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Minusvalenza da partecipazione: quando il ricorso è out

Una società immobiliare si è vista negare la deducibilità di una minusvalenza da partecipazione. L’Agenzia delle Entrate ha contestato la natura dell’attività della società partecipata, vincendo nei primi due gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso finale, poiché mirava a una nuova valutazione dei fatti anziché a contestare una violazione di legge, confermando le decisioni precedenti.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Minusvalenza da partecipazione: la Cassazione traccia i confini del ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della deducibilità della minusvalenza da partecipazione, chiarendo i limiti del ricorso per violazione di legge quando questo, in realtà, nasconde una richiesta di riesame dei fatti. Il caso riguarda una società che si è vista negare la deduzione di una perdita di oltre 500.000 euro derivante dalla cessione di una quota in un’altra azienda immobiliare. La decisione finale della Corte sottolinea l’importanza di distinguere tra un errore di diritto e una diversa valutazione delle prove.

I fatti di causa: una cessione contestata

Una società immobiliare aveva iscritto a bilancio una significativa minusvalenza da partecipazione a seguito della vendita di una quota in una società controllata. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, ha recuperato a tassazione tale importo. La questione centrale del contendere era la natura dell’attività svolta dalla società partecipata: secondo il Fisco, si trattava di una società commerciale di compravendita immobiliare (con immobili qualificati come “beni merce”), rientrando quindi nel regime PEX (Participation Exemption) che rende la minusvalenza indeducibile. La contribuente, al contrario, sosteneva che la società non avesse tale natura, rendendo quindi legittima la deduzione della perdita.

La questione giuridica e la minusvalenza da partecipazione

Il fulcro legale della controversia è l’applicazione dell’art. 87, lett. d) del TUIR (d.P.R. n. 917/1986), che stabilisce i requisiti per il regime PEX. Uno di questi requisiti riguarda la natura commerciale dell’attività della società partecipata. La contribuente, dopo aver perso sia in primo che in secondo grado, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando una violazione di tale norma. A suo dire, i giudici di merito non avrebbero valutato in modo sostanziale l’effettiva attività svolta dalla società partecipata, fermandosi a un’analisi formale.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che, nonostante il ricorso fosse formalmente presentato come una violazione di legge (ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.), nella sostanza la società ricorrente chiedeva una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. Si trattava, in altre parole, di un tentativo di ottenere un terzo giudizio di merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di fatto.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati del diritto processuale. In primo luogo, ha evidenziato la presenza di una “doppia conforme sfavorevole”, ovvero due sentenze di merito che erano giunte alla medesima conclusione. Questa circostanza limita fortemente la possibilità di contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti. In secondo luogo, i giudici hanno ribadito che il principio del libero convincimento del giudice (artt. 115 e 116 c.p.c.) opera sul piano dell’apprezzamento di merito e non può essere sindacato in sede di legittimità. Un’errata valutazione delle prove non costituisce un vizio di violazione di legge, ma un errore di fatto. Quest’ultimo, se del caso, deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.), nei ristretti limiti oggi consentiti. La Corte ha concluso che mascherare una richiesta di riesame del fatto sotto la veste di una violazione di legge rende il ricorso inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio. Non si può utilizzare l’argomento della violazione di legge per chiedere ai giudici di legittimità di riconsiderare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Per le imprese, questa decisione è un monito a costruire la propria difesa in modo solido fin dai primi gradi di giudizio, poiché le possibilità di ribaltare una ricostruzione fattuale sfavorevole in Cassazione sono estremamente limitate, specialmente in presenza di una doppia decisione conforme. La corretta impostazione del motivo di ricorso è cruciale per superare il vaglio di ammissibilità.

Perché la minusvalenza da partecipazione è stata contestata dall’autorità fiscale?
L’autorità fiscale ha ritenuto che la società partecipata svolgesse attività di compravendita immobiliare, rientrando così nel regime PEX (Participation Exemption), il quale rende le plusvalenze esenti ma, di conseguenza, le minusvalenze indeducibili.

Qual è il motivo principale per cui la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché, sebbene fosse presentato come una violazione di legge, in realtà chiedeva una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione, specialmente in presenza di due precedenti sentenze conformi.

Cosa significa ‘doppia conforme sfavorevole’ e quali sono le sue conseguenze?
Significa che sia il tribunale di primo grado sia la corte d’appello hanno emesso sentenze con lo stesso esito negativo per la parte ricorrente. La principale conseguenza è una forte limitazione dei motivi per cui si può ricorrere in Cassazione, in particolare per quanto riguarda la contestazione della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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