Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21555 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21555 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 24610/2021 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso , dall’Avv. NOME COGNOME (EMAIL.
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della EMILIA ROMAGNA n. 296/2021, depositata in data 26 febbraio 2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della RAGIONE_SOCIALE (quale socio accomandante della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Donatella) avente ad oggetto cinque avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013, con i quali era stato accertato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un maggior valore della produzione netta ai fini Irap e un maggior reddito d’im presa da imputarsi pro quota ai singoli soci ex art. 5 TUIR ai fini Irpef.
I giudici di secondo grado, in particolare, esaminando il motivo di appello con il quale era stato dedotto che l’Associazione comunque rispondeva per responsabilità solidale con la società in accomandita semplice e che, solo nella fase riscossiva sarebbe stata, poi, individuata l’entità della responsabilità nei limiti della quota conferita ai sensi dell’art. 2313 c.c., lo hanno rigettato (ritenendo superfluo l’esame delle ulteriori doglianze ed eccezioni, per questo assorbite) affermando che: -) in capo alle società in accomandita semplice la pretesa impositiva doveva essere rivolta solamente alla società e al socio accomandatario, in quanto, anche nell’ambito dell’obbligazione tributaria, il socio accomandante rispondeva solamente per la quota conferita ex art. 2740, comma primo, c.c., quale porzione di capitale sociale, sicché poteva essere destinatario solamente di uno specifico atto limitato
all’entità della medesima e, nel caso in esame, non risultava individuata la quota conferita e l’Ufficio aveva proceduto illegittimamente in violazione dell’art. 2313 c.c.;
-) era ovvio e pacifico che nella formazione dell’obbligazione tributaria il quantum preteso doveva emergere dall’atto di natura accertativa o di irrogazione della sanzione e non nella fase riscossiva, deputata, alla mera esecuzione del pagamento del tributo e che poteva contenere solamente le ulteriori spese connesse alla riscossione e gli interessi di legge.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi, cui resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione de ll’art. 40, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, dell’art. 2313 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c..La sentenza impugnata era errata , in quanto l’Ufficio aveva correttamente notificato alla società di persone e ai soci della stessa l’avviso di accertamento intestato alla società e ciò nella prospettiva di consentire al medesimo la possibilità di contestare la determinazione del maggiore reddito di impresa e la correlata rettifica del reddito da parteci pazione. L’avviso di accertamento, dunque, doveva essere notificato a tutti i soci, obbligati per i debiti sociali e, in ogni caso, il socio accomandante risultava destinatario della notifica degli avvisi di accertamento con i quali veniva accertato un maggior reddito da imputarsi poi ai soci ex art. 5 TUIR con distinti atti di accertamento.
Il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. , in quanto la CTR non si era pronunciata sulla domanda con la quale era stato chiesto di dichiarare l’illegittimità dell’emissione degli atti nei
confronti del socio COGNOME essendosi gli accertamenti stessi resisi ormai definitivi per mancata impugnazione nel merito della società RAGIONE_SOCIALE Né vi era stato un rigetto implicito sulla stessa perché la sentenza si era focalizzata sulla posizione del socio accomandate e non aveva alcuna connessione con il merito degli accertamenti posti in essere nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
Preliminarmente rileva il Collegio che, nel caso in esame, sussiste la violazione del principio del contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio di primo grado, d’appello e di legittimità del socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME (alla quale gli avvisi di accertamento impugnati in questa sede erano stati notificati anche nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE negli anni in contestazione, cfr. pag. 3 del ricorso per cassazione).
3.1 Ed invero, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del
contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (salva la possibilità di riunione) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603 e, più di recente, Cass., 23 settembre 2019, n. 23585; Cass., 11 giugno 2020, n. 11230; Cass., 30 novembre 2022, n. 35187; Cass., 29 novembre 2023, n. 33319).
3.2 Con specifico riferimento all’IRAP (oggetto di accertamento nel presente giudizio) questa Corte ha affermato che, trattandosi di imposta assimilabile all’Ilor- in forza dei suo carattere reale, della sua non deducibilità dalle imposte sui redditi e della sua proporzionalità (cfr. art. 17, comma 1, e art. 44 del decreto legislativo n. 446 del 1997ed essendo essa imputata per trasparenza ai soci, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, al pari delle imposte sui redditi, il litisconsorzio necessario del soci sussiste anche nel giudizio di accertamento della relativa imposta dovuta dalla società (Cass., Sez. U., 20 giugno 2012, n. 10145; Cass., Sez. U., 29 maggio 2017, n. 13452; Cass., 24 luglio 2018, n. 19599).
3.3 Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 546 del 1992), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 546 del 1992, in modo da assicurare un processo unitario
per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3678 e, di recente, Cass., 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., 23 ottobre 2020, n. 23315; Cass., 22 febbraio 2021, n. 4665).
3.4 Anche di recente questa Corte ha precisato che « La mancanza di trattazione unitaria e l’impossibilità di verificare una completa identità delle questioni trattate comporta la violazione del litisconsorzio necessario, con conseguente rimessione della causa al primo giudice, non potendo la causa essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto dei litisconsorti (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815) » (cfr. Cass., 6 agosto 2024, n. 22199 Cass., 24 febbraio 2022, n. 6073, in motivazione).
3.5 Da quanto detto consegue che tutti i soci devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamene ad alcuno soltanto di essi, essendo del tutto irrilevante che uno dei soci non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti o, addirittura, che nessun atto impositivo sia stato emesso nei confronti di uno di essi (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32412, in motivazione).
3.6 Ciò posto, nel caso in esame, sussiste la violazione del principio del contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio di primo grado, d’appello e di legittimità del socio accomandatario COGNOME NOMECOGNOME
3.7 Conclusivamente, quindi, rilevata la violazione del litisconsorzio necessario, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice di primo grado (Corte di giustizia tributaria di primo grado di Forlì), ex art. 383, terzo comma, cod. proc. civ., che provvederà il giudizio di
merito a contraddittorio integro e a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara la nullità del giudizio e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Forlì, in altra composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 11 giugno 2025.