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Minimi tariffari: inderogabili per i giudici

Una contribuente, dopo aver vinto una causa tributaria, ha impugnato la decisione dei giudici di merito che le avevano liquidato spese legali inferiori ai minimi di legge. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari stabiliti per decreto ministeriale. La Suprema Corte ha sottolineato che né l’esiguità del valore della controversia né altre circostanze possono giustificare una deroga a tali soglie, cassando la sentenza e ricalcolando direttamente i compensi dovuti.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Minimi Tariffari Forensi: La Cassazione Conferma la Loro Inderogabilità

La corretta liquidazione delle spese legali è un pilastro fondamentale per garantire l’equità del processo e la giusta remunerazione della professione forense. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio cruciale: i minimi tariffari stabiliti dalla legge per i compensi degli avvocati sono inderogabili. Questo significa che i giudici non hanno la facoltà di scendere al di sotto di tali soglie, neppure adducendo motivazioni come l’esiguità del valore della causa. Analizziamo questa importante decisione.

Il Caso: Dalla Prescrizione alla Questione sulle Spese Legali

La vicenda ha origine da un ricorso di una contribuente contro un’intimazione di pagamento per crediti tributari. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, dichiarando la prescrizione del debito. Tuttavia, nella liquidazione delle spese di lite a carico dell’Agenzia delle Entrate, il giudice riconosceva un importo forfettario di soli 300 euro, ben al di sotto dei parametri di legge.

La contribuente proponeva quindi appello, non per contestare la vittoria nel merito, ma unicamente per lamentare l’inadeguatezza del compenso liquidato, in violazione dei minimi tariffari. Sorprendentemente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado respingeva l’appello, giustificando la decisione del primo giudice sulla base dell’intervenuta prescrizione, del comportamento non diligente della contribuente e dell’esiguità degli importi a ruolo. Insoddisfatta, la contribuente si rivolgeva alla Corte di Cassazione.

La Violazione dei Minimi Tariffari come Motivo del Ricorso

L’unico motivo di ricorso in Cassazione si fondava sulla violazione e falsa applicazione delle norme che regolano i compensi professionali (in particolare, l’art. 4 del D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 37/2018). Il punto centrale sostenuto dalla difesa era che la normativa, applicabile al momento della decisione di primo grado (anno 2020), aveva reso espressamente inderogabili i cosiddetti minimi tariffari. Pertanto, il giudice non avrebbe avuto alcuna discrezionalità nel liquidare un importo inferiore a quello previsto dalle tabelle ministeriali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo fondato, accogliendo pienamente la tesi della ricorrente. Gli Ermellini hanno chiarito che la decisione della Commissione Tributaria Provinciale era intervenuta dopo l’entrata in vigore del D.M. 37/2018, il quale ha sancito l’esplicita inderogabilità dei minimi tariffari. Questa regola, hanno precisato i giudici, è stata ulteriormente rafforzata dalla giurisprudenza e dalle successive modifiche normative (come il D.M. 147/2022), che hanno eliminato ogni margine di discrezionalità del giudice nel ridurre i compensi al di sotto delle soglie minime.

Di conseguenza, le giustificazioni addotte dalla Corte d’Appello (prescrizione, comportamento della parte, esiguità del valore) sono state considerate irrilevanti. La norma sull’inderogabilità dei minimi è una regola oggettiva che non ammette eccezioni basate su valutazioni soggettive del caso. Il giudice del gravame avrebbe dovuto, pertanto, accogliere l’appello e procedere a una nuova e corretta quantificazione delle spese.

Le Conclusioni: Decisione nel Merito e Principio di Diritto

In virtù del principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 della Costituzione, la Corte di Cassazione ha deciso di non rinviare la causa a un altro giudice. Avendo a disposizione tutti gli elementi necessari, ha cassato la sentenza impugnata e ha deciso direttamente nel merito. La Suprema Corte ha quindi proceduto a liquidare essa stessa le spese legali per il primo e il secondo grado di giudizio, attenendosi ai minimi previsti dalle tabelle forensi in base al valore della controversia. Inoltre, ha condannato l’Agenzia delle Entrate – Riscossione al pagamento delle spese anche per il giudizio di legittimità.

Questa ordinanza riafferma con chiarezza un principio fondamentale a tutela della dignità della professione forense: i compensi professionali hanno una soglia minima che non può essere violata dalla discrezionalità giudiziale.

Un giudice può liquidare le spese legali in misura inferiore ai minimi tariffari previsti dalla legge?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, a seguito delle modifiche introdotte dal DM 37/2018, i minimi tariffari sono espressamente inderogabili e il giudice non ha la discrezionalità di ridurli.

L’esiguità del valore della causa o il comportamento della parte possono giustificare una deroga ai minimi tariffari?
No. Secondo la sentenza, queste circostanze non sono sufficienti a giustificare la liquidazione di compensi al di sotto dei minimi, poiché la norma che li stabilisce come inderogabili non ammette eccezioni basate su tali valutazioni.

Cosa succede se un giudice liquida le spese in violazione dei minimi tariffari?
La sua decisione può essere impugnata. Come avvenuto in questo caso, la Corte di Cassazione può cassare la sentenza e, decidendo nel merito per ragioni di economia processuale, può liquidare direttamente l’importo corretto delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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