Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7928 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7928 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, per procura in atti, dall’ Avv. NOME COGNOME che ha indicato indirizzo p.e.c.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n.3423/7/2017 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 17 agosto 2017; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME alla pubblica
udienza del 19 marzo 2025;
AccertamentoIRPEF-art.5 TUIR
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso ; udita per il ricorrente l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME
udita per la controricorrente l’Avv. NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nella controversia originata dall’impugnazione da parte di NOME COGNOME di avviso di accertamento, relativo a IRPEF dell’anno di imposta 2006, conseguente all’avviso di accertamento emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, della quale il contribuente era socio, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, riformava la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente e rideterminava i maggiori ricavi in euro 137.838,00 con imposte e sanzioni conseguenziali, compensando le spese.
Il Giudice di appello accertava che l’Amministrazione finanziaria non era decaduta dal potere accertativo onde l’avviso di accertamento era pienamente legittimo e valido. Rilevato, altresì, che l’avviso di accertamento emesso a carico della Società in nome collettivo per la stessa annualità di imposta, non era stato opposto ed era, pertanto, divenuto definitivo, riteneva che il reddito di partecipazione di NOME COGNOME imputato a quest’ultimo dall’Ufficio per trasparenza ex art.5 del d.P.R. n.917/1986 è connotato dalla medesima definitività da cui ha tratto origine.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, su due motivi, NOME COGNOME ai sensi dell’art.327, secondo comma, cod.proc.civ., avendo rassegnato l’inesistenza della notificazione dell’atto di appello con conseguente mancata conoscenza del procedimento e della sentenza.
L a controversia veniva trattata all’adunanza camerale del 12 maggio 2022 dalla Sesta sezione di questa Corte la quale, con ordinanza n. 10599 del 5 agosto 2022, rilevato che il ricorso era stato notificato all ‘Agenzia delle entrate presso l’Avvocatura dello Stato , dalla quale la prima non era rappresentata nel giudizio di appello, disponeva la rinnovazione del ricorso alla parte intimata.
Adempiuto all’incombente da parte del ricorrente, l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Indi per la trattazione del ricorso è stata fissata la pubblica udienza in prossimità della quale il P.M., nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va valutata l’ammissibilità del ricorso , proposto il 7.7.2020 avverso sentenza della C.T.R. depositata il 17 agosto 2017, ai sensi dell’art. 327, comma 2, c.p.c.
Il ricorrente, infatti, deduce di non avere avuto conoscenza del processo di secondo grado per l’inesistenza della notificazione dell’atto di appello, mai ricevuto.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Cass. Sez. 5, n. 2817 del 05/02/2009; id . n. 1308 del 19/01/2018) in tema di processo tributario, per stabilire se sia ammissibile l’impugnazione tardivamente proposta, sul presupposto che la parte rimasta contumace non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione dell’atto introduttivo, occorre distinguere due ipotesi: se la notifica è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume iuris tantum , ed è onere dell’altra parte dimostrare che lo stesso ha avuto comunque contezza del processo; se invece la notificazione è nulla, si presume la conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell’impugnante, e
dovrà essere quest’ultimo a fornire, anche mediante presunzioni, la prova di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di conoscenza anteriore o l’avvenuta conoscenza solo in una certa data>>.
Nel caso in esame, il contribuente ha dedotto di non avere mai ricevuto l’atto di appello proposto dall’Agenzia delle entrate, la cui notificazione sarebbe stata effettuata a mezzo posta, e di avere avuto contezza della sentenza impugnata solo a seguito di notifica di avviso di pagamento.
Dal canto suo, l’Agenzia delle entrate, nel controricorso nulla ha dedotto in ordine all’asserita mancata notificazione dell’atto di appello e, in particolare, in ordine alla lamentata assenza dell’avviso di ricevimento della relativa raccomandata, controbattendo ai motivi di ricorso (attinenti alla mancata notificazione dell’atto di appello) con argomentazioni relative alla valida notificazione dell’avviso di accertamento impugnato.
Ciò appare sufficiente a ritenere realizzata, a causa dell’omessa notificazione dell’atto di appello, la presunzione in capo al ricorrente della mancata conoscenza del procedimento di secondo grado e, quindi, a ritenere ammissibile la presente impugnazione tardiva.
Tali circostanze, peraltro, trovano conferma dalla consultazione degli atti del fascicolo di ufficio del grado di merito dal quale risulta che all’ atto di appello, proposto e depositato dall’Agenzia delle entrate , risulta allegata solo la distinta di spedizione a mezzo posta di raccomandata indirizzata ai difensori, in primo grado, dei contribuenti, con timbro datario del 23.10.2015. Risulta, altresì, solo una nota recante l’ esito della spedizione tramessa da Poste Italiane all’Agenzia delle entrate con richiesta, a cura di quest’ultima , del duplicato di detta cartolina nonché un ulteriore sollecito ma non si rinviene in atti né la cartolina con avviso di accertamento né il chiesto duplicato.
2.Vengono proposti due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo, articolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ. si deduce la violazione e falsa applicazione di legge laddove la C.T.R., pur nell’assenza di parte contribuente e della produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata, spedita a mezzo posta, cont enente l’atto di appello, non lo aveva dichiarato inammissibile, causa l’inesistenza della notificazione.
2.2. Con il secondo -rubricato: violazione dell’art.101 c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. e violazione dell’art.3 e 24, comma 2 della Costituzioneil ricorrente lamenta l’omesso controllo della regolarità del contraddittorio laddove la C.T.R., a fronte della mancata produzione della ricevuta di ritorno della raccomandata e dell’assenza della parte avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del gravame per inesistenza della notifica.
2.3 Il primo motivo, ricondotto nell’alveo del n.4, primo comma, dell’art.360 cod. proc. civ. è fondato con assorbimento del secondo.
Come già esposto non risulta agli atti del fascicolo d’ufficio di secondo grado la ricevuta di ritorno della raccomandata con la quale è stato spedito dall’Agenzia delle entrate l’atto di appello.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte ( cfr., ex multis , Cass. n. 10322 del 12/04/2019) nel processo tributario è inammissibile l’appello proposto con un atto notificato direttamente a mezzo del servizio postale, ove, nel termine previsto dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, non venga depositato il relativo avviso di ricevimento, sicché la sentenza di appello che, non rilevando tale radicale vizio processuale, abbia deciso la controversia nel merito, deve essere cassata senza rinvio, in quanto il processo non avrebbe potuto essere proseguito in grado di appello.
In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, senza rinvio, per l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia dell’entrate.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La Corte
P.Q.M.
accoglie il ricorso e cassa, senza rinvio, la sentenza impugnata; c ondanna l’Agenzia delle entrate alla refusione , in favore del ricorrente, delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in complessivi euro 5.600, oltre euro 200 per esborsi, rimborso spese forfetarie nella misura del 15 per cento, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso, in Roma, il 19 marzo 2025.