Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32322 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
COMUNICAZIONE PREVENTIVA ISCRIZIONE IPOTECARIA -LITISCONSORZIO NEL PROCESSUALE TRIBUTARIO
sul ricorso iscritto al n. 2026/2016 del ruolo generale, proposto
DA
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
per la cassazione della sentenza n. 5943/33/2015 della Commissione tributaria regionale della Campania (Napoli), depositata in data 16 giugno 2015, non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria con cui Equitalia Sud S.p.A. aveva preannunciato l’apposizione del predetto vincolo reale, in ragione del mancato pagamento delle somme dovute a seguito delle notifiche di precedenti cartelle esattoriali concernenti crediti (per contributo sanitario nazionale ed Irpef relativi agli 1994/1996) vantati dall’Agenzia delle Entrate.
Con l’impugnata sentenza la Commissione regionale della Campania (Napoli) dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la pronuncia n. 133/1/2014 della Commissione tributaria provinciale di Caserta, in quanto non proposto anche contro Equitalia RAGIONE_SOCIALE che era stata parte del giudizio di primo grado e che aveva emesso la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria e le cartelle di pagamento oggetto di impugnazione da parte della contribuente.
2.1. Il Giudice regionale, in particolare, dopo aver ritenuto che «il merito è precluso da detto vizio insanabile per l’errore procedurale in cui è incorso l’agenzia delle entrate» (così nella sentenza impugnata), assumeva poi, « per quanto riguarda il merito» (così nella sentenza impugnata),
che il concessionario aveva prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado (che aveva annullato l’atto impugnato, ordinando la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria) per non averla appellata, segnalando che con tale pronuncia era stata ritenuta mancante la notifica di una cartella di pagamento ed annullati tutti gli atti impugnati per intervenuta prescrizione decennale dei relativi crediti.
2.2. La Commissione, quindi, dichiarava l’inammissibilità del ricorso « vista anche l’acquiescenza al richiamato decorso (ndr. del) termine decennale di prescrizione per l’esazione del tributo, vista la mancata notifica dell’appello alla concessionaria costituita in prime cure» (così nella sentenza impugnata).
Con atto rinotificato in data 8 gennaio 2016, depositato il 28 gennaio 2016, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, formulando tre motivi di censura, successivamente depositando memoria ex art. 380bis. 1. c.p.c.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso notificato il 25 gennaio 2016, concludendo per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza interlocutoria depositata il 21 novembre 2023 questa Corte disponeva il rinvio della causa a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione, posta dall’ordinanza n. 6204/2023, volta ad« accertare se l’art. 53, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, disciplini o meno un litisconsorzio necessario processuale che imponga sempre, prescindendo dal carattere scindibile o inscindibile delle cause o della loro dipendenza ai sensi degli artt. 331 e 332 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado,
ovvero se il legislatore abbia inteso rendere la materia del litisconsorzio nel processo tributario di secondo grado autonoma rispetto a quella contenuta nel codice di procedura civile, così evidenziando gli aspetti peculiari della disciplina del processo tributario di appello e tra questi le modalità di proposizione dell’appello tributario stabilite dall’art. 54 del D.Lgs. n. 546 del 1992».
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso non può essere accolto; e ciò, non senza aver prima chiarito quanto segue.
1.1. L’Agenzia delle Entrate ha depositato due ricorsi, il primo vanamente notificato in data 15 dicembre 2015 e non depositato, ed il secondo notificato in data 8 gennaio 2016, depositato il 28 gennaio 2016, dando atto che un (terzo ancora) precedente ricorso depositato il 18 novembre 2015 presso l’Ufficio UNEP del Tribunale di Napoli Nord, pur se regolarmente notificato, non era stato restituito all’istante per essere stato smarrito, come da certificazione del funzionario dirigente del citato ufficio del 4 dicembre 2015.
Il ricorso in esame (notificato l’8 gennaio 2016 e depositato il 28 gennaio 2016), non preceduto da alcuna pronuncia sui precedenti altri due ricorsi in quanto non depositati, è ammissibile alla luce di quanto, da ultimo, ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente, destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli oggetto del precedente atto di impugnazione (cfr. Cass., Sez. Un., 28
marzo 2024, n. 8486, che richiama Cass., Sez. VI-V, 28 febbraio 2018, n. 4754 e Cass., Sez. VI-III, 4 giugno 2018, n. 14214).
