Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31304 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/12/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16549/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore AVV_NOTAIO pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO -SEZ. STACCATA DI VERONA n. 1357/2018 depositata il 29/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/11/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente soc. RAGIONE_SOCIALE era attinta da avviso di accertamento per gli anni di imposta 2009 e 2010 per diversi profili che si riducono -ai fini che qui interessano- alla deducibilità come sopravvenienza passiva della partecipazione in una società poi fallita e nella fruizione della detassazione su investimenti in macchinari prevista dall’art. 5 del d.l. n. 78/2009, che l’Ufficio non riconosceva nell’operazione di acquisto di camion e piattaforma gru, loro assemblaggio da parte della contribuente e cessione ad altra società che, a sua volta, li ha ceduti a società RAGIONE_SOCIALE che, infine, li ha trasferiti in leasing alla contribuente, non potendosi qualificare l’operazione come di lease back .
Gli atti impositivi avversati erano annullati dal giudice di prossimità, con sentenza parzialmente riformata in appello, avverso la quale propone ricorso la società contribuente, sviluppando quattro motivi di impugnazione, cui replica l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza, il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso, mentre la parte contribuente ha depositato memoria a sostegno delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti quattro motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 del codice di procedura civile per omessa
dichiarazione di inammissibilità dell’appello, retto su unica domanda nuova e, quindi, inammissibile.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di rito civile per violazione degli articoli 83 e 101, quarto comma, del d.P.R. n. 917/1986. Nella sostanza si lamenta essersi qualificata come minusvalenza non deducibile, anziché sopravvenienza passiva deducibile, la sostanziale perdita della partecipazione in altra società dichiarata fallita.
1.3. Con il terzo motivo si profila censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 5 d.l. n. 78/2009, nonché degli articoli 83 e 101 del d.P.R. n. 917/1986 e art. 2909 del codice civile per omesso abbattimento o riduzione dell’utile della contribuente per l’anno 2009 in ragione della deducibilità degli investimenti svolti.
1.4. Con il quarto ed ultimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 del codice di procedura civile, per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, consistente nell’inesistenza di danno erariale ‘i nvocato dalla sentenza d’appello per non azzerare e comunque per non ridurre l’utile reddituale Ires, preteso dall’Ufficio finanziario’.
Il primo motivo non può essere accolto.
Si lamenta che in sede d’appello sia stata chiesta la conferma dell’atto di contestazione, invece che degli atti impositivi che sono stati effettivamente notificati e che siasi fatto riferimento a diverso periodo di imposta.
Correttamente il collegio di secondo grado ha fatto uso del potere del giudice di qualificazione della domanda, secondo i suoi dati sostanziali, interpretando le conclusioni per la riforma della sentenza e la conferma degli avvisi di accertamento notificati alla parte contribuente.
È stato infatti affermato che nel processo tributario, ove l’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE si limiti a ribadire e riproporre in
appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992. (Cass. VI-5, n. 7369/2017, conf. n. 6302/2022).
Altresì, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione in appello delle ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo da parte del contribuente ovvero della legittimità dell’accertamento da parte dell’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE, in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, siano ricavabili in modo inequivoco, seppur per implicito, i motivi di censura (cfr. Cass. T., n. 1030/2024).
Il motivo non può quindi essere accolto.
Neppure è fondato il secondo motivo, ove si lamenta non sia stata ammessa la deduzione della perdita della partecipazione in società dichiarata fallita, qualificata come minusvalenza da svalutazione (indeducibile), invece che come sopravvenienza passiva (deducibile).
Ed infatti, a seguito di novellazione, non sono più deducibili le minusvalenze da svalutazione, cioè le diverse qualificazioni di un bene, ma solo quelle che seguono a effettiva cessione del bene. Parallelamente, sono sopravvenienze passive solo quelle indicate nel quarto comma del novellato art. 101, d.P.R. n. 917/1986, cioè quelle che -non già comprese nella categoria precedente- si concretino in mancato ricavo previsto, in spese sul ricavo o in perdita del credito.
