Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12679/2023 R.G. proposto da MINISTERO DELL’INTERNO e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei Ministri p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
COMUNE DI COGNOME in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dallo Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO -controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1478/22, depositata il 12 dicembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Flero convenne in giudizio il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze, per sentirli condannare al pagamento della somma di Euro 131.733,75, dovuta a titolo di compensazione per i minori introiti dell’ICI relativi agli anni compresi tra il 2001 e il 2009, ai sensi dell’art. 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Si costituirono i Ministeri ed eccepirono la prescrizione del credito e l’infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto.
1.1. Con sentenza del 24 febbraio 2021, il Tribunale di Brescia rigettò la domanda, dichiarando prescritto il credito azionato.
L’impugnazione proposta dal Comune è stata accolta dalla Corte d’appello di Brescia, che con sentenza del 12 dicembre 2022 ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, condannando i Ministeri al pagamento della somma di Euro 131.733,75, oltre interessi legali.
Premesso che all’udienza del 26 gennaio 2021 il Tribunale, dopo aver dato atto della presenza del Comune, che si era riportato alle proprie difese, aveva rinviato al 24 febbraio 2021 per la pubblicazione del provvedimento, senza fare alcun riferimento all’art. 281sexies cod. proc. civ. e senza disporre la discussione orale, la Corte ha ritenuto che in tal modo fossero stati violati il diritto di difesa e il contraddittorio, essendo stata preclusa alle parti la possibilità di discutere la causa oralmente o di depositare gli scritti conclusivi, anche perché il deposito della sentenza non era stato preceduto dalla redazione del verbale di udienza, recante la pronuncia della sentenza ai sensi dello art. 281sexies cit.
Ha escluso peraltro che il predetto vizio comportasse la rimessione della causa al primo Giudice, ed ha quindi esaminato nel merito la controversia, disattendendo l’eccezione di prescrizione sollevata dai Ministeri: rilevato infatti che nella specie non operavano né il termine quinquennale, in mancanza di un’espressa disposizione di legge, né l’art. 2948, primo comma, n. 4 cod. civ., non trattandosi d’importi da corrispondere annualmente in base al medesimo titolo, ma di crediti distinti ed eventuali, che potevano sorgere o meno di anno in anno sulla base delle certificazioni periodicamente inviate ai sensi del d.m. 1° luglio 2002, n 197, ha ritenuto applicabile l’ordinaria prescrizione
decennale, ancorandone la decorrenza alla data in cui il Ministero aveva effettuato le trattenute, ma ritenendo che, in mancanza della relativa prova, il dies a quo dovesse essere individuato nella data del 1° dicembre 2009, in cui il Ministero aveva riconosciuto il proprio debito, mediante la pubblicazione sul proprio sito web degl’importi attribuiti a ciascun ente per i periodi dal 2002 al 2008 e la precisazione che, essendo ancora in corso ulteriori controlli, essi erano suscettibili di modifiche e correzioni, e che, per quanto concerneva l’anno 2009, la verifica non era ancora stata effettuata, non essendo disponibile il dato della spesa corrente rendicontata riferita a tale anno.
Precisato poi che la ratio della disciplina introdotta dall’art. 64 della legge 388 del 2000 consisteva nel compensare la riduzione del gettito dell’ICI determinata dal passaggio dalla modalità di calcolo della base imponibile degli immobili classificati nel gruppo catastale D parametrata sul valore contabile a quella modulata sulla rendita catastale, la Corte ha osservato che la perdita subìta dai Comuni per effetto di tale riduzione non era limitata all’anno in cui aveva avuto luogo il predetto passaggio, ma era destinata a ripetersi anche negli anni successivi, per i quali si poneva dunque la questione dell’individuazione degl’immobili di categoria D rilevanti ai fini del superamento della soglia cui la norma in esame subordinava l’insorgenza del diritto ai trasferimenti. Rilevato che l’art. 64 della legge n. 388 del 2000 e l’art. 2 del d.m. n. 197 del 2002, nel menzionare i minori introiti derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite, non distinguevano a seconda degli anni di passaggio a tale modalità di calcolo, coerentemente con la considerazione complessiva di tali introiti dal punto di vista contabile, ha ritenuto infondata la tesi sostenuta dai Ministeri, secondo cui il decremento del gettito doveva essere valutato per ciascun anno al netto delle perdite già attestate nell’anno precedente: ha osservato infatti che il riferimento ai singoli bilanci di previsione trovava giustificazione nel calcolo dell’ICI su base annuale e nella corrispondente cadenza delle attestazioni, mentre quello ai singoli fabbricati era giustificato dal fatto che la base imponibile complessiva era costituita dalla sommatoria dei dati relativi alle singole unità. Ha aggiunto che il consolidamento dei trasferimenti erariali, previsto dall’art. 3, comma secondo, del d.m. n. 197, costituiva soltanto una modalità tecnica contabile, che non escludeva l’obbligo del Co-
mune di certificare, anche per gli anni successivi, il superamento delle soglie di legge anche per i minori introiti corrispondenti a contributi già consolidati, con la conseguenza che, in difetto di attestazione ovvero in caso di mancato raggiungimento dei parametri previsti dall’art. 64, il Comune perdeva il diritto al trasferimento a prescindere dal consolidamento pregresso. Ha ritenuto infine che tale interpretazione trovasse conferma nella circolare F.L. n. 6 del 24 dicembre 2008, rispetto alla quale i comunicati del 1° dicembre 2009 e del 23 gennaio 2009 avevano comportato un deciso mutamento d’indirizzo, non giustificato da sopravvenute disposizioni di legge.
