Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18433 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18433 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
–
Oggetto:
contratti
distribuzione
films
minimo garantito – natura
– iva
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. NUMERO_DOCUMENTO e sul ricorso iscritto al n. R.G NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE ( con domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL)
-ricorrente nel giudizio n. r.g. 19383/2021; -controricorrente nel giudizio n. r.g. 19955/2021 –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (con domicilio digitale all’ indirizzo PEC: EMAIL)
-ricorrente nel giudizio n. r.g. 19955/2021;
-controricorrente nel giudizio n. r.g. 19383/2021 –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio 169/08/21 depositata in data 14/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/05/2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME;
Rilevato che:
la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorreva avverso l’avviso di accertamento per iva 2011 emesso dalla Direzione Regionale Lazio – Ufficio grandi contribuenti -dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a seguito del PVC redatto da funzionari della medesima DRE con cui si contestava la contabilizzazione, tra le immobilizzazioni in corso, del costo addebitato a titolo di c.d. ‘minimo garantito’ e la conseguente detrazione iva per un totale di euro 454.342,50;
tale detrazione era ritenuta illegittima in ragione RAGIONE_SOCIALE due diverse tipologie contrattuali con cui la ricorrente acquistava i diritti di distribuzione dalla RAGIONE_SOCIALE films in quanto per tre di essi si configurava un contratto di produzione e distribuzione e per uno un contratto di sola distribuzione;
-in concreto, secondo l’Ufficio, il distributore RAGIONE_SOCIALE pellicole ne finanziava la distribuzione; pertanto, il corrispettivo dovuto per il c.d. ‘m inimo garantito ‘ si inseriva in un accordo rientrante nell’ambito di un mandato di distribuzione dei film, la cui opera non era stata ancora realizzata o era in corso di realizzazione, e, quindi, oltre ad assolvere la funzione di risparmio dal rischio di insuccesso del film,
costituiva anticipazione di denaro allo scopo di fornire al produttore i mezzi finanziari per la produzione dell’opera filmica, sicché difettava il presupposto oggettivo dell’Iva ex art. 2 del d.P.R. n. 633 del 1972;
-il giudice di primo grado accoglieva il ricorso della RAGIONE_SOCIALE limitatamente alla disapplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e confermava nel resto l’accertamento dell’Ufficio;
appellava in via principale la RAGIONE_SOCIALE contribuente;
l’Ufficio proponeva appello incidentale con riferimento al capo della sentenza che ne aveva visto la soccombenza quanto alla debenza RAGIONE_SOCIALE sanzioni;
con la sentenza in epigrafe la CTR del Lazio ha rigettato le impugnazioni confermando la pronuncia di primo grado;
entrambe le parti hanno proposto autonomo ricorso per cassazione;
nel giudizio n.r.g. 19383/2021 , l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, deducendo un unico motivo di gravame, cui resiste la RAGIONE_SOCIALE contribuente con controricorso;
nel giudizio n.r.g. 19955/2021, la RAGIONE_SOCIALE contribuente ha, a sua volta, proposto atto affidato a cinque motivi, cui resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto ex art. 335 c.p.c. la riunione dei due ricorsi in quanto relativi all’impugnazione della medesima sentenza della CTR n. 169/08/2021 pronunciata tra le stesse parti;
la RAGIONE_SOCIALE contribuente, infine, ha depositato memoria illustrativa in entrambi i giudizi;
Considerato che:
va preliminarmente disposta ex art. 335 c.p.c. la riunione del giudizio iscritto al n.r.g. NUMERO_DOCUMENTO a quello iscritto al n.r.g. NUMERO_DOCUMENTO, stante l’unicità della sentenza impugnata;
devi poi qualificarsi come principale il ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE finanziaria – notificato in data 13 luglio 2021 – e come incidentale l’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE contribuente che risulta notificata in data successiva (Cass. n. 33809 del 2019; conf. Cass. n. 25054 del 2013 e n. 26723 del 2011);
reputa il Collegio, peraltro, che l’ordine logico imponga l’esame del ricorso incidentale della contribuente prima di quello principale atteso che, se fondato il primo, verrebbe meno l’interesse all’esame RAGIONE_SOCIALE critiche rivolte dalla RAGIONE_SOCIALE sul capo di sentenza che ha escluso l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni;
