Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18995 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18995 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11/2018 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE CASERTA, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA COGNOME (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 4520/2017 depositata il 12/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME era attinto da avviso di accertamento sull’anno di imposta 1997 in conseguenza di reddito da partecipazione nella soc. RAGIONE_SOCIALE, a sua volta accertata per operazioni soggettivamente inesistenti.
Il giudice di prossimità non apprezzava le ragioni della parte contribuente, donde spiccava appello che trovava accoglimento dal collegio di secondo grado, la cui sentenza era cassata con rinvio da questa Corte, in ragione della motivazione carente.
Riassunto il giudizio, il collegio del rinvio rigettava le ragioni della parte privata, che ricorre qui per cassazione, affidandosi a tre motivi di impugnazione, mentre il patrono erariale si è riservato di spiegare difese in udienza.
In prossimità dell’adunanza, il Pubblico Ministero in persona del sost. Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 383 del medesimo codice di rito civile. Nella sostanza, si prospetta violazione del principio di diritto emesso nel giudizio rescindente, laddove la sentenza in scrutinio, in luogo di rieditare il giudizio di secondo grado sotto i profili della motivazione, ha concluso per l’inammissibilità dell’appello in ragione della mancata specificità dei motivi di gravame.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 111 c.p.c., nonché per violazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 546/1992, in ragione
della violazione del litisconsorzio necessario fra società e soci. Nello specifico si evidenzia che il giudizio siasi svolto nei confronti del solo socio COGNOME NOME, con esclusione della società e dell’altro socio.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. in parametro all’art. 111 Cost., nonché all’art. 132 del medesimo codice di rito civile, contestando omessa motivazione della sentenza. Nello specifico, si lamenta che la sentenza in scrutinio non si confronti con le specifiche censure d’appello che vengono riprodotte del corpo del ricorso per cassazione ai fine dell’esaustività e completezza del motivo di doglianza.
Il primo motivo è inammissibile, poiché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza in scrutinio. A fronte di un motivo di ricorso per cassazione che lamenta essersi pronunciata inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, la sentenza qui in esame ha rigettato il gravame, argomentando diffusamente nel merito delle censure che, quindi, non sono stati ritenuti generici, ma specifici ed in grado di essere scrutinati, come di fatto è successo.
Donde il motivo è inammissibile.
3. Il secondo motivo, relativo all’integrità del litisconsorzio che si riflette sulla regolarità del contraddittorio, astrattamente apprezzabile, non è fondato nel caso di specie, trattandosi di ulteriore ricorso a seguito di cassazione con rinvio.
Ed infatti, al proposito, la Corte rammenta che, fin dalla sentenza delle Sezioni Unite n.14815 del 4 giugno 2008, è stato statuito come “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio,
proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (conforme, tra le molte, Cass. 20 aprile 2016 n.7789). Tale principio è stato affinato ritenendo non necessario il rinvio al primo giudice, disponendo le riunione per economia processuale e rispetto della ragionevole durata del processo quando: a) vi sia identità di causa petendi dei ricorsi; b) simultanea proposizione degli stessi avverso sostanziale avviso unitario di accertamento da cui scaturiscono le rettifiche reddituali per società e soci; c) simultanea trattazione degli afferenti processi in entrambi i gradi di merito; d) identità sostanziale delle decisioni ivi adottate (cfr. Cass. V, n. 3830/2010, Cass. V, n. 3789/2018).
Tuttavia, nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un’esigenza originaria di litisconsorzio
(art. 102 cod. proc. civ.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che, nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione (cfr. Cass. III, n. 5061/2007; Cass. VI-3, n. 21096/2017; Cass. III, n. 28333/2024).
Ne consegue che il secondo motivo non può essere accolto e il contraddittorio rimane cristallizzato a quello del giudizio di rinvio.
Neppure il terzo motivo può essere apprezzato.
4.1. Ed infatti, come già rilevato esaminando il primo motivo, il giudice di merito con la sentenza qui in scrutinio, non ha dichiarato l’appello inammissibile per genericità dei motivi, ma ha diffusamente motivato con un bilanciamento ponderato delle diverse evenienze probatorie, argomentando il giudizio di prevalenza cui è pervenuto. Segnatamente, a pag. 3, quarto capoverso della sentenza in scrutinio, il giudicante si è diffuso sulla prova liberatoria non resa dal contribuente, poiché la ditta cedente non aveva struttura operativa, né il contribuente accertato ha dato prova della sua ignoranza incolpevole di tale circostanza. Nella successiva pag.4, capoversi 2, 3 e 4, il collegio si diffonde sui doveri di accertamento dell’identità di colui con cui si contratta, valutando l’inattendibilità degli argomenti proposti dal contribuente in rapporto ai fatti di comune esperienza, cui non ha saputo contrapporre argomenti (p.5, primo e terzo capoverso, sentenza impugnata).
4.2. Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Donde anche il terzo motivo non può essere accolto.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato . Non vi è luogo a pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva sostanziale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 08/05/2025.