1.2. Va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente per la dedotta «doppia conforme» (v. pagina n. 3 del controricorso), non avendo l’Agenzia articolato motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., cui si riferisce la preclusione eccepita dalla contribuente.
Come si avrà poi modo di chiarire, il ricorso non coinvolge la Corte in inammissibili rivalutazioni di merito.
1.3. Il ricorso, inoltre, non pecca di autosufficienza in relazione all’esposizione dei fatti rilevanti per il giudizio, essendo stata narrata, in sintesi, la vicenda processuale, in termini tali da renderla comprensibile.
1.4. Il ricorso risulta, infine, ammissibile, sul versante della legittimazione ad impugnare, tenuto conto della sancita estinzione (per prescrizione), da parte dei giudici di merito, delle pretese fiscali dell’Agenza delle Entrate.
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 331 c.p.c., sostenendo la nullità della sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibile l’appello in ragione del fatto che lo stesso non era stato notificato all’agente della riscossione, che era stata parte del giudizio in primo grado, senza aver integrato il contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE tenuto conto del litisconsorzio necessario processuale sussistente per avere il concessionario partecipato al giudizio di primo grado.
3.1. La censura non può essere accolta.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in esito alla specifica rimessione della menzionata questione di diritto, hanno affermato il seguente principio: «Nel processo tributario, in tema di giudizio con pluralità di parti, l’art. 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, laddove prevede la sua proposizione nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, dipendenti e scindibili, così come delineata dalle regole processual-civilistiche, e pertanto, nei limiti del rispetto delle regole prescritte dagli artt. 331 e 332, cod. proc. civ., applicabili al processo tributario, non vi è l’obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti delle parti, pur presenti nel giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione al grado d’appello, per cause scindibili, sia venuto meno» (così, Cass. Sez. un., 30 aprile 2024, n. 11676).
3.2. È stato, in particolare, chiarito sul punto che:
la disciplina dettata in tema di pluralità di parti e pluralità di cause in sede d’impugnazione deve prioritariamente tener conto della inscindibilità e/o scindibilità delle cause, prima ancora che della categoria del litisconsorzio;
-« è la stessa preponderante giurisprudenza della Sezione a non aver mai dubitato che anche nel processo tributario debba applicarsi la distinzione tra cause inscindibilidipendenti e cause scindibili, affermando che la disposizione di cui all’art. 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui l’appello dev’essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause
scindibili. In conseguenza si è ritenuto che, ove la controversia abbia ad oggetto l’esistenza dell’obbligazione tributaria, la mancata proposizione dell’appello anche nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, convenuto in primo grado unitamente all’Amministrazione finanziaria, non comporta l’obbligo di disporre la notificazione del ricorso in suo favore, quando sia ormai decorso il termine per l’impugnazione, essendo egli estraneo al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, con la conseguente scindibilità della causa nei suoi confronti, anche nel caso in cui non sia stato eccepito o rilevato il suo difetto di legittimazione (sul principio e sulla numerosa casistica, cfr. Cass., nn. 10580 del 2007, cit.; 24083 del 2014, cit.; 25588 del 2017, cit.; 31922 del 2021 cit.; ed inoltre 3 gennaio 2014, n. 245; in epoca ancora anteriore cfr. 6 maggio 2002, n. 6450; 17 settembre 2001, n. 11667; argomentando al contrario si perviene alle medesime conclusioni in Cass., 6 novembre 2013, n. 24868; 18 settembre 2015, n. 18361; 13 luglio 2016, n. 14253; 28 febbraio 2018, n. 4597; 14 luglio 2021, n. 20038)» (così, Cass. Sez. un., 30 aprile 2024, n. 11676).
