Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16723 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25277/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Bergamo, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA- MILANO n. 1301/2022 depositata il 04/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento, notificato il 24 ottobre 2018, l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione una minusvalenza pari ad €.518.911,00 che la RAGIONE_SOCIALE esponeva nel bilancio per l’anno di imposta 2014, in ragione della cessione di una partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE
Nello specifico, nell’estate del 2018 l’Ente impositore inviava questionario alla società in ordine alla prefata cessione ed alla relativa iscrizione a bilancio, cui la contribuente dava riscontro, ma le cui ragioni non erano apprezzate dall’Ufficio che riteneva sussistere i requisiti per il regime PEX, ovvero le condizioni di cui all’art. 87, lett. d) del d.P.R. n. 917/1986. Segnatamente, la questione verteva attorno al carattere di società commerciale o meno della partecipata RAGIONE_SOCIALE, cioè se avesse attività di compravendita di immobili, allibrati come ‘beni merce’: l’Ufficio l’affermava, la contribuente accertata lo negava.
I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente, che ricorre per cassazione affidandosi ad unico motivo, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato spiegando tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
1.1. Con l’unico motivo di ricorso si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile, per violazione dell’art. 87, primo comma, lett. d) del d.P.R. n. 917/1986. Nello specifico, testualmente la parte ricorrente evidenzia che il collegio di appello è incorso nella violazione della citata norma ‘ non avendo valutato in via sostanziale la reale attività posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE ‘.
La ricorrente si profonde ad argomentare sul patrimonio della predetta società partecipata, nonché sulle operazioni contrattuali intessute sui tre beni immobili allibrati in bilancio, per poi ricordare
le ‘pessime condizioni di mercato’ dell’anno 2014 nel comparto di Milano Marittima.
Così come posto, il motivo è inammissibile, sostanziandosi, in presenza di doppia conforme sfavorevole, in una richiesta di rivalutazione del compendio probatorio offerto dalle parti, per giungere ad un risultato diverso ed opposto a quello cui sono motivatamente approdati i collegi di merito.
In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass. III, n. 23940/2017).
Sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019).
Pertanto, il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente, che liquida in €.cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20/05/2025.