Avverso la predetta sentenza i Ministeri hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Il Comune ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si rileva che con istanza depositata il 15 ottobre 2024 la difesa del Comune ha chiesto di essere rimessa in termini ai fini del deposito della memoria di cui all’art. 380bis .1 cod. proc. civ., riferendo di aver appreso soltanto nella predetta data, mediante un messaggio di posta elettronica inviatole dalla Cancelleria della Sezione tributaria (c.d. quarta PEC), che l’atto, tempestivamente trasmesso il 12 ottobre 2024 in via telematica e positivamente riscontrato all’esito del controllo automatico (c.d. terza PEC), è stato erroneamente depositato nel fascicolo recante il n. 12769/2023 R.G., relativo a un ricorso pendente dinanzi a quella Sezione.
Benché il mancato deposito sia ascrivibile alla stessa parte, che al momento dell’invio della memoria ha indicato un numero di ruolo diverso da quello del ricorso cui si riferiva, l’affidamento generato dall’esito positivo del controllo automatico e l’avvenuta segnalazione dell’errore dopo la scadenza del termine di cui all’art. 380bis .1 cod. proc. civ., che ha impedito di porvi immediatamente rimedio, consentono di ritenere giustificata l’istanza proposta ai sensi dell’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., con la conseguenza che la memoria, nuovamente depositata il 15 ottobre 2024, deve considerarsi ammissibile (cfr. Cass., Sez. VI, 10/10/2022, n. 29357).
Con l’unico motivo d’impugnazione, i Ministeri denunciano la violazione
e la falsa applicazione dell’art. 64 della legge n. 388 del 2000 e degli artt. 2 e 3 del d.m. n. 197 del 2002, sostenendo che i minori introiti derivanti dall’ICI in conseguenza dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, che costituiscono la sola quantità rilevante ai fini dell’interpretazione dell’art. 64 cit., vanno individuati esclusivamente in quelli derivanti dai nuovi immobili che nella singola annualità passano, ai fini della determinazione dell’imponibile, dal riferimento al valore contabile a quello alla rendita catastale provvisoria. Premesso infatti che l’art. 64 cit., nel sostituire il meccanismo di compensazione previsto dall’art. 53, comma quattordicesimo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che teneva conto di tutti i fabbricati che nel triennio erano passati dal valore contabile alla rendita catastale provvisoria, ha previsto innanzitutto il consolidamento delle somme relative al contributo riguardante il triennio 1998-2000, disponendo inoltre che, a decorrere dall’anno 2001, dev’essere versato, oltre al contributo, un aumento calcolato di anno in anno in misura corrispondente ai minori introiti derivanti dall’ICI in conseguenza dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, affermano che il termine aumento si riferisce esclusivamente al differenziale, che costituisce una perdita per il Comune, e non anche ai trasferimenti statali, già stabilizzatisi come entrate, i quali non possono essere presi nuovamente in considerazione negli anni successivi, al fine di verificare il superamento delle soglie previste dal comma primo dell’art. 64. Diversamente opinando, non troverebbe giustificazione il comma secondo dell’art. 64, il quale prevede che, qualora la determinazione della rendita catastale definitiva comporti un aumento degli introiti superiore al 30%, i trasferimenti erariali di parte corrente in favore del Comune sono ridotti in misura corrispondente. Aggiungono che tale interpretazione trova conforto nel d.m. n. 197 del 2002, il quale prevede la riduzione dei trasferimenti in misura pari all’eccedenza di gettito ed il consolidamento della stessa a decorrere dallo anno successivo a quello in cui le rendite catastali sono divenute inoppugnabili. Sostengono inoltre che l’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata, oltre a comportare una moltiplicazione dei valori da accertare rispetto al complesso degl’immobili censiti nella categoria catastale D, implicherebbe necessariamente il superamento dei parametri di
legge. Precisato infine che il meccanismo del consolidamento è previsto direttamente dall’art. 64 della legge n. 388 del 2000, alla quale il d.m. n. 197 del 2002 si è limitato a dare attuazione, affermano che il criterio in tal modo adottato costituisce espressione di una scelta non irrazionale compiuta dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità.
