Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21626 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21626 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ha pronunciato la seguente
ha pronunciato la seguente ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 430/2017 proposto da:
COGNOME NOME, in qualità di socio della società «RAGIONE_SOCIALE», rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio del AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, giusta procura rilasciata in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO, sezione staccata di Latina, n. 3125/40/2016, depositata in data 19 maggio 2016, non notificata;
udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 23 aprile 2024, dal Consigliere NOME COGNOME; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. AVV_NOTAIO
COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
L ‘RAGIONE_SOCIALE di Latina, con avviso di accertamento emesso a seguito di P.V.C. del 27 ottobre 2009, aveva recuperato il costo documentato dalla fattura n. 5 del 31 dicembre 2004, avente un imponibile di euro 13.000,00, oltre Iva detratta pari ad euro 2.600,00, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE e relativa ad una attività di RAGIONE_SOCIALE, presumendo l’inesistenza soggettiva ed oggettiva della prestazione.
La Commissione tributaria provinciale di Latina aveva accolto il ricorso proposto da COGNOME, ritenendo che l’UfNOME non avesse fornito adeguate prove a sostegno della ricostruzione accertativa operata e non avesse prodotto neppure il P.V.C. ed osservando che dai rilievi della Guardia di Finanza si evidenziava che il costo del personale doveva imputarsi alla società e non alla cooperativa, ma che nulla rilevava in merito all’inesistenza della prestazione di RAGIONE_SOCIALE effettuata, la quale, pertanto, non poteva essere ritenuta inesistente.
La Commissione tributaria regionale, adita dall’RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’appello dell’UfNOME, sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-) il P.V.C., diversamente da come ritenuto dai giudici di primo grado, era stato riprodotto nell’atto accertativo con riferimento ai suoi
contenuti essenziali ed era stato anche allegato alla memoria di costituzione in giudizio dell’UfNOME, come risultava dall’elenco degli allegati, in calce alla stessa;
-) era pure errata l’affermazione dei primi giudici sull’esistenza della prestazione di RAGIONE_SOCIALE, in quanto l’UfNOME aveva dedotto l’inesistenza dell’attività di intermediazione del lavoro svolto dalla società cooperativa e non l’inesistenza della pre stazione di mano d’opera;
-) l’UfNOME, sulla base degli indizi gravi, precisi e concordanti, raccolti nel corso RAGIONE_SOCIALE verifiche effettuate e come risultavano dal P.V.C., aveva ritenuto, condivisibilmente, la sussistenza di una interposizione fittizia del soggetto cooperativa, nello svolgimento del rapporto di «somministrazione lavoro», posto che vi era assoluta promiscuità tra i lavoratori della cooperativa e quelli della società e che la società cooperativa (che non aveva assolto ad alcun obbligo relativo al versamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, in particolare dell’Iva) aveva l’unico scopo di svolgere la funzione di soggetto interposto, al fine di emettere fatture in favore di terzi i quali traevano il duplice vantaggio fiscale di sostenere un costo documentato dalle fatture e di accumulare credito iva in realtà inesistente, tuttavia suscettibile di utilizzazione in compensazione o a rimborso e a ciò doveva aggiungersi il vantaggio, per la società accertata in oggetto, di far convergere gli obblighi contributivi della mano d’opera impegnata, su altro soggetto;
-) in tali casi, la società che intratteneva rapporti commerciali con la «cartiera» assumeva il rischio di un eventuale comportamento fraudolento di questa, con la conseguente impossibilità di portare in detrazione le somme versate a titolo di Iva, poiché rappresentate da documenti contabili illegittimi e con la conseguente indeducibilità del costo del lavoro, poiché costo non determinato secondo le regole del T.U.I.R., in particolare nel caso di specie ove il costo era costituito da una «somministrazione di personale».
COGNOME NOME, nella qualità di socio della società «RAGIONE_SOCIALE», ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 132, secondo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata non aveva assolto l’obbligo della « concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione », così come non c’era alcun richiamo alle fondamentali « richieste RAGIONE_SOCIALE parti ». Nello specifico, sia in primo, che in secondo grado la società ricorrente aveva contestato all’UfNOME finanziario di avere posto in essere un accertamento « valevole erga omnes », nel senso che quell’accertamento non poteva riferirsi specificamente alla società RAGIONE_SOCIALE, ma genericamente a tutte le aziende che in quegli anni avevano avuto rapporti di lavoro con la RAGIONE_SOCIALE. La parte ricorrente aveva richiesto all’UfNOME parte ricorre nte si determinava, nei giudizi di merito, a richiedere all’UfNOME di fornire le generalità dei dipendenti anonimi, ma tale richiesta era stata disattesa dall’UfNOME e il Giudice di appello, contrariamente alla sentenza di primo grado, non ne aveva fatto alcuna menzione nel testo della sentenza.
