Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8015 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8015 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALEin qualità di successore a seguito di fusione per incorporazione, per atto depositato nel fascicolo in data 18 gennaio 2024 di RAGIONE_SOCIALE) sedente in Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME presso quest’ultimo domiciliato in Roma, INDIRIZZO
– ricorrenti principali –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, n. 770/2020 depositata il 22 dicembre 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Telecom e le proprie società controllate presentavano le previste istanze (telematiche) di rimborso della maggiore IRES a partire dall’anno d’imposta 2004, oltre ad un’istanza (cartacea) di rimborso
NOME
integrale (dunque oltre i limiti stabiliti dai dd.ll. nn. 185/2008 e 201/2011) dell’IRAP non dedotta dall’imponibile IRES a partire dal 2003, sempre per sé e per le controllate del consolidato fiscale. L’ufficio respingeva l’ultima domanda e avvertiva che le altre erano soggette a istruttoria. Telecom impugnava i provvedimenti e nell’agosto 2014 cedeva i crediti a Mediocredito, che chiamava in giudizio. Quest’ultimo, il 3.12.2014, notificava a sua volta istanze di rimborso dei suddetti crediti (ad esclusione di quello per l’importo integrale, non oggetto di cessione). Ritenuto il formarsi del silenzio rifiuto sulle proprie istanze, Mediocredito lo impugnava con ricorsi depositati il 23.3.2015. La CTP di Milano dichiarava l’inammissibilità di questi ultimi, ritenendo che ‘la sede di verifica delle istanze di rimborso sono i ricorsi proposti da Telecom’. La CTR Lombardia (sent. n. 3263/19) adìta sempre da Mediocredito, accoglieva invece il gravame ritenendo che la titolarità dei crediti facesse esclusivamente capo al cessionario, e nel merito riteneva la fondatezza dei crediti pretesi.
La sentenza suddetta veniva impugnata davanti a questa Corte (adita dall’Agenzia) e rubricata col n. rg 14454/20. La stessa veniva definita con sentenza di cassazione con rinvio.
Frattanto dei crediti vantati si era occupato, nella pendenza della lite, il Centro operativo di Venezia, il quale alfine liquidava le somme in favore della cessionaria (ma altri crediti -a quanto si comprende -sono stati oggetto di ulteriori provvedimenti del centro operativo, ed avrebbero formato oggetto di separato contenzioso), ma decurtandole in particolare per un credito dell’amministrazione per € 1.511.830,81 verso Mediocredito, oltre che per differenze nel calcolo del credito vantato dalla contribuente (o meglio a suo tempo dalla cedente Telecom).
Il provvedimento di liquidazione veniva impugnato da Mediocredito (poi incorporata in Intesa San Paolo) per il diniego parziale ad esso conseguente, concludendo in particolare nei termini seguenti: a)
annullarsi il rifiuto espresso di pagare integralmente il credito di rimborso vantato, sia per differenze di capitale sia per compensazione con asseriti crediti; b) in linea con il silenzio rifiuto impugnato davanti al giudice tributario milanese, accertare il diritto al rimborso oggetto delle istanze telematiche.
La CTP di Venezia accoglieva il ricorso nelle parti sub a), ma ometteva ogni pronuncia sub b).
Mediocredito proponeva allora appello per la segnalata omissione (chiedendo la declaratoria di litispendenza rispetto alle stesse), mentre l’Agenzia proponeva appello incidentale in relazione al disconoscimento del proprio credito (e aderendo nel resto all’istanza di litispendenza) e la CTR con la sentenza qui impugnata, rilevato il ‘giudicato’ discendente dalla pronuncia resa dalla CTR Lombardia n. 3263/19, dichiarava la litispendenza e ordinava la cancellazione della causa dal ruolo.
La contribuente propone così ricorso in cassazione affidato a due motivi; l’Agenzia resiste con controricorso in cui ha spiegato ricorso incidentale affidato a un motivo. La contribuente ha depositato dapprima controricorso in replica al ricorso incidentale, e quindi da ultimo memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
1.Risulta pregiudiziale l’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale, che attinge la correttezza della pronuncia di litispendenza, almeno in parte presupposta dal ricorso principale.
Con tale motivo l’Agenzia sostiene che erroneamente la CTR abbia pronunciato sul presupposto di un giudicato in realtà insussistente, dal momento che nei confronti della pronuncia n. 3263/19 della CTR lombarda pendeva giudizio davanti a questa Corte. D’altronde però la stessa Agenzia osserva che presupposto della litispendenza è appunto costituito dalla pendenza del giudizio.
1.1Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. La difesa dell’Agenzia mette in evidenza l’errore effettivo compiuto dalla CTR
nel dare atto del giudicato relativo alla causa decisa dal giudice tributario lombardo, ma poi appunto dà atto che proprio la pendenza di quel giudizio è presupposto di correttezza della pronuncia di litispendenza, sui cui presupposti (identità della causa) non muove obiezione.
Deve in proposito darsi atto che il presupposto è tuttora presente visto che, come ricordato, il giudizio in cassazione avverso la sentenza CTR Lombardia n. 3263/19 risulta definito con sentenza di cassazione con rinvio.
Tanto consente quindi l’esame dei motivi del ricorso principale.
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo e terzo comma, cod. proc. civ.
