Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22129 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 6307/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso per cassazione (PEC: EMAIL;
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Caltanissetta n. 972/21/2015, depositata il 9.03.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Caltanissetta accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento con riferimento al recupero del
Oggetto: Tributi – Giudizio di appello – Causa inscindibile – Litisconsorzio processuale
credito di imposta di cui alla l. n. 388 del 2000, in quanto indebitamente utilizzato per gli anni 2001 e 2002;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Caltanissetta accoglieva l’appello proposto dall ‘Agenzia , dichiarando l’annullamento parziale del carico iscritto a ruolo nella cartella impugnata depurata dalla somma complessiva di € 12.144,00, per interessi e sanzioni, dichiarata non dovuta dal primo giudice, nonchè dall’ammontare del credito d’imposta spettante alla contribuente in relazione al dipendente COGNOME NOME COGNOME limitatamente al periodo in cui aveva lavorato in zona svantaggiata;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto qui rileva, che:
la pretesa fiscale indicata nella cartella esattoriale impugnata era definitiva, non essendo stata impugnata la sentenza della CTP di Caltanissetta n. 197/2/2005, che era stata emessa nel giudizio di impugnazione dell’atto di recupero del credito d’imposta e che aveva sostanzialmente confermato tale pretesa, avendo limitato l’annullamento alle sanzioni ed agli interessi (che erano stati per errore inseriti nella cartella di pagamento, ma poi erano stati oggetto di sgravio in pendenza del giudizio);
le argomentazioni di fatto e di diritto riproposte dalla società non potevano, pertanto, trovare accoglimento, né in merito alla presunta carenza di motivazione, né con riferimento all’asserito difetto di sottoscrizione della cartella di pagamento, con indicazione del responsabile del procedimento, in quanto si trattava di iscrizione a ruolo di un carico tributario per somme non contestate nella loro debenza e di eccezioni formali sulla regolarità di detta cartella ‘ consolidatamente ritenute ininfluenti per costante giurisprudenza ‘ ;
andava comunque ribadito il diritto al credito di imposta della contribuente con riferimento al dipendente COGNOME NOME COGNOME
limitatamente al periodo in cui aveva lavorato in zona svantaggiata, come era stato statuito con la sentenza n. 197/2005;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memoria;
-l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia la nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. , non avendo la CTR verificato la regolarità della notifica del ricorso in appello a Riscossione Sicilia s.p.a., alla quale l’Agenzia delle entrate non aveva notificato l’appello, sebbene l’agente delle riscossione fosse stato parte nel giudizio di primo grado e i vizi eccepiti riguardassero anche questioni formali della cartella impugnata;
con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 331 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per non avere la CTR disposto l ‘ integrazione del contraddittorio nei riguardi dell’ agente della riscossione che, avendo preso parte al giudizio di primo grado, avrebbe dovuto, nuovamente, essere chiamato in causa nella successiva fase processuale;
con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 2, del d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per essersi la CTR pronunciata in assenza di una delle parti che aveva legittimamente preso parte al giudizio di primo grado e che, in quanto tale, avrebbe dovuto nuovamente essere chiamata in causa , con conseguente nullità dell’intero giudizio di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso;
con il quarto motivo, deduce la violazione degli artt. 3, comma septies , l. 241/1990, 7 l. 212/2000 e 12, comma 4, d.P.R. 602/1973,
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , per avere la CTR ritenuto ininfluenti i vizi formali inficianti la validità della cartella di pagamento, quali l’omessa sottoscrizione e l’omessa motivazione;
-i primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione, sono fondati;
questa Corte ha anche recentemente ribadito che, in tema di processo tributario con pluralità di parti, il disposto dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, scindibili e dipendenti, delineata dalle regole processualcivilistiche, cosicché, in base agli artt. 331 e 332 c.p.c., solo nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all’appello sia venuto meno (Cass. Sez. U. n. 11676 del 2024);
con specifico riguardo ai rapporti tra Agenzia delle entrate ed agente della riscossione, è stato precisato che il litisconsorzio in appello tra l’Agenzia delle entrate e il concessionario del servizio di riscossione, nel caso di evocazione in giudizio di entrambi in primo grado, sussiste solo nel caso di cause inscindibili, per aver le censure investito, oltre al merito della pretesa tributaria, anche vizi propri della cartella, sicchè se le censure non investono vizi propri della cartella, non vi è alcuna violazione del contraddittorio nei confronti dell’ agente della riscossione ( ex multis , Cass. 31922 del 2021; n. 11165 del 2021);
questa Corte ha anche chiarito che l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata
proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario sostanziale, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 cod. proc. civ.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado. Ne consegue che, in entrambe le ipotesi, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. n. 1535 del 2010; n. 9046 del 2010; n. 26433 del 2017);
nella specie, il ricorso introduttivo ha riguardato non solo il merito della pretesa, ma anche vizi propri della cartella di pagamento impugnata, tanto che nel giudizio di primo grado erano parti sia l’ente impositore che l’agente della riscossione; l’atto di appello doveva essere, quindi, notificato anche a quest’ultimo e, in mancanza, i giudici di appello avrebbero dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio;
-all’accoglimento dei primi tre motivi segue l’assorbimento del quarto motivo; la sentenza impugnata va cassata e va dichiarata la nullità del giudizio di secondo grado, con rinvio degli atti alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio, e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 aprile 2025