Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21203 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21306/2023 proposti da:
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Avv. NOME COGNOME nato a Milano il 21 luglio 1934 (C.F.: CODICE_FISCALE, residente in Milano alla INDIRIZZO e Dott.ssa NOME COGNOME, nata a Milano l’ 11 dicembre 1934 (C.F.: CODICE_FISCALE, entrambi elettivamente domiciliati in Marino, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende giusta procura speciale alle liti in calce al controricorso (fax: NUMERO_TELEFONO; pec:
Avvisi liquidazione imposta registro -Mandato di gestione di tipo germanico -Risoluzione contratto
professionale COGNOMEEMAIL);
-controricorrenti –
-avverso la sentenza n. 1208/15/2023 emessa dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in data 03/04/2023 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con distinti atti di appello, poi riuniti per connessione avendo ad oggetto il medesimo avviso di liquidazione, NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME impugnavano le sentenze emesse dalla CTP di Milano che avevano respinto il ricorso introduttivo e confermato gli avvisi di liquidazione emessi dall’Agenz ia Entrate di Milano con i quali era stata liquidata l’imposta di registro nella misura proporzionale del 3% sulla sentenza n. 7122/2017 pronunciata dal Tribunale di Milano che, dopo aver accertato la caducazione di un mandato di gestione fiduciaria e della dichiarazione di successione, aveva disposto la condanna alla restituzione di una somma di denaro al fine di ripristinare la situazione patrimoniale qua ante actum.
L’Ufficio aveva provveduto alla liquidazione della maggiore imposta qualificando il provvedimento giurisdizionale come condanna al pagamento di somme, anziché, come invocato dagli appellanti, come provvedimento di caducazione del mandato di gestione fiduciaria di tipo germanistico quale titolo dell’originario trasferimento di somme e conseguente condanna a contenuto meramente restitutorio, al fine di ripristinare la situazione patrimoniale antecedente al decesso del mandatario Avv. NOME COGNOME Cislaghi.
La CTR della Lombardia accoglieva gli appelli, evidenziando che, nel caso in esame, si trattava di un mandato fiduciario di ‘tipo germanico’ nel quale, diversamente dal mandato fiduciario di origine ‘romanistica’, si verifica una separazione tra titolarità formale del diritto e legittimazione al suo esercizio, con il mantenimento della titolarità in capo al fiduciante ed il conferimento
al fiduciario della sola legittimazione ad esercitare il diritto; il fiduciante, dunque, era rimasto titolare del patrimonio senza alcun effetto traslativo in capo al fiduciario, con la conseguenza che la morte del fiduciario aveva fatto venire meno lo scopo della fiducia con risoluzione retroattiva del mandato fiduciario.
Posto, dunque, che la ragione della disposta condanna di carattere restitutorio era la dichiarata caducazione del mandato fiduciario, non poteva che conseguirne l’applicazione dell’art. 8, comma 1, lettera e) della Tariffa Parte I del dPR n. 131/1986, con conseguente liquidazione dell’imposta di registro in misura fissa di euro 200,00.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un solo motivo. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria.
Considerato che
Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 8, lett. b) ed e) Tariffa, Parte I d.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, ritenuto sussistenti, nel caso di specie, i presupposti per l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, anziché in misura proporzionale, nonostante la natura restitutoria -condannatoria della pronuncia resa dal Tribunale di Milano.
1.1. Il motivo è infondato.
In base all’art. 8, comma 1, della Tariffa Parte I allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, gli atti dell ‘ autorità giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, sono soggetti all’aliquota proporzionale del 3% se <> (lett. b) e all’imposta di registro in misura fissa se <> (lett. e).
In particolare, la distinzione tra le due fattispecie è ben delineata da Cass.,
Sez. 5, Sentenza n. 4537 del 25/02/2009, secondo cui, mentre la lettera b) assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell ‘ autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza), la lettera e) del medesimo articolo, norma speciale e di stretta interpretazione, determina l ‘ imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l ‘ annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore).
In particolare, l’applicazione dell’aliquota proporzionale si giustifica allorquando la sentenza determini l ‘ effetto giuridico del recupero di un bene che, in precedenza, era assente, atteso che in siffatta evenienza la pronuncia è, almeno per tale capo, di condanna, così realizzando un trasferimento di ricchezza (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24954 del 06/11/2013).
In quest’ottica, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 16814 del 07/07/2017 ha affermato che la sentenza di accoglimento della revocatoria fallimentare di un pagamento eseguito dal fallito è soggetta all ‘ aliquota proporzionale di cui all ‘ art. 8, comma 1, lett. b), parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, tenuto conto che non opera alcuna caducazione dell ‘ atto impugnato, il quale resta infatti in vita, anche se privo di efficacia nei confronti del fallimento e della procedura esecutiva, e che le conseguenti restituzioni non comportano il ripristino della situazione anteriore, ma un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, consentendo il recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza sottratti.
Nel caso di specie, non è contestato che si sia in presenza di un mandato fiduciario di ‘tipo germanico’ (avendo la mandante affidato al mandatario la gestione di una somma di denaro derivata dalla vendita di un immobile di sua proprietà) nel quale, diversamente dal mandato fiduciario di origine ‘romanistica’, si verifica una separazione tra titolarità formale del diritto e legittimazione al suo esercizio, con il mantenimento della titolarità in capo
al fiduciante ed il conferimento al fiduciario della sola legittimazione ad esercitare ( recte , a gestire) il diritto. Il fiduciante, dunque, rimane titolare del patrimonio senza alcun effetto traslativo in capo al fiduciario e, conseguentemente, la morte del fiduciario fa venire meno lo scopo della fiducia con risoluzione retroattiva del mandato fiduciario.
Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la natura del mandato fiduciario di tipo ‘germanistico’ nel momento in cui ha dedotto come la dichiarazione di successione integrativa degli eredi del mandatario fosse stata effettuata esclusivamente in funzione della esclusione dell’importo di € 7,44 milioni dall’asse ereditario del de cuius .
Ne deriva, come logico corollario, che, nel momento in cui il mandato si estingue, ai sensi dell’art. 1722, n. 4), c.c., per morte del mandatario, sorge l ‘obbligo a carico degli eredi di quest’ultimo di rimettere al mandante tutto quello che ha ricevuto a causa del mandato (art. 1713, primo comma, c.c.), sorgendo tale obbligo non solo a seguito della conclusione dell ‘ attività gestoria, ma anche quando si accerti l ‘ impossibilità di eseguirla o quando vi sia stata la revoca del mandato, poiché in entrambi questi ultimi casi il mandatario non ha più titolo per trattenere quanto gli è stato somministrato dal mandante (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10739 del 11/08/2000).
Nella fattispecie in esame, la declaratoria di risoluzione ( recte , di estinzione) del mandato ha comportato la caducazione del titolo del precedente ‘trasferimento’ e la conseguente condanna ha avuto un contenuto ed una funzione meramente restitutori, mirando a ripristinare la situazione patrimoniale precedente.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, dPR 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 -Ordinanza nr. 1778
del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 10.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 10.4.2025.