Il secondo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., e specificamente la « mancata produzione di atti e/o documenti da parte dell’UfNOME aventi ad oggetto il licenziamento da parte della SRAGIONE_SOCIALE e la successiva riassunzione di operai da parte della RAGIONE_SOCIALE, quale operazione ritenuta rilevante dai Giudici (che da essa hanno fatto dipendere “il
vantaggio, per la società accertata in oggetto, di far convergere gli obblighi contributivi della mano d’opera, su altro soggetto…”), nonostante l’RAGIONE_SOCIALE non avesse affatto prodotto in giudizio (benché ripetutamente intimata a farlo) nemmeno un contratto di lavoro riguardante operai tanto della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quanto della RAGIONE_SOCIALE ». I giudici di secondo grado non avevano considerato che anche se le attrezzature erano poche, in ogni caso esistevano ed erano state utilizzate dagli operai della cooperativa. Non era stata, poi, verificata l’affermazione dell’UfNOME, secondo cui la societ à ricorrente aveva licenziato alcuni suoi operai (i cui nomi non erano stati mai forniti) per farli diventare soci della cooperativa per poi riprenderli al lavoro quali dipendenti di questa.
3. Il terzo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., costituito «dalla effettiva prestazione di lavoro di RAGIONE_SOCIALE per il solo anno 2004 puntualmente fatturata e contabilizzata dalla contribuente; dalla mancata creazione di una cooperativa ad hoc da parte della RAGIONE_SOCIALE (atteso che la RAGIONE_SOCIALE era una RAGIONE_SOCIALE preesistente ed operante da anni in quel settore, peraltro dotata di specifica autorizzazione ottenuta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE); nonché, dal mancato «vantaggio» economico per la società derivato dall’utilizzo di altri lavoratori in aggiunta ai propri dipendenti interni», in quanto la società ricorrente la ricorrente, per supplire al picco stagionale registratosi nel 2004 nella lavorazione dei prodotti ortofrutticoli, si era servita della RAGIONE_SOCIALE solo per qualche settimana, sostenendo un costo di appena 13.000 euro, a fronte di un costo annuale sostenuto per le retribuzioni ai propri lavoratori assunti a tempo indeterminato, di 311.593,00 euro, come risultava dai bilanci prodotti nei giudizi di merito, con la conseguenza che non poteva esserci alcuna convenienza economica a creare una apposita cooperativa al fine di trasferire su di
essa i costi gravanti su compensi (tra l’altro effettivamente corrisposti come riconosce l’UfNOME) di soli euro 13.000 e corrispondenti ad appena lo 0,04% dei -salari corrisposti dalla ricorrente al proprio personale interno.
Il quarto motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. I giudici di secondo grado, in particolare, non avevano considerato che la committente, e quindi il socio di questa, non poteva rispondere RAGIONE_SOCIALE omissioni fiscali della cooperativa per tre motivi: a) perché la cooperativa non era una “cartiera” ma un soggetto vero ed operante, che fatturava operazioni vere e non false (come avevano affermato sia l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che il giudice d’appello); b) perché la cooperativa era una RAGIONE_SOCIALE (come aveva affermato la stessa RAGIONE_SOCIALE) riconosciuta ufficialmente tale dalla stessa RAGIONE_SOCIALE dopo apposita istruttoria, per cui la committente si era rivolta ad essa con fiducia anche in virtù del riconoscimento erariale; c) perché trattandosi di rapporto di breve durata e per importi marginali rispetto ai costi sostenuti dalla società partecipata per proprio personale dipendente interno, la medesima, qualora avesse davvero mai dovuto vigilare, non aveva mai saputo, né avrebbe potuto sapere, né avrebbe avuto i mezzi per sapere che la cooperativa era inadempiente nell’assolvimento dei propri obblighi fiscali, né l’UfNOME aveva mai provato il contrario.
Il quinto motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14, comma 4 bis, della legge n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, del decreto legge n. 16 del 2012; degli artt. 19 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972; dell ‘art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Nel caso in esame non era stata mai messa in discussione né la reale effettuazione dell’operazione, né la sua inerenza all’attività esercitata dalla committente, né l’Uf NOME aveva fornito il riscontro documentale di
quegli indizi (gravi, precisi e concordanti), circa l’inesistenza soggettiva, richiesti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.
In via preliminare, osserva il Collegio che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi RAGIONE_SOCIALE società di persone e RAGIONE_SOCIALE associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dei soci RAGIONE_SOCIALE stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte RAGIONE_SOCIALE stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546 DEL 1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufNOME (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603).
6.1 Secondo questa Corte, inoltre, nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed
alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e RAGIONE_SOCIALE difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a «causa petendi» dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale RAGIONE_SOCIALE decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e RAGIONE_SOCIALE libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio (Cass., 18 febbraio 2010, n. 3830; Cass., 29 gennaio 2014, n. 2014; Cass., 13 dicembre 2017, n. 29843; Cass., 15 febbraio 2018, n. 3789; Cass., 22 giugno 2022, n. 25709; Cass., 20 luglio 2022, n. 22699).
6.2 Ciò posto, nel caso in esame, in esito alla verifica eseguita dalla Cancelleria, è emerso che risultano pendenti e in attesa di assegnazione il ricorso n. 424/2017 R.G. a carico della società e il ricorso n. 432/2017 R.G. a carico del socio COGNOME NOME.
6.3 Va, pertanto, disposto il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione congiunta dei ricorsi della società e dei singoli soci.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo. Così deciso in Roma, in data 23 aprile 2024.