3.1. In questo senso, è stato affermato che in tema di reddito di impresa, l’indeducibilità delle minusvalenze da valutazione di
partecipazioni societarie costituenti immobilizzazioni finanziarie, ex art. 101, comma 2, in relazione all’art. 94 (“ratione temporis” vigente) TUIR va ugualmente affermata in base alle norme citate se, nello stesso esercizio di riferimento, intervenga cessione delle partecipazioni medesime per lo stesso valore nominale di cui alla svalutazione intervenuta, stante la riconducibilità, in ogni caso, della minusvalenza a detta previa svalutazione, presupponendo l’operatività della deroga stabilita dalla norma transitoria di cui all’art. 4, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 344 del 2012 – che consente la deducibilità delle svalutazioni delle azioni o quote, se realizzate entro il secondo periodo d’imposta successivo al 2003 – la rituale indicazione in contabilità della relativa perdita da svalutazione (cfr. Cass. V, n. 24273/2021). Ciò è coerente con quanto ripetuto più volte da questa Corte, ovvero che la cessione di un credito prosoluto, a un prezzo inferiore all’effettivo valore dello stesso, costituisce una perdita su crediti, la quale, in presenza del requisito dell’inerenza, è deducibile, ai sensi dell’art. 101, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, soltanto quando risulta da elementi certi e precisi ovvero quando il debitore è assoggettato a procedura concorsuale; ciò comporta che soltanto in quest’ultimo caso opera l’automatica deducibilità per la certezza dell’insolvenza e dell’entità delle perdite, mentre, in tutti gli altri casi, il contribuente è onerato della prova dell’effettiva riduzione di valore del credito, indipendentemente dal corrispettivo pattuito per la cessione, e, dunque, dell’oggettiva definitività della perdita (cfr., da ultimo, Cass. T., n. 4223/2025).
Peraltro, in tema di reddito di impresa, le minusvalenze da svalutazione delle partecipazioni societarie determinate dalla distribuzione di utili soggetti al regime “madrefiglia” le quali, ex art. 96-bis, comma 5, T.U.I.R. sono indeducibili, trattandosi di utili non tassati, non sono soggette alla disciplina transitoria di cui all’art. 4, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 344 del 2003, con la conseguenza che non opera la deducibilità da esso prevista in
via temporanea in deroga al nuovo regime della “partecipation exemption”, non avendo questo determinato alcun effetto penalizzante nei confronti di dette minusvalenze rispetto al regime precedente nel quale esse erano fiscalmente irrilevanti (cfr. Cass. V, n. 19286/2020).
Pertanto, il secondo motivo non può essere accolto.
Il terzo motivo deve ritenersi inammissibile.
Vi si prospetta doglianza per non aver dato seguito al giudicato interno in ordine alla deducibilità degli investimenti fatti in macchinari ex art. 5, d.l. n. 78/2009, con conseguente abbattimento degli utili.
Il punto è esaminato dalla sentenza in scrutinio a pag. 8, dal terzo capoverso in avanti. Vi si riconosce come investimento deducibile anche la complessa operazione svolta da parte contribuente: acquisto separato di camion e piastra con gru, assemblaggio dei due beni, ottenendo un bene nuovo con codice Ateco diverso, cessione dello stesso ad altra ditta che, a sua volta, lo cede a società RAGIONE_SOCIALE che lo fornisce in leasing alla contribuente. La circostanza che i beni non siano stati immatricolati (assieme ad altre circostanze) ha fatto propendere il collegio d’appello per il carattere di beni nuovi, quindi frutto di investimenti deducibili, anche se all’esito di operazione complessa, interessante soggetto terzo, diverso dalla società di leasing .
La sentenza in scrutinio accoglie quindi la tesi della parte contribuente e, infatti, sul punto ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando l’appello erariale. Si deve quindi concludere che la contribuente sia, su questo capo di domanda, integralmente vittoriosa, donde la doglianza -sul relativo capo di sentenza- risulta inammissibile.
Infondato è il quarto motivo, dove si lamenta omesso esame di fatto decisivo, inerente la mancanza di danno erariale. In verità, dall’esame della sentenza in scrutinio, la questione risulta trattare il
punto a pag. 6, terzo capoverso, e a pag. 10, ultimo capoverso, facendone oggetto di statuizione, donde non sussiste l’omesso esame.
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
6. In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in €.dodicimila/00, oltre all e spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/11/2025.
Il Presidente NOME COGNOME