Ritiene la contribuente la correttezza della pronuncia laddove dichiara la litispendenza con riguardo alle domande ‘integrative’, attesa l’identità fra le stesse e l’oggetto della causa già pendente davanti alla CTR lombarda (poi definitiva con la sent. n. 3263/19, già ricordata), e così pure per quanto si riferisce alle decurtazioni subite dal credito liquidato a titolo di ricalcolo del capitale e degli interessi spettanti.
Essa però ritiene che erroneamente il giudice d’appello abbia pronunciato la litispendenza anche con riguardo alla controversia attinente al credito vantato dall’Agenzia ed opposto dalla stessa in compensazione, pari ad € 1.511.830,81, già disconosciuto dalla pronuncia di primo grado. Tale credito invero era estraneo al giudizio pendente davanti alla CTR lombarda.
1.1. In effetti è pacifico che il credito di Mediocredito venne in parte compensato con la pretesa creditoria dell’Agenzia, che quest’ultima venne disconosciuta dalla CTP e che in relazione a ciò la stessa Agenzia presentò appello incidentale.
Da ciò la parte desume che i giudici d’appello, sul punto, non avrebbero potuto dichiarare la litispendenza, visto che l’accertamento delle ragioni di credito dell’Agenzia e di appello
incidentale della stessa non erano oggetto dell’altro giudizio (quello preventivo già pendente davanti alla CTR lombarda, definito in secondo grado dalla sent. n. 3263/19 e poi oggetto di cassazione con rinvio).
E’ poi vero, ad escludere l’acquiescenza, il fatto stesso che la ricorrente ha chiaramente delimitato con il ricorso in cassazione la propria adesione alla pronuncia di litispendenza, ed anzi giustifica l’impugnazione proprio perché la pronuncia d’appello non ha distinto fra quanto era effettivamente oggetto del giudizio lombardo e andava dichiarato litispendente, e quanto invece ne era estraneo e a suo parere andava deciso.
Tuttavia la controversia non poteva proseguire per il credito erariale, fatto valere dapprima con la compensazione in via amministrativa (come allega l’Agenzia, ai sensi dell’art. 28 ter, d.p.r. n. 602/1973,e a tal proposito si noti che in caso di rifiuto o silenzio rispetto alla proposta di compensazione, l’Agenzia ha titolo per agire in executivis), nella qual sede – come indicato dalla stessa Agenzia -‘l’Ufficio decurtava il rimborso di € 1.511.830,81 compensando l’importo da rimborsare con un debito d’imposta di Mediocredito iscritto a ruolo per quell’importo’, e la cui insussistenza venne accertata dalla CTP (che annullò il diniego parziale in quanto i crediti ‘risultano dai documenti depositati, tutti pagati, azzerati, sgravati e rottamati’) e dipoi con l’appello incidentale in via d’azione, nel quale si chiese espressamente la conferma della liquidazione ‘nei termini in cui esse sono state operate…’, escludendo in particolare la difesa erariale di secondo grado che vi fosse stata prova che ‘i ruoli compensati fossero stati oggetto di sgravio, pagamento, rateazione, sospensione o rottamazione’.
Invero volta che il giudizio avente ad oggetto la domanda di rimborso viene dichiarato, peraltro senza discussione fra le parti, litispendente con altro fra le stesse parti ed avente il medesimo
oggetto, il giudizio stesso non può proseguire per il solo accertamento dei presupposti della compensazione, che a parte la sua proposizione nelle già descritte forme in sede amministrativa, risulta oggetto in questa sede di eccezione.
L’amministrazione certo può opporre in compensazione un proprio controcredito di natura tributaria all’azione di rimborso spiegata dal contribuente (Cass. n.21082/2019), ma volta che l’azione di rimborso viene respinta oppure, come nella specie, il giudizio va cancellato dal ruolo per litispendenza, il medesimo non può proseguire per l’accertamento dei presupposti dell’eccezione, che esaurisce così la propria funzione nel processo.
D’altronde a diversamente concludere si finirebbe per ammettere nel processo tributario un’azione di mero accertamento (negativo in questo caso) che non è propria rispetto alla sua natura impugnatoria.
Né la posizione del contribuente risulta in qualche misura compromessa, posto che non procedendosi alla delibazione del fondamento del credito opposto in compensazione, le relative ragioni potranno essere contestate ove siano fatte concretamente valere dall’amministrazione in via autonoma o in sede di compensazione con questo o con altri crediti.
Va dunque affermato il seguente principio di diritto
‘Nel processo tributario, allorché il contribuente proponga un’azione di rimborso l’amministrazione può opporre in compensazione un proprio credito, ma volta che l’azione principale venga respinta, o altrimenti definita per ragioni indipendenti dalla compensazione, il giudizio non può proseguire per l’accertamento (negativo) del controcredito dell’amministrazione, poiché diversamente si avrebbe l’esercizio di un’azione di accertamento mero, incompatibile con la natura impugnatoria del giudizio stesso. Le relative ragioni potranno essere fatte valere in via autonoma o in compensazione in altra sede’.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., laddove la CTR ha dichiarato l’assorbimento di ogni altra questione, peraltro immotivatamente.
3.1. Il motivo risulta assorbito dall’accoglimento del precedente.
In definitiva il ricorso principale dev’essere respinto e il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. Per l’effetto le spese vanno poste a carico della ricorrente, non assumendo rilevanza causale sulle spese l’inammissibilità del ricorso incidentale come evincibile anche dalla motivazione.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese che liquida in € 13.200,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025