3.3. Alla luce di tali principi, va osservato che il concessionario, che ha partecipato al giudizio di primo grado, non ha impugnato la relativa sentenza, con cui il primo Giudice aveva annullato la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, dopo aver esaminato le notifiche delle prodromiche cartelle di pagamento ed implicitamente decidendo sull’inesistenza di atti interruttivi della prescrizione che è stata dichiarata (anche) per i crediti di cui alle cartelle notificate.
E di tanto il Giudice regionale ha preso atto nella parte in cui ha ritenuto che la concessionaria avesse fatto acquiescenza alla pronuncia del primo Giudice.
La mancata impugnazione, da parte del concessionario, della decisione della Commissione provinciale ha comportato che il perimetro decisorio residuato in grado appello concernesse, da quel che risulta dai contenuti del ricorso in esame, soltanto il tema del giudicato formatosi per effetto delle sentenze nn. 675/11/2001 e 676/11/2001 sui due avvisi di accertamento nn. NUMERO_DOCUMENTO e 8831001510, evidentemente seguiti da talune delle cartelle poste a base della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria.
Si tratta, all’evidenza, di profilo che (come la connessa prescrizione dei crediti) attiene alla (perdurante) esistenza del credito tributario e, quindi, al rapporto sostanziale dedotto in giudizio rispetto al quale il concessionario risulta estraneo, come chiarito dal suindicato arresto delle Sezioni Unite di questa Corte.
3.4. Erroneamente, quindi, la Commissione ha ritenuto inammissibile l’appello per non avere l’Agenzia convenuto in giudizio il concessionario, non ricorrendo l’ipotesi del litisconsorzio necessario, stante la scindibilità della sua posizione sostanziale e processuale, con conseguente operatività del meccanismo processuale contemplato dall’art. 332 c.p.c., che imponeva (semmai) di formulare l’ordine di notifica del gravame alla parte non impugnante o di sospendere il processo sino alla decorrenza del termine previsto per l’impugnabilità della sentenza di primo grado.
3.5. Tanto chiarito, va osservato che il contenuto decisionale della sentenza impugnata, per quanto basato sull’impreciso lessico sopra riportato (« vista anche l’acquiescenza al richiamato decorso il termine decennale di prescrizione per l’esazione del tributo, vista la mancata notifica dell’appello alla concessionaria costituita in prime cure»), si
fonda su due concorrenti ragioni di (ritenuta) inammissibilità dell’appello, individuate, da un lato, nella predetta acquiescenza (anche) da parte dell’agente della riscossione alla decisione del primo giudice sulla prescrizione del credito e, per altro verso, nella mancata notifica dell’appello proposto dall’ente impositore alla concessionaria costituita in prime cure.
3.6. In tale contesto, l’ erronea dichiarazione di inammissibilità dell’appello è da considerarsi superabile nella sede che occupa, avendo la Commissione regionale, nella ritenuta acquiescenza della concessionaria alla sentenza di primo grado, finito, nella sostanza, con il rispettare il congegno processuale previsto dall’art. 332, secondo comma, c.p.c., tenuto conto che la sentenza è stata depositata in data 16 giugno 2015 e, dunque, ben oltre il termine lungo di sei mesi decorrente dalla sentenza di primo grado n. 133/1/2014, depositata il 13 gennaio 2014, con conseguente consumazione del diritto della concessionaria di impugnare la sentenza di primo grado.
3.7. Per tali ragioni, dunque, l’erronea valutazione del Giudice regionale circa l’inammissibilità dell’appello non ha inciso sul rispetto del diritto al contraddittorio e dell’unità del giudizio di impugnazione, presidiato dalle regole sul litisconsorzio, essendo stata la mancata impugnazione della sentenza di primo grado e quindi la mancata partecipazione al giudizio di appello riconducibile ad una libera scelta del concessionario.
Con la seconda censura l’Agenzia delle Entrate ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c., 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, assumendo, da un lato, che
si era formato il giudicato interno sull’accertamento compiuto dal Giudice di primo grado e non oggetto di appello incidentale da parte della contribuente circa l’avvenuta notifica delle tre cartelle di pagamento ivi indicate (n. 028200000070595145 notificata in data 2 marzo 2001, n. 02820020026287176 notificata il 25 ottobre 2002, n. NUMERO_DOCUMENTO notificata il 5 dicembre 2002), per sostenere, su altro versante, che la Commissione regionale avesse erroneamente rilevato la prescrizione dei relativi crediti, essendo stato il ricorso proposto contro la comunicazione preventiva di ipoteca, in termini, quindi, inammissibili, non essendo questa un atto impugnabile ai sensi dell’art. 19 d.lgs. citato.
