Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3958 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3958 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NONNO NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
Oggetto : Tributi – IVA –
Mancata esibizione dei documenti
in sede amministrativa –
Produzione – Condizioni.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9017/2015 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME , COGNOME NOME , COGNOME NOME e COGNOME NOME , già soci di RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese il 15 febbraio 2010, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 3253/45/14, depositata il 2 aprile 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 settembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 3253/45/14 del 02/04/2014, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR), in sede di rinvio conseguente a Cass. n. 16967 del 05/10/2012, accoglieva l’appello proposto da NOME, NOME, NOME e NOME, soci della cessata RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 720/05/02 della Commissione tributaria provinciale di Caserta (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 1996.
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso a seguito del disconoscimento di un credito IVA in ragione dell’impossibilità, per l’Ufficio, di eseguire la verifica presso i locali dell’impresa, risultati chiusi.
1.2. La CTR accoglieva l’appello proposto dai soci di RAGIONE_SOCIALE evidenziando che: a) non vi era stato alcun rifiuto da parte degli organi societari alle richieste degli ispettori, né alcuna volontà della società contribuente di impedire l’accertamento, ma soltanto il fatto contingente e occasionale della chiusura, al momento dell’accesso, degli uffici di RAGIONE_SOCIALE; b) quest’ultima non aveva alcun interesse ad evitare i controlli, tanto da avere depositato in giudizio tutta la documentazione contabile necessaria a dimostrare l’esistenza del credito IVA ed era sicuramente operativa; c) l’accertamento IVA concerneva la medesima situazione di fatto già esaminata dalla CTR a fini IRPEG ed ILOR, che aveva comportato la declaratoria di spettanza dei costi sostenuti dalla società e l’annullamento del relativo avviso di accertamento.
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
I soci COGNOME resistevano in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso AE deduce violazione dell’art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto legittimo il comportamento della società contribuente, sebbene la sede legale sia stata chiusa per diversi giorni e il legale rappresentante non avrebbe ottemperato all’invito a comparire inoltrato dall’Amministrazione finanziaria ai fini dell’accertamento del credito.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di accertamento tributario, occorre distinguere l’ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria richieda al contribuente documenti mediante questionario, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 in materia di imposte dirette, ovvero dell’art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, da quella avanzata nel corso di attività di accesso, ispezione o verifica ex art. 33 d.P.R. n. 600 cit., quanto all’imposizione reddituale ed ex art. 52 del d.P.R. n. 633 cit., quanto all’IVA, poiché – ferma restando la necessità, in ogni ipotesi, che l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale indicazione di quanto richiesto, accompagnata dall’espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza nel primo caso, il mancato invio nei termini concessi della suindicata documentazione equivale a rifiuto, con conseguente inutilizzabilità della stessa in sede amministrativa e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari, all’atto della sua produzione con il ricorso, che l’inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile, della cui prova è, comunque, onerato; nel secondo caso, invece, la mancata esibizione di quanto richiesto ne preclude la valutazione a favore del contribuente solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione,
incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull’amministrazione finanziaria » (Cass. 16757 del 14/06/2021).
1.2.1. In particolare, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione finanziaria, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (cfr. Cass. n. 27069 del 27/12/2016; Cass. n. 10670 del 04/05/2018).
1.3. Nel caso di specie, è pacifico che un accesso presso la sede legale non vi sia mai stato né risulta, dall’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, che l’Amministrazione finanziaria abbia formulato uno specifico invito al legale rappresentante della società contribuente di esibire alcuni documenti, con l’indicazione, altresì, RAGIONE_SOCIALE conseguenze pregiudizievoli derivanti dal mancato adempimento.
1.4. Inoltre, la CTR ha debitamente accertato (e la circostanza non può essere messa in discussione da AE con la proposizione di una censura di violazione di legge) che il comportamento tenuto dal legale rappresentante della società contribuente non sia interpretabile come volontà di sottrarsi all’ispezione.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di circa euro 30.000,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 4.100,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ad euro 200,00 per spese borsuali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 27 settembre 2023.