3. Il ricorso è fondato.
La questione proposta dai ricorrenti ha ad oggetto l’interpretazione dello art. 64 della legge n. 388 del 2000, ai sensi del quale, a decorrere dall’anno 2001, i minori introiti relativi all’ICI conseguiti dai Comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai contribuenti ai sensi del d.m. 19 aprile 1994, n. 701, dovevano essere compensati con corrispondente aumento dei trasferimenti statali se di importo superiore a Lire 3.000,00 e allo 0,5% della spesa corrente prevista per ciascun anno. La determinazione dei criteri e delle modalità per l’applicazione di tale disposizione era demandata dal comma terzo al Ministro dell’interno, il quale vi ha provveduto, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il d.m. n. 197 del 2002: l’art. 2 di tale decreto, dopo aver ribadito che i trasferimenti erariali devono essere aumentati in misura pari alla perdita di gettito subìta dal Comune ove quest’ultima sia di un importo superiore a Euro 1.549,37 ed allo 0,5% della spesa corrente risultante dal bilancio di previsione dello stesso anno in cui si era verificata la perdita, definitivamente assestato (comma primo), ha stabilito che il contributo statale deve essere pari alla differenza tra il gettito dell’ICI che sarebbe derivato dai fabbricati classificabili nel gruppo catastale D considerando la base imponibile risultante prima dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali effettuata secondo le procedure previste dal d.m. n. 701 del 1994 e quello derivante dagli stessi fabbricati a seguito della predetta autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali; l’entità del minor gettito deve essere calcolata applicando l’aliquota dell’imposta vigente nell’esercizio finanziario in cui i contribuenti, per la prima volta, effettuano i pagamenti in base alle rendite catastali provvisoriamente autodeterminate ai sensi del predetto decreto ministeriale; il contributo statale deve essere attribuito nell’anno successivo a quello in cui
si è verificata la perdita del gettito dell’ICI ed è consolidato nei trasferimenti erariali dei Comuni interessati.
La questione in esame è stata già affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, e risolta mediante l’enunciazione del seguente principio di diritto, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede: «i trasferimenti erariali agli enti locali previsti dall’art. 64 della legge n. 388 del 2000 e dal d.m. n. 197 del 2002 e volti a compensare, a decorrere dall’anno 2001, i minori introiti relativi all’ICI conseguiti dai Comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai contribuenti secondo quanto previsto dal d.m. n. 701 del 1994, sono subordinati alla duplice condizione che il minor introito sia superiore a Euro 1.549,37 e allo 0,5% della spesa corrente prevista per ciascun anno; il superamento delle predette soglie va valutato senza tener conto del minor gettito ICI derivante da autodichiarazioni presentate dai contribuenti negli anni precedenti e compensate con trasferimenti erariali consolidati; tuttavia, ai fini della determinazione del minor introito ICI per ciascun anno si tiene conto non solo di quello scaturente dalle autodeterminazioni provvisorie delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D presentate dai contribuenti in quell’anno ma anche di quello scaturente da autodeterminazioni provvisorie presentate negli anni precedenti, non compensate con trasferimenti erariali consolidati» (cfr. Cass., Sez. I, 3/07/2023, nn. 18701, 18705, 18718; 6/07/2023, nn. 19168, 19895).
