Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7752 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7752 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6643/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F.), in persona del liquidatore pro tempore
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, n. 7/01/2017, depositata in data 23 gennaio 2017 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023.
Oggetto: tributi plusvalenza
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE , esercente l’attività di costruzione di edifici, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2003 con cui -a seguito di verifica e redazione di PVC – venivano accertate maggiori IRPEG, IRAP e IVA, relativamente a una operazione di cessione di un immobile in data 14 febbraio 2003 al prezzo di € 1.200.000,00 (ulteriormente oggetto di nota di variazione di ulteriori € 70.000,00) , precedentemente acquistato in data 5 luglio 2002 al maggior prezzo di € 2.350.000,00, che aveva generato una minusvalenza da cessione, minusvalenza disconosciuta dall’Ufficio. In particolare, l’Ufficio riteneva che l’iscrizione della minusvalenza da cessione pari ad € 1.080.000,00 sarebbe servita ad abbattere una plusvalenza di € 1.085.186,00 derivante da un contenzioso, per cui accertava maggiori redditi e le conseguenti imposte.
La CTP di Cagliari ha rigettato il ricorso.
La CTR della Sardegna, con sentenza in data 23 gennaio 2017, ha parzialmente accolto l’appello della società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che, pur essendo le società che avevano preso parte all’operazione « legate da rapporti di partecipazione societaria », il prezzo di cessione doveva ritenersi sostanzialmente in linea con quello di mercato alla luce di una perizia, riconducendo il valore di cessione a quanto risultante dalla perizia medesima e accertando la plusvalenza pari alla differ enza tra il valore dell’immobile come risultante dalla perizia e il corrispettivo di cessione.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; la società contribuente intimata non si è costituita in giudizio.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt.
9, 86, secondo comma, 101, primo comma d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la minusvalenza va calcolata tra differenza tra valore normale del l’immobile e prezzo di rivendita. Osserva parte ricorrente come la minusvalenza va calcolata quale differenza tra corrispettivo conseguito di € 1.200.000,00 e costo originario di acquisto, rettificato in € 2.280.000,00, non risultando corretto il richiamo al valore normale. Osserva, poi, il ricorrente come vi sarebbe stata violazione delle regole di riparto dell’onere della prova, per non avere tenuto conto il giudice di appello dell’antieconomicità dell’operazione , la cui inesistenza dovrebbe essere provata dalla società contribuente.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per grave illogicità della decisione, nella parte in cui il giudice ha ritenuto l’operazione antieconomica , per poi accogliere l’appello sul rilievo della compatibilità del prezzo di vendita con i valori risultanti da una perizia.
Il secondo motivo, logicamente pregiudiziale al primo, è infondato. La nullità della sentenza per palese illogicità della decisione adottata si verifica nel caso di assoluta mancanza del percorso logico che ha condotto alla decisione o di manifesta apparenza della stessa, in quanto del tutto inidonea a consentire la ricostruzione del l’iter logico -giuridico della decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). In questo caso la decisione dell’accertamento nel quantum della plusvalenza è stata costruita sulla differenza tra il corrispettivo di cessione e il valore di perizia, percorso logico succinto ma comprensibile.
Il primo motivo è fondato. Nel caso di specie (periodo di imposta 2003) secondo l’art. 5 4, secondo comma, TUIR pro tempore (analogo all’attuale art. 86 TUIR) l a plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di beni relativi all’impresa « è costituita dalla differenza fra il
corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato ». Corrispondentemente, l’art. 66, primo comma TUIR (che corrisponde all’attuale art. 101 TUIR) dispone che « le minusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 53 , determinate con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze, sono deducibili se sono realizzate ai sensi delle lett. a) e b) del comma 1 e del comma 5 dell ‘art. 54 ». La minusvalenza va, pertanto, determinata quale differenza tra costo originario rettificato e corrispettivo conseguito.
Tuttavia, va rilevato che l’amministrazione finanziaria ha contestato l’antieconomicità dell’operazione in un contesto di parti correlate (come risulta dalla sentenza, « è risultato che le tre società coinvolte nell’operazione avevano avuto, anche se in periodi diversi, lo stesso amministratore e risultano legate da rapporti di partecipazione societaria »). Nel qual caso, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (Cass., Sez. VI, 5 dicembre 2022, n. 35713).
Nella specie, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione né quanto alle modalità di calcolo della minusvalenza, né quanto alle regole di riparto dell’onere della prova, nella parte in cui –
a fronte del calcolo della minusvalenza come differenza tra costo originario rettificato e corrispettivo conseguito tra parti sostanzialmente correlate (nei termini in cui la situazione è stata accertata in fatto) -l’operazione fosse risultata antieconomica in termini di indeducibilità della suddetta minusvalenza. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo, rigetta il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 5 ottobre 2023