il primo motivo di ricorso della RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 c. 3, 12, 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 nonché dell’art. 78 par. 1 lett. b) della Direttiva 2006/112/CE in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la sentenza impugnata deciso in aperto contrasto con le norme in tema di accessorietà della prestazione ai fini iva; sostiene parte ricorrente incidentale che il giudice del merito avrebbe erroneamente qualificato il minimo garantito quale obbligazione ulteriore diversa da quella derivante dal rapporto di distribuzione;
il motivo è inammissibile;
la RAGIONE_SOCIALE contribuente, come risulta dallo stesso ricorso (v. pag. 6 ove è illustrato il contenuto del ricorso in primo grado e pag. 7 quanto all’introduzione del profilo in appello), ha infatti sollevato la questione solo in appello; ciò emerge, del resto, anche dall’esame RAGIONE_SOCIALE stesso originario ricorso di primo grado, sicché la doglianza è inammissibile per novità;
il secondo motivo dell’impugnazione incidentale si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325 n. 2, 1362, 1367 c.c. nonché dell’art. 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360
1 n. 3 c.p.c. per avere il giudice dell’appello erroneamente applicato le norme in materia di contratti e conseguentemente qualificato in modo errato ai fini dell’iva la fattispecie di cui al presente giudizio;
il motivo non può trovare accoglimento;
in primo luogo, la censura è carente per specificità e localizzazione, non avendo parte ricorrente riprodotto nel corpo del ricorso gli atti contrattuali di cui contesta l’errata interpretazione ;
in secondo luogo, sussistono ulteriori profili di inammissibilità;
l’accertamento della volontà RAGIONE_SOCIALE parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, sicché il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata;
ancora, si è puntualizzato (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017) che in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà RAGIONE_SOCIALE parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non
solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali;
– è poi principio di diritto del tutto consolidato presso questa Corte di legittimità quello secondo il quale, con riguardo all’interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, l’invocato sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati appunto a quel giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente sul (mancato) rispetto dei canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 c.c. e segg., e sulla (in) coerenza e (il) logicità della motivazione addotta (così, tra le tante, Cass. n. 2074/2002). In altri termini, l’indagine ermeneutica è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per difetto della motivazione o per violazione RAGIONE_SOCIALE relative regole di interpretazione, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati (Cass. n. 2465/2015);
– ebbene, nel presente caso, sotto questo versante la ricorrente si limita a prospettare un’opposta interpretazione del contratto, di carattere logicosistematica, facendo ricorso all’art. 1362 c. 1 c.c. che si fonda sull’interpretazione di alcune clausole , le quali, ad avviso della parte, dovrebbero indurre a ritenere non spettante un trattamento autonomo dell’ obbligazione contrattuale avente per oggetto il c.d. ‘minimo garantito’ ; sotto tale profilo, la censura, oltre
ad essere carente di specificità, più che contestare e identificare un asserito errore sull’impiego dei canoni ermeneutici, finisce solo per contrapporre una propria interpretazione a quella scelta, in termini neppure illogici, dalla CTR;
del resto, quanto alla congruità del percorso ermeneutico ai canoni di legge, va osservato che:
il giudice del gravame ha, in primo luogo, osservato che le parti avevano previsto la corresponsione del c.d. ‘minimo garantito’ a carico della contribuente e a favore dei produttori in un contesto in cui l’opera filmografica era ancora da realizzarsi e che quindi non poteva qualificarsi come cessione di diritto di sfruttamento dell’opera (non ancora venuta alla luce); da ciò ha desunto la funzione di garantire il distributore dal rischio di insuccesso dal film;
la CTR ha ritenuto la suddetta interpretazione ulteriormente rafforzata dalla espressa indicazione nei contratti che tale importo viene utilizzato esclusivamente a copertura della quota di contributo posta a carico dell’altro coproduttore o del produttore, nonché soprattutto – dalla circostanza relativa alle concrete modalità con cui la RAGIONE_SOCIALE contribuente può recuperare l’ importo corrisposto a titolo di minimo garantito, ossia, in forza dell’ esplicita previsione contrattuale, sulla totalità dei ricavi lordi ottenuti dalla distribuzione del film in via ‘prioritaria’ alle altre spese sostenute rispetto alla divisione stessa dei ricavi tratti dalla distribuzione dell’opera filmica;