A fondamento di tale conclusione, si è osservato che a) la ratio del contributo in questione consiste nel neutralizzare le conseguenze sfavorevoli in termini di gettito ICI per i Comuni derivanti dall’applicazione del meccanismo provvisorio di determinazione della rendita catastale per autodichiarazione introdotto dall’art. 1, comma terzo, del d.m. n. 701 del 1994, che conferisce rilievo provvisorio ai fini fiscali alla «rendita proposta», b) l’art. 64, comma terzo, della legge n. 388 del 2000 ha introdotto, a decorrere dall’anno 2001, nuove modalità di determinazione del contributo, diverse da quelle previste per gli anni precedenti dall’art. 31, comma terzo, della legge 23 dicembre 1998, n. 488 e dall’art. 53, comma quattordicesimo, della legge n. 388 del 2000, e consistenti da un lato nella stabilizzazione del diritto dei Comuni ai
trasferimenti compensativi e dall’altro nell’introduzione di una franchigia, la cui operatività è condizionata al mancato superamento di due soglie quantitative, una determinata in misura fissa, e volta a neutralizzare variazioni «bagatellari», l’altra in misura percentuale, e volta a penalizzare i Comuni poco virtuosi che non tengano sotto controllo la spesa, c) la fissazione di tali soglie (soprattutto della prima) verrebbe sostanzialmente vanificata ove si consentisse di computare il minor gettito degli anni precedenti (già compensato mediante trasferimenti erariali consolidati) anche ai fini della verifica in ordine al superamento delle soglie negli anni successivi, d) il consolidamento a regime dei trasferimenti acquisiti negli anni precedenti, previsto dal d.m. n. 197 del 2002, non si pone in contrasto con la disciplina dettata dall’art. 64, il quale, oltre a rimettere al decreto ministeriale la determinazione dei criteri e delle modalità per l’attuazione, presuppone l’operatività di tale principio, prevedendo la riduzione dei trasferimenti erariali soltanto nel caso in cui, per effetto della determinazione della rendita catastale definitiva da parte degli uffici tecnici erariali, derivino ai Comuni introiti superiori almeno del 30% rispetto a quelli conseguiti prima dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali, e) è quindi possibile che, per effetto del consolidamento dei trasferimenti erariali acquisiti, si determini la sterilizzazione dei minori gettiti dell’ICI maturati con riferimento alle autodichiarazioni relative a fabbricati presentate in un determinato anno, a causa del mancato superamento delle soglie nello anno di riferimento, f) tale sterilizzazione non si estende tuttavia agli anni successivi, ove in riferimento agli stessi immobili si produca un ulteriore mancato introito, non essendovi alcun elemento testuale, né nella legge, né nel regolamento, che permetta di espungere dal minor gettito dell’ICI di un determinato anno anche quello maturato, in quell’anno, per effetto di autodichiarazioni presentate nell’anno precedente, o negli anni precedenti, e non compensate negli anni precedenti per la loro modestia, e quindi non consolidate.
3.1. Non può dunque condividersi la tesi sostenuta dalla sentenza impugnata, secondo cui la previsione del consolidamento per gli anni successivi del contributo statale determinato sulla base del minor gettito dell’ICI verificatosi in un determinato anno non costituisce un elemento determinante per
considerare rilevanti, ai fini del riconoscimento del contributo, i soli immobili di categoria D passati in autodeterminazione nel medesimo anno, trattandosi di una modalità tecnica meramente contabile, che lascia intatto l’obbligo del Comune di certificare, anche per gli anni successivi, il superamento delle soglie di legge, ed essendo la perdita di gettito destinata a ripetersi anche negli anni successivi, fino all’individuazione della rendita catastale definitiva.
Nessun rilievo può assumere, in contrario, la circostanza, evidenziata dalla sentenza impugnata, che l’art. 2, comma primo, del d.m. n. 197 del 2002, nel fissare le soglie quantitative il cui superamento legittima il riconoscimento del contributo, determini quella variabile in misura pari allo 0,5% «della spesa corrente risultante dal bilancio di previsione dello stesso anno in cui si è verificata la perdita»: tale previsione, anzi, ancorando il riconoscimento del contributo al confronto tra il minor gettito dell’ICI registratosi in un determinato anno e il volume complessivo della spesa corrente risultante dal bilancio del medesimo anno, conferma la già segnalata impossibilità di computare il minor gettito degli anni precedenti (già compensato mediante trasferimenti erariali consolidati) ai fini della verifica in ordine al superamento della soglia negli anni successivi.
Ininfluente deve altresì ritenersi la circostanza, fatta valere dalla difesa del Comune, che per agli anni compresi tra il 2001 e il 2009 i trasferimenti erariali aggiuntivi siano stati sempre attribuiti verificando se il complesso (c.d. stock ) del minor gettito annuale fosse superiore o meno a determinati parametri, trattandosi di una prassi applicativa che, come si è detto, non trova fondamento né nel disposto dell’art. 64 della legge n. 388 del 2000, né nella disciplina attuativa introdotta dal d.m. n. 197 del 2002, e che non può quindi considerarsi idonea a produrre un diritto vivente vincolante nell’interpretazione della norma in esame, potendo al più costituire un dato fattuale, concorrente con quelli linguistici emergenti dal testo, idoneo ad orientarne l’esegesi nei limiti consentiti dal dettato normativo e dalle indicazioni della giurisprudenza (cfr. Cass., Sez. lav., 24/11/2015, n. 23960; Cass., Sez. I, 25/05/ 2015, n. 10739).
4. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, che provvederà, in diversa com-
posizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 22/10/2024