono distribuiti ai soci. Spetta al socio dimostrare che tali utili non sono stati effettivamente distribuiti ma, ad esempio, accantonati o reinvestiti dalla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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