è chiaro, dunque, come i canoni interpretativi legalmente posti per l’attribuzione di significato alle singole pattuizioni contrattuali e al regolamento contrattuale nel suo complesso siano stati rispettati dal giudice d’appello che ha interpretato , non incongruamente, gli atti in vista della causa perseguita ritenendo che le parti, con la debenza dell’importo a titolo di minimo garantito, abbiano inteso da un lato
finanziare i rilevanti oneri necessari per la produzione del film e dall’altra garantirne il recupero totale è sicuro da parte del distributore che, incassando i compensi derivanti dalla distribuzione, poteva agevolmente trattenere quanto anticipato e, successivamente, restituire il residuo al produttore;
infine, neppure va trascurato che la questione oggetto del giudizio relativa alla qualificazione contrattuale e all’applicazione della disciplina iva del c.d. ‘minimo garantito’ nei contratti di distribuzione di opere cinematografiche non è in realtà inedita, avendo trovato soluzione in una giurisprudenza (ancorché risalente) di questa Corte che il Collegio ritiene di condividere;
si è infatti chiarito sul punto che (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8142 del 06/09/1996, confermata da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9938 del 13/11/1996) qualora il contratto di distribuzione dell’opera cinematografica preveda anche l’obbligo del distributore di corrispondere al produttore una somma determinata a titolo di “minimo garantito” con la cessione al primo, fino alla concorrenza della somma da lui anticipata a tale titolo, dei futuri proventi, tale cessione assolve la funzione di trasferire sul distributore l’alea dell’insuccesso della commercializzazione del film e, nella ipotesi che questa sia fruttuosa, la funzione di adempimento – nell’ambito di un rapporto di finanziamento e, quindi, di mutuo -dell’obbligo di restituzione della somma anticipata dal distributore al produttore a titolo di “minimo garantito”. Pertanto, detta cessione non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 3, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (là ove configura come prestazioni di servizi le “cessioni, concessioni e simili relative a diritti d’autore” se effettuate verso corrispettivo), né dell’art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 (che disciplina il regime impositivo degli atti sottoposti a condizione
sospensiva), ma ricade sotto il disposto dell’art. 2, terzo comma, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale dispone che non sono considerate cessioni di beni quelle che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;
questa Corte, del resto, ha ritenuto che (v. ancora quanto statuito da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8142 del 06/09/1996) mentre l’atto complesso va assoggettato ad un’unica tassazione, come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, in quanto le varie disposizioni sono rette da un’unica causa e, quindi, derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, le disposizioni che danno vita ad un collegamento negoziale, in quanto rette da cause distinte, sono soggette ciascuna ad autonoma tassazione, in quanto la pluralità RAGIONE_SOCIALE cause dei singoli negozi, ancorché funzionalmente collegate dalla causa complessiva dell’operazione, essendo autonomamente identificabili, portano ad escludere che le disposizioni rette da cause diverse possano ritenersi derivanti, per loro intrinseca natura, le une dalle altre;
il terzo motivo di ricorso incidentale denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la sentenza impugnata mancato di statuire in ordine all’applicazione o meno alla fattispecie per cui è causa RAGIONE_SOCIALE ius superveniens relativo alla modifica dell’art.6 c. 6 del d. Lgs. n. 471 del 1997 ad opera dell’art. 1 c. 935 della L. n. 205 del 2017 in ordine alla erronea applicazione dell’iva da parte del cedente o prestatore che fa salvo il diritto di detrazione rendendo unicamente applicabile la sanzione amministrativa compresa tra € 250 ed € 10.000;
tale motivo, alla luce della censura che contiene, va trattato unitamente al ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria;