4.1. Detta doglianza risulta del tutto infondata.
Ricapitolando, l’Agenzia sostiene che sarebbe intervenuto il giudicato interno sull’accertamento fattuale compiuto dal primo Giudice sulle notifiche delle tre cartelle indicate in ricorso, non essendo stato questo profilo oggetto di appello da parte della contribuente ed essendo stato, peraltro, tale accertamento ribadito dalla Commissione regionale.
L’Ufficio ha, quindi, dedotto che erroneamente è stata rilevata l’intervenuta prescrizione dei crediti, invece di dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione per violazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, assumendo che « il ricorso avverso il preavviso di iscrizione ipotecaria (atto non impugnabile) in tanto è ammissibile in quanto rivolto ad ottenere la certificazione dell’omessa notifica degli atti impugnabili che sono le cartelle; poiché nel caso di specie era stata riconosciuta con statuizione definitiva la regolare notifica delle predette cartelle, con riferimento a queste ultime il ricorso introduttivo risulta inammissibile (così nel ricorso).
4.2. Per giurisprudenza di questa Corte, il preavviso di iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77, comma 2 -bis , d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 è atto autonomamente impugnabile, sebbene non compreso nell’elenco di cui all’art. 19, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (cfr. Cass., Sez. T., 2 settembre 2024, n. 23528; Cass., Sez. VI/V, 2 novembre 2017, n. 26129).
4.3. Non par poi dubbio che l’impugnazione contro la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria possa essere proposta, al fine di impedire l’apposizione del predetto vincolo reale, anche in ragione della dedotta illegittimità del titolo presupposto, tra cui certamente rientra l’insussistenza del credito da garantire, siccome estinto per effetto dell’eccepita prescrizione maturata dopo le notifiche delle cartelle.
4.4. Nessun giudicato interno favorevole all’Ufficio era, poi, derivato dalla sentenza di primo grado, avendo la Commissione provinciale, dopo aver dato atto delle notifiche delle tre cartelle di pagamento indicate in ricorso, espressamente affermato che « ad ogni buon fine risulta comunque decorso il termine decennale di prescrizione per l’esazione del tributo» (così nella sentenza di primo grado), il che vale a rendere non pertinente il dedotto giudicato sull’accertamento fattuale in ordine alle notifiche delle tre cartelle, in quanto ciò non ha impedito al Giudice di rilevare la prescrizione maturata dopo le predette notifiche.
Con la terza doglianza l’Agenzia ha rimproverato al Giudice regionale, con riferimento al parametro censorio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, contestando la sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibile l’appello ed aver poi statuito anche nel merito.
5.1. Anche tale censura non può ricevere seguito.
Come anticipato, la Commissione ha considerato, pur nei limiti di una tecnica espositiva non puntuale, concorrenti le menzionate due ragioni decisorie, reputando che «trattasi per quanto riguarda il merito di un’acquiescenza anche della concessionaria alla pronuncia che non ha appellato la sentenza » (così nella sentenza impugnata) del primo Giudice, il quale aveva accolto il ricorso, ritenendo, per tutti i crediti, decorso il termine prescrizionale, come riferito dalla stessa Agenzia nel ricorso.
5.2. In tali termini, il Giudice regionale ha considerato anche l’acquiescenza da parte della concessionaria in ordine alla valutazione del primo Giudice circa la prescrizione dei crediti posti a base dell’atto impugnazione, la quale si è posta quale ragione decisoria di carattere processuale e non di merito e che ha costituito la seconda, autonoma, ratio su cui si è fondata la sentenza impugnata.
Le spese del presente grado giudizio vanno compensate tra le parti, tenuto conto del sopravvenuto intervento delle Sezioni Unite di questa Corte sulla questione trattata con il primo motivo di impugnazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 ottobre