– il quarto motivo di ricorso incidentale si incentra sulla nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per non avere la sentenza di appello tenuto in conto gli elementi per i quali le somme corrisposte ai produttori a titolo di minimo garantito non erano in alcun modo soggette a vincoli di restituzione, se non nel caso in cui gli incassi derivanti dalla distribuzione dei films fossero risultati inferiori ai predetti minimi;
– il motivo è inammissibile in quanto mira a rivalutare le prove e il merito del giudizio e, ancor più, a contestare la valutazione del materiale probatorio operato dal giudice di merito, il quale avrebbe attribuito ruolo decisivo alla restituzione in fase successiva dell’importo versato come c.d. ‘minimo garantito’;
– come è noto, (v. da ultimo Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023) nel giudizio di Legittimità il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di Legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v. anche, tra le altre, Cass.1 marzo 2022 n.6774, id. n. 1229 del 2019 secondo cui, ancora, «in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione
del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione»);
il quinto motivo di ricorso incidentale denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 c. 6 Cost., dell’art. 132 c. 2 n. 4 c.p.c. dell’art.36 del d. Lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR fornito una motivazione meramente apparente della propria decisione senza illustrare la ratio sottesa al rigetto RAGIONE_SOCIALE eccezioni sollevate dalla RAGIONE_SOCIALE contribuente in appello;
il motivo è inammissibile, risolvendosi in una contestazione della sufficienza e adeguatezza della motivazione;
la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d. L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, infatti,deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque
rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.’ (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090), ipotesi non rilevabili nella fattispecie in esame;
-passando all’esame del l’unico motivo del ricorso principale, l’RAGIONE_SOCIALE si duole della violazione degli artt. 10 c. 3 della L. n. 212 del 2000 e 6 c. 2 del d. Lgs. n. 472 del 1992 per avere il giudice dell’appello erroneamente rigettato l’impugnazione incidentale dell’Ufficio ritenendo non dovute le sanzioni alla luce della sussistenza dell’obiettivo e condizioni di incertezza in ordine all’ambito di applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di riferimento, anche in forza del fatto che la stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in fase di registrazione dei contratti aveva applicato l’imposta fissa di registro;
come accennato, la censura in esame può esaminarsi unitamente al terzo motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE contribuente stante il contenuto RAGIONE_SOCIALE doglianze proposte;
il motivo dedotto dall’RAGIONE_SOCIALE è fondato, restando assorbito il terzo motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE;
va osservato, in generale, richiamando Cass. n. 9531 del 2021, che secondo questa Corte, la “incertezza normativa oggettiva tributaria” è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dal d. Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Peraltro, il fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di “fatti
indice”, quali ad esempio: 1) la difficoltà d’individuazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.” (Cass. civ., 17 maggio 2017 n. 12301; Cass. civ. 13 giugno 2018, n. 15452);
nel presente caso, tale incertezza non sussisteva alla luce dei precedenti giurisprudenziali specifici di questa Corte di Legittimità sopra citati -che per quanto risalenti risultano in termini -in sede di illustrazione RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a base del rigetto del secondo motivo del ricorso incidentale della contribuente RAGIONE_SOCIALE;
in conclusione , il motivo di ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE va accolto; il terzo motivo del ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE contribuente è conseguentemente assorbito, mentre i restanti motivi di ricorso incidentale vanno rigettati;
la sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio, anche per le spese, al giudice dell’appello in relazione al motivo accolto oltre che della doglianza rimasta assorbita;
p.q.m.
accoglie il ricorso principale; dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso incidentale; rigetta i restanti motivi di ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto; rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione per l’ulteriore esame dei profili accolti e